Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35017 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35017 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/10/2023 RAGIONE_SOCIALE CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 2.10.2023 la Corte d’appello di Trieste ha confermato la pronuncia con cui il GUP del Tribunale di Pordenone in data 30.3.2022, a seguito di giudizio abbreviato condizionato alla produzione documentale, aveva ritenuto NOME COGNOME colpevole del reato di cui all’art. 95 d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115, e ritenuta la contestata recidiva, l’ aveva condannata alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione ed euro 140,00 di multa, sostituita la pena detentiva con la libertà vigilata per il doppio RAGIONE_SOCIALE durata.
Dalle risultanze processuali emergeva che in data 12.4.2016, NOME COGNOME aveva avanzato richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in relazione al procedimento civile intentato nei confronti RAGIONE_SOCIALE madre, dichiarando un reddito per l’anno 2014 di euro 3433,93, corrispondente ai compensi erogati dalla RAGIONE_SOCIALE, ottenendo l’ammissione al beneficio, mentre dalle informazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate risultava che la COGNOME aveva presentato modello 730, in data 3 luglio 2015, dal quale emergeva un reddito per il 2014 di euro 13983, superiore alla soglia prevista dal combinato disposto degli artt. 76 e 92 d.p.r. n. 115/2002.
L’incongruenza derivava dalla percezione RAGIONE_SOCIALE NASPI (euro 6219,66) e dalla percezione di ulteriori redditi da lavori temporanei presso altri tre datori di lavoro.
Avverso detta sentenza l’imputata, a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo, con il quale deduce, ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. b), c) ed e) cod.proc.pen. ed il vizio d motivazione in ordine alla non corretta valutazione delle prove da parte del giudice di secondo grado in ordine alla responsabilità penale dell’odierna imputata, per assenza dell’elemento soggettivo del reato.
Si assume che, contrariamente a quanto statuito nella sentenza impugnata, la ricorrente ha ritenuto in buona fede che quello dichiarato fosse il reddito da dichiarare perché l’unico per il quale aveva ricevuto il CU. L’importo percepito a titolo di NASPI, inoltre, non era stato indicato su consiglio del proprio legale, per cui trattandosi di materia non chiara, era evidente la condotta colposa RAGIONE_SOCIALE parte che l’aveva fatto incorrere in un errore di fatto, escludente il dolo in tutte le su forme.
Il Procuratore generale, nella persona del Sostituto procuratore NOME, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
In primo luogo, va rilevato che le censure mosse in questa sede ripropongono le medesime doglianze dedotte nel giudizio di appello, cui la Corte territoriale ha fornito una risposta logica ed esauriente.
A riguardo, va applicato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità RAGIONE_SOCIALE motivazione (così, tra le altre, Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838).
Deve altresì considerarsi che la Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado, che ha dichiarato l’imputata responsabile del reato ascritto configurandosi quindi, nel caso che occupa, una c.d. “doppia conforme” di condanna, sicché le motivazioni RAGIONE_SOCIALE pronuncia di primo grado e di quella di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare RAGIONE_SOCIALE congruità RAGIONE_SOCIALE motivazione.
In ogni modo, a prescindere dalla decisività RAGIONE_SOCIALE superiore argomentazione, va rilevato che, comunque, debba essere ritenuta la infondatezza del motivo di ricorso, atteso che la sentenza impugnata, come anche quella del GUP del Tribunale di Pordenone, hanno messo in evidenza che i redditi omessi nella domanda di ammissione al patrocinio per i non abbienti erano stati considerati nella denuncia dei redditi presentata con modello 730, prima RAGIONE_SOCIALE presentazione dell’istanza ai fini RAGIONE_SOCIALE concessione de beneficio.
A riguardo, va ribadito che le false indicazioni o le omissioni, anche parziali, che integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 95, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, devono essere sorrette dal dolo generico, rigorosamente provato, che esclude la responsabilità per un difetto di controllo, di per sé integrante condotta colposa, e salva l’ipotesi del dolo eventuale (.Sez. 4 , n. 39975 del 05/05/2021).
Peraltro, la prospettata ignoranza sulla rilevanza dell’importo percepito dall’RAGIONE_SOCIALE a titolo di NASPI, ( che addirittura sarebbe stata alimentatl dal consiglio di un legale), non incide certo sulla configurabilità del dolo, giacché in tema di
patrocinio a spese dello Stato, l’errore sulla nozione di reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio non esclude l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, non trattandosi di errore su legge extrapenale, posto che l’art. 76 del medesimo decreto è espressamente richiamato dalla predetta norma incriminatrice ( Sez. 4. n. 418 del 25/11/2021 (dep. 2022 ) Rv. 282560 – 01).
Come evidenziato dalla Corte di merito, la reale situazione reddituale superava la soglia di ammissibilità prevista dall’art. 76 d.P.R. 115/2002; le circostanze evidenziate in motivazione rendono quindi evidente l’impossibilità di individuare errori o disattenzioni nella parziale comunicazione, riconducibili ad una condotta di natura colposa.
Infatti, integra il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 l condotta di false dichiarazioni od omissioni, anche parziali, dei dati di fatto riportat nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dall’effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio (Sez. 4 – n. 8302 del 23/11/2021 Ud. (dep. 2022) Rv. 282716 – 01.
La sentenza impugnata è quindi sostenuta da adeguato apparato argomentativo sotto il dedotto profilo RAGIONE_SOCIALE mancanza dell’elemento soggettivo del reato.
In conclusione, il ricorso va rigettato. La ricorrente va condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2024.