Falsa Dichiarazione Patrocinio: La Cassazione Conferma la Condanna
Recentemente, la Corte di Cassazione ha affrontato un caso di falsa dichiarazione patrocinio a spese dello Stato, un argomento di grande rilevanza che tocca i principi di correttezza e legalità nell’accesso alla giustizia. Con l’ordinanza in esame, i giudici hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la sua condanna e ribadendo importanti principi procedurali. Analizziamo i dettagli di questa decisione per comprenderne la portata e le implicazioni.
I Fatti del Caso
Il procedimento ha origine dalla condanna di un individuo, inflitta prima dal Tribunale di Novara e poi confermata dalla Corte di Appello di Torino. L’imputato era stato giudicato colpevole di aver falsamente dichiarato, al fine di ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di non aver riportato condanne per reati specifici in materia di evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto. La pena stabilita era di cinque mesi e dieci giorni di reclusione, oltre a una multa di duecento euro.
In sostanza, l’imputato, per accedere al beneficio dell’assistenza legale gratuita, aveva omesso di menzionare precedenti penali rilevanti, violando così gli obblighi di veridicità imposti dalla legge.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su due principali motivi:
1. Carenza di motivazione: Si lamentava una manifesta e illogica carenza nella motivazione della sentenza d’appello riguardo alla sua responsabilità penale.
2. Mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto: Si contestava la mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, che prevede la non punibilità per fatti di lieve entità.
Con questi argomenti, la difesa mirava a ottenere l’annullamento della condanna o, in subordine, il riconoscimento di una causa di non punibilità.
La Decisione della Corte: una falsa dichiarazione patrocinio non può essere ignorata
La Corte di Cassazione ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso inammissibili, respingendo completamente le argomentazioni della difesa. La decisione si fonda su precise ragioni giuridiche e procedurali che meritano un’attenta analisi.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
Per quanto riguarda il primo motivo, relativo alla carenza di motivazione, la Corte ha osservato che le censure sollevate erano una semplice riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti dalla Corte di Appello. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la Corte territoriale aveva adeguatamente motivato la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato (il dolo). Tale consapevolezza era evidente dalle concrete modalità della condotta, considerando che l’imputato era stato condannato in passato più volte per reati fiscali, come operazioni inesistenti e dichiarazioni infedeli. Questo background rendeva inverosimile una semplice dimenticanza.
In relazione al secondo motivo, concernente la particolare tenuità del fatto, la Cassazione ha applicato un principio procedurale fondamentale: una questione non può essere sollevata per la prima volta in sede di legittimità se non è stata dedotta nei precedenti gradi di giudizio. Poiché la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. non era stata avanzata in appello, la sua proposizione in Cassazione è stata giudicata inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa decisione ribadisce due concetti chiave: primo, la presentazione di una falsa dichiarazione patrocinio è un reato che viene sanzionato severamente, soprattutto quando l’intento fraudolento è desumibile dal comportamento complessivo dell’imputato. Secondo, il processo ha regole precise e non è possibile introdurre nuove questioni difensive in Cassazione, il cui compito è limitato al controllo della corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità) e non a una nuova valutazione dei fatti (giudizio di merito).
Per quale reato è stato condannato l’imputato?
L’imputato è stato condannato per aver falsamente dichiarato, al fine di ottenere il patrocinio a spese dello Stato, di non avere precedenti condanne per reati in materia di evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, come previsto dagli artt. 79 e 95 del d.P.R. n. 115/2002.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché il primo motivo era una mera riproposizione di censure già respinte dalla Corte d’Appello, mentre il secondo motivo, relativo alla particolare tenuità del fatto, introduceva una questione nuova, non sollevata nel precedente grado di giudizio.
È possibile chiedere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto per la prima volta in Cassazione?
No, sulla base di questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito che la questione relativa alla sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) è inammissibile se non è stata dedotta in precedenza, ovvero nei gradi di merito come l’appello.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 45506 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 45506 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 21/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a BIELLA il 26/10/1951
avverso la sentenza del 16/05/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Novara del 21 ottobre 2020, con cui COGNOME NOME, in sede di rito abbreviato, era stato condannato alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed euro duecento di multa, in ordine al reato di cui agli artt. 79 e 95 d.P.R. n. 115/2002, per aver falsamente dichiarato, al fine di ottenere l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, di non essere stato condannato per i reati ex art. 6 comma 4-bis d.P.R. n. 115/2002 in materia di evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
L’imputato, a mezzo del proprio difensore, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo i seguenti motivi: con il primo motivo, la manifesta ed illogica carenza di motivazione in punto di responsabilità penale; con il secondo motivo, denuncia il mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto ai sensi dell’art. 131 bis cod.pen.
Tutti i motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Quanto, al primo, va rilevato che lo stesso riproduce, senza formulare specifica critica, il medesimo profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso correttamente dalla Corte di appello, che ha evidenziato, alla pagina 2 e 3 della sentenza impugnata, come anche l’elemento soggettivo del reato fosse reso evidente dall’esame delle concrete modalità della condotta, posto che l’imputato era stato più volte condannato per operazioni inesistenti nonché per omesse e infedeli dichiarazioni annuali di imposte.
Anche il profilo relativo alla sussistenza della causa di non punibilità della lieve entità del fatto di reato, di cui all’art. 131-bis cod. pen., è inammissibile in quanto relativo a questione non dedotta in precedenza.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 novembre 2024 La Consigliera est. GLYPH La · es .dente