Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17975 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17975 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a REGGIO CALABRIA il 05/08/1970
avverso la sentenza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Reggio Calabria in data 10 dicembre 2024, di conferma della sentenza emessa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria in data 6 aprile 2021, con la quale è stato ritenuto responsabile del reato di cui all’art 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115;
rilevato che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione della legge penale sostanziale e vizio della motivazione, con riferimento all’affermazione di responsabilità, è inammissibile, in quanto mera riproposizione di un profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso dalla Corte di merito con percorso argomentativo logico e coerente con i dati di fatti riportati, con cui il ricorrente omett ogni confronto; la Corte territoriale, infatti, ha indicato sia gli elementi concreti da desumere la prova del dolo (entità dello scarto tra reddito dichiarato e reddito effettivo), sia le ragioni per le quali il ricorrente avrebbe dovuto indicare anche reddito dei componenti della sua famiglia anagrafica, del tutto pretermessi, e tali da consentire il superamento della soglia rilevante per l’ammissione (pp. 5 e 6 sentenza ricorsa);
considerato che il ricorrente non può nemmeno invocare una ipotesi di errore ai sensi dell’art. 47 cod. pen. (p. 4 ricorso), essendo stato ripetutamente affermato da questa Corte di legittimità che l’errore in ordine alla nozione di reddito valevole ai fin dell’applicazione della disciplina del patrocinio a spese dello Stato è errore inescusabile poiché l’art. 76 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che disciplina la materia, è espressamente richiamato dalla norma incriminatrice e, dunque, non costituisce una legge extrapenale (Sez. 6, n. 25941 del 31/03/2015, COGNOME, Rv. 263808 – 01; Sez. 4, n. 1305 del 25/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261774 – 01; Sez. 4, n. 37590 del 07/07/2010, Barba, Rv. 248404 – 01);
rilevato che il ricorrente, con riferimento alla natura del delitto contestato, non sembra confrontarsi con il risalente insegnamento di questa Corte, nella sua più autorevole composizione (Sez. U, n. 6591 del 27/11/2008, dep. 2009, COGNOME, in motivazione, par. 2.3);
rilevato, quanto al terzo motivo di ricorso, con cui si deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., che secondo il costante orientamento di
questa Corte di legittimità, nel motivare il diniego non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o
rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti deci o comunque rilevanti (nella specie, la gravità del mendacio); infatti, la valutazione
sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuata tenendo conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da
esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo, ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quel
ritenuti rilevanti (cfr. Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590; Sez. 7, ord. n. 9727 del 17/12/2024, dep. 2025, COGNOME, non mass.; Sez. 7, ord. n. 10481
del 19/01/2022, Deplano, Rv. 283044 – 01; Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME,
Rv. 274647 – 01);
considerato che, in ogni caso, trattandosi di esercizio della discrezionalità
attribuita al giudice del merito, la valutazione sulla particolare tenuità dell’offesa no può costituire oggetto di ricorso per cassazione laddove la relativa determinazione,
sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico (Sez. 7, COGNOME, cit.);
ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 2 aprile 2025
Il Presidente