Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35533 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TOLENTINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Procuratore generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza resa il 29/03/2022 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Macerata, ha revocato il beneficio della sospensione, condizionale della pena e confermato la dichiarazione di colpevolezzadolini NOME in ordine al delitto di cui all’art. 95, comma 1, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, perché, nella dichiarazione sostitutiva di certificazione contenuta nell’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, depositata presso la cancelleria del Tribunale di Macerata nel proc. pen. 5581/18 RGNR, dichiarava il falso; attestava, in particolare, di trovarsi nelle condizioni di reddito previste per l’ammissione all’anzidetto patrocinio in relazione all’anno d’imposta 2018, indicando la somma di euro 2.044,91 quale reddito imponibile ai fini dell’imposta personale sul reddito, dichiarazione non veritiera poiché, per il medesimo anno, veniva accertato un reddito complessivo del nucleo familiare pari ad euro 33.359,59, superiore alla soglia prevista di euro 11.528,41.
Avverso la sentenza di appello ricorre l’imputato / a mezzo del difensore /che solleva due motivi.
2.1. Con il primo motivo, deduce inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 95, comma 1, d.P.R. 115/229, nonché mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione, sostenendo che l’errore sarebbe stato compiuto dal legale che aveva redatto l’atto, il quale peraltro sarebbe privo di data, trattandosi di un semplice modello prestampato. L’imputato si sarebbe limitato ad indicare il proprio reddito per il 2018, trascurando quelli relativi al nucleo familiare;
2.2. Con il secondo motivo, deduce inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 164 cod. pen., per avere la Corte di appello revocato la concessa (dal primo Giudice) sospensione condizionale della pena, subordinata all’espletamento di giorni 100 di lavori di pubblica utilità, senza richiesta della Procura generale. La sommatoria delle pene irrogate al prevenuto sarebbe peraltro inferiore alla soglia stabilita dall’art. 163 cod. pen.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
In data 09/05/2024, è pervenuta memora di replica alle anzidette conclusioni del Procuratore generale, a firma del difensore, AVV_NOTAIO.
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato e generico, atteso che il ricorrente si è . 0(limitato a riprodurre le stesse questioni già devolute in appello e da quei Giudici puntualmente esaminate e disattese con motivazione del tutto coerente e adeguata, senza in alcun modo sottoporle ad autonoma e argomentata confutazione. La sentenza impugnata appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto, e pertanto immune da vizi di legittimità. Quanto al primo motivo, occorre rammentare che l’art. 76 d.lgs. n. 115 del 2002, che disciplina la materia del patrocinio a spese dello Stato ed è espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 95 stesso d.lgs., non costituisce legge extrapenale in ordine alla quale l’errore da parte del soggetto attivo possa avere incidenza scusante. f Ciò in quanto deve essere considerato errore sulla legge penale, come tale inescusabile, sia quello che cade sulla struttura del reato, sia quello che incide su norme, nozioni e termini propri di altre branche del diritto, introdotte nella norma penale ad integrazione della fattispecie criminosa, dovendosi intendere per «legge diversa dalla legge penale» ai sensi dell’art. 47 cod. pen. quella destinata in origine a regolare rapporti giuridici di carattere non penale e non esplicitamente incorporata in una norma penale, o da questa non richiamata anche implicitamente (Sez. 4, n. 29839, del 21/10/2020 COGNOME, non mass.; Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, COGNOME, Rv. 263013 (Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, COGNOME, Rv. 263013). Sul punto, la Corte territoriale ha congruamente osservato che – anche a non voler considerare la posizione del fratello dell’imputato, entrato a far parte del nucleo familiare due mesi prima della presentazione della domanda – la relazione di convivenza tra l’imputato e la madre «esclude in modo categorico che lo stesso non fosse a conoscenza direttamente del reddito percepito dal genitore nel 2018», tenuto altresì conto del fatto, richiamato dai Giudici di merito, che essi non avevano ottenuto il richiesto riconoscimento del c.d. reddito di cittadinanza in ragione della rilevata eccedenza reddituale di entrambi: evenienza, quindi, che l’imputato non poteva non conoscere. La generica deduzione sulle asserite irregolarità dell’atto non soddisfa il principio di autosufficienza del ricorso perché non supportato dalla allegazione della documentazione di riferimento (Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, COGNOME e altri, Rv. 256723: “È inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della
motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale trascrizione o allegazione, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze”). Il secondo motivo di ricorso, anch’esso prospettato in termini assai generici, è parimenti privo di pregio, atteso che “In tema di sospensione condizionale della pena, il provvedimento che dispone, ai sensi dell’art. 168, comma terzo, cod. pen., la revoca della sospensione condizionale quando il beneficio risulti concesso in presenza delle cause ostative indicate al comma quarto dell’art. 164 cod. pen., ha natura dichiarativa, in quanto ha riguardo ad effetti di diritto sostanziale che si producono “ope legis” e possono essere rilevati in ogni momento sia dal giudice della cognizione sia, in applicazione del comma primo bis dell’art. 674 cod. proc. pen., dal giudice dell’esecuzione, e, dunque, anche dal giudice di appello in mancanza di impugnazione del pubblico ministero (Sez. 3, n. 56279 del 24/10/2017, Principalli, Rv. 272429). Nel caso di specie, la Corte di appello ha ritenuto di dover revocare d’ufficio il beneficio, a mente dell’art. 168, comma 3, cod. pen., avendone l’imputato già usufruito due volte (dando conto che, dal certificato del casellario, risultano le condanne a pene sospese riportate ai punti 1 e 3; l’ultima della Corte di appello di Ancona in data 23/05/2022, irrevocabile il 16/10/2022). Non vi è stata, pertanto, alcuna violazione del divieto di reformatio in peius.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 maggio 2024
Il Consigliere estensore
Il Preside