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Falsa dichiarazione patrocinio: quando è reato?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per falsa dichiarazione patrocinio a spese dello Stato. La sentenza stabilisce che l’omissione del reddito dei familiari non è un errore scusabile, ma un errore inescusabile sulla legge penale. Inoltre, la Corte conferma che la revoca di una sospensione condizionale della pena, concessa illegittimamente, può avvenire d’ufficio anche in appello.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione Patrocinio: Guida alla Sentenza della Cassazione

Compilare la domanda per il patrocinio a spese dello Stato richiede la massima attenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35533/2024, ha ribadito la severità della legge nei confronti di chi commette una falsa dichiarazione patrocinio, anche se per presunta negligenza. Questo caso offre spunti fondamentali sull’importanza di dichiarare tutti i redditi del nucleo familiare e sulle conseguenze penali che ne derivano.

I Fatti del Caso: Una Dichiarazione dei Redditi Incompleta

Il caso riguarda un cittadino condannato per il reato previsto dall’art. 95 del Testo Unico sulle Spese di Giustizia. Nella sua istanza per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, aveva dichiarato un reddito imponibile di poco più di 2.000 euro per l’anno di riferimento. Tuttavia, le verifiche successive hanno accertato che il reddito complessivo del suo nucleo familiare ammontava a oltre 33.000 euro, una cifra ben superiore alla soglia massima prevista dalla legge (all’epoca circa 11.500 euro).

La Corte d’Appello, pur confermando la colpevolezza, aveva revocato il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso in primo grado. L’imputato ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di aver commesso un errore in buona fede e contestando la legittimità della revoca del beneficio.

I Motivi del Ricorso e le Obiezioni dell’Imputato

L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomenti principali:

1. L’errore del legale: Sosteneva che l’errore nella compilazione fosse attribuibile al suo avvocato, il quale avrebbe utilizzato un modello prestampato. L’imputato si sarebbe limitato a indicare il proprio reddito personale, trascurando quello dei suoi familiari conviventi.
2. La revoca illegittima della sospensione condizionale: Contestava la decisione della Corte d’Appello di revocare la sospensione della pena, poiché tale revoca non era stata richiesta dal Procuratore Generale e la somma delle pene era inferiore ai limiti di legge.

La Decisione della Cassazione sulla Falsa Dichiarazione Patrocinio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, considerandolo manifestamente infondato e generico. I giudici hanno respinto entrambe le argomentazioni, fornendo chiarimenti cruciali sulla natura del reato e sui poteri del giudice d’appello.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha smontato le tesi difensive punto per punto. Innanzitutto, ha stabilito che l’errore sulla necessità di includere i redditi di tutti i componenti del nucleo familiare non è un errore di fatto scusabile, ma un errore sulla legge penale, come tale inescusabile. La normativa sul patrocinio a spese dello Stato è direttamente richiamata dalla norma incriminatrice, facendone parte integrante. I giudici hanno inoltre sottolineato che l’imputato non poteva non essere a conoscenza della situazione economica complessiva della famiglia, anche in virtù del fatto che una precedente richiesta per il ‘reddito di cittadinanza’ era stata respinta proprio per il superamento delle soglie reddituali.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Corte ha chiarito che la revoca della sospensione condizionale della pena, quando questa è stata concessa in violazione dei presupposti di legge (come in questo caso, dove l’imputato ne aveva già usufruito due volte), è un atto dovuto che avviene ope legis, ovvero per diretta applicazione della legge. Pertanto, il giudice d’appello ha il potere e il dovere di rilevarla d’ufficio, anche in assenza di un’impugnazione da parte del pubblico ministero, senza che ciò costituisca una violazione del divieto di reformatio in peius.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma principi di fondamentale importanza. Chi richiede l’accesso al patrocinio a spese dello Stato ha l’obbligo di dichiarare con la massima diligenza e correttezza la propria situazione reddituale, includendo quella di tutti i familiari conviventi. L’affidarsi a un legale per la compilazione non esonera da responsabilità, e l’ignoranza delle specifiche norme non può essere invocata come scusante. Inoltre, viene confermato il potere del giudice di correggere d’ufficio l’illegittima concessione di benefici come la sospensione condizionale, garantendo la corretta applicazione della legge in ogni fase del processo.

Dimenticare di dichiarare il reddito dei familiari per il patrocinio a spese dello Stato è un errore scusabile?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’errore sulle norme che disciplinano i requisiti di reddito per il patrocinio, inclusa la necessità di considerare il reddito del nucleo familiare, costituisce un errore sulla legge penale e, come tale, è inescusabile.

Può un giudice revocare la sospensione condizionale della pena senza una richiesta specifica del pubblico ministero?
Sì. Se la sospensione condizionale è stata concessa in violazione dei presupposti legali (ad esempio, a una persona che ne aveva già usufruito due volte), la sua revoca è un atto dovuto che avviene per effetto di legge (ope legis). Il giudice, anche in appello, può e deve rilevarlo d’ufficio.

L’errore commesso da un avvocato nella compilazione della domanda esonera il dichiarante dalla responsabilità penale?
No. La sentenza chiarisce che la responsabilità della veridicità della dichiarazione ricade su chi la sottoscrive. Affermare che l’errore è stato commesso dal legale che ha predisposto il modulo non è una difesa sufficiente a escludere la colpevolezza del dichiarante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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