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Falsa dichiarazione patrocinio: la Cassazione decide

La Cassazione conferma la condanna per falsa dichiarazione per il patrocinio a spese dello Stato. L’imputata aveva omesso redditi già dichiarati nel 730. La Corte ha ritenuto provato il dolo, escludendo l’errore in buona fede, poiché la conoscenza del reddito reale preesisteva alla richiesta del beneficio.

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Pubblicato il 18 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione Patrocinio: Dolo Anche Senza Volontà di Frodare?

La richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato è una procedura delicata che impone la massima trasparenza. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la severità della legge nei confronti di chi fornisce informazioni incomplete, chiarendo che la falsa dichiarazione per il patrocinio costituisce reato anche quando non si agisce con un palese intento fraudolento. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i confini tra errore in buona fede e responsabilità penale.

I Fatti del Caso: Una Dichiarazione Incompleta

Una cittadina presentava istanza per ottenere il patrocinio a spese dello Stato in una causa civile. Nella domanda, dichiarava un reddito per l’anno di riferimento di circa 3.400 euro, proveniente da un unico rapporto di lavoro. Sulla base di tale dichiarazione, otteneva il beneficio.

Tuttavia, da un controllo dell’Agenzia delle Entrate emergeva una realtà ben diversa. La donna, l’anno precedente alla richiesta, aveva presentato il modello 730 da cui risultava un reddito complessivo di quasi 14.000 euro, ben al di sopra della soglia massima prevista per legge per accedere al beneficio. La differenza derivava da redditi non dichiarati nell’istanza, tra cui l’indennità di disoccupazione (NASPI) e compensi per lavori temporanei percepiti da altri datori di lavoro.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Condannata sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 95 del D.P.R. 115/2002, la ricorrente si rivolgeva alla Corte di Cassazione. La sua difesa si basava su un punto cruciale: l’assenza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo. Sosteneva di aver agito in buona fede, indicando solo il reddito per cui aveva ricevuto la Certificazione Unica (CU) e di aver omesso l’importo della NASPI su consiglio del proprio avvocato, ritenendolo non rilevante. A suo dire, si sarebbe trattato di un errore scusabile, una condotta colposa e non dolosa.

La Falsa Dichiarazione Patrocinio secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la condanna. I giudici hanno fornito chiarimenti importanti sulla configurabilità del reato di falsa dichiarazione per l’ammissione al gratuito patrocinio.

La Precedente Dichiarazione dei Redditi come Prova del Dolo

Un elemento decisivo per la Corte è stato il fatto che la ricorrente avesse già correttamente dichiarato tutti i suoi redditi, inclusi quelli omessi nell’istanza, nel proprio modello 730 presentato mesi prima della richiesta di patrocinio. Questo dimostra, secondo i giudici, che la donna era perfettamente a conoscenza della sua reale situazione reddituale. Di conseguenza, l’omissione nell’istanza successiva non poteva essere considerata una semplice dimenticanza o un errore in buona fede, ma una scelta consapevole, integrando così il dolo generico richiesto dalla norma.

L’Irrilevanza dell’Errore sulla Nozione di Reddito

La difesa basata sull’aver seguito un presunto consiglio errato del legale non ha trovato accoglimento. La Corte ha specificato che l’errore sulla nozione di reddito rilevante ai fini del patrocinio non esclude il dolo. La norma incriminatrice (art. 95 D.P.R. 115/2002) richiama espressamente l’art. 76 dello stesso decreto, che definisce i limiti di reddito. Non si tratta quindi di un errore su una legge esterna al diritto penale (legge extrapenale), che in alcuni casi potrebbe essere scusabile, ma di un’ignoranza della stessa legge penale, che per principio non ammette scusanti.

le motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato basandosi su una serie di argomentazioni logiche e giuridiche stringenti. In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse doglianze già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello, senza un confronto critico con le motivazioni della sentenza impugnata. Trattandosi di una “doppia conforme”, le motivazioni delle sentenze di primo e secondo grado si fondono, creando un apparato argomentativo solido e completo.

Nel merito, il punto centrale della decisione è la prova dell’elemento soggettivo. I giudici hanno sottolineato come la presentazione del modello 730, antecedente alla richiesta di patrocinio e contenente tutti i redditi percepiti, smentisse categoricamente la tesi della buona fede. L’imputata non poteva ignorare l’esistenza di quei redditi, avendoli lei stessa dichiarati al fisco. Questa consapevolezza rende la successiva omissione una condotta volontaria e cosciente, che integra il dolo generico. La Corte ribadisce che per questo reato è sufficiente la coscienza e volontà di presentare una dichiarazione non veritiera, indipendentemente dal fine ultimo di ottenere il beneficio.

le conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: la responsabilità nella dichiarazione per l’accesso al patrocinio a spese dello Stato è personale e richiede la massima accuratezza. Non è possibile invocare la buona fede o un errore scusabile quando si omettono redditi di cui si è a conoscenza, specialmente se già dichiarati in altre sedi ufficiali come la dichiarazione dei redditi. Questa pronuncia serve da monito per tutti i cittadini: l’accesso a un beneficio statale impone un dovere di correttezza e trasparenza assoluta. Affidarsi a consigli errati o agire con leggerezza può avere conseguenze penali significative, poiché la legge presume la conoscenza della propria situazione reddituale complessiva.

Ommettere un reddito nella richiesta di patrocinio a spese dello Stato è sempre reato?
Sì, secondo la sentenza, la condotta di false dichiarazioni od omissioni, anche parziali, dei dati di fatto riportati nella dichiarazione per l’ammissione al patrocinio integra il delitto previsto dall’art. 95 d.P.R. 115/2002. È richiesta la coscienza e volontà di omettere il dato (dolo generico), non una specifica intenzione di frodare lo Stato.

Se ho già dichiarato un reddito nel mio modello 730, posso poi affermare di averlo dimenticato “in buona fede” nella domanda di patrocinio?
No. La Corte ha stabilito che aver precedentemente dichiarato un reddito nel modello 730 dimostra la piena conoscenza della propria situazione economica. Pertanto, un’omissione successiva nella domanda di patrocinio non può essere considerata un errore in buona fede, ma viene interpretata come una condotta consapevole e quindi dolosa.

Seguire il consiglio sbagliato di un legale sull’indicare o meno un reddito può escludere la mia responsabilità penale?
No, la sentenza chiarisce che l’errore sulla nozione di reddito rilevante ai fini del beneficio non esclude l’elemento soggettivo del reato. Le norme che definiscono il reddito imponibile sono direttamente richiamate dalla legge penale, quindi l’errore su di esse è considerato un errore sulla legge penale, che non è scusabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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