Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 42897 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 42897 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a GRAVINA DI PUGLIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Bari del 9 giugno 2020, con la quale COGNOME NOME era stato condanNOME alla pena di anni uno di reclusione ed euro quattrocento di multa in relazione al reato di cui all’art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002.
COGNOME, a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. e alla mancata prevalenza delle attenuanti generiche sulla recidiva e sull’aggravante contestate.
In ordine al primo motivo di ricorso, va premesso che, ai fini dell’individuazione delle condizioni necessarie per l’ammissione al patrocinio, rileva ogni componente di reddito, imponibile o non, siccome espressivo di capacità economica (Sez. 4, n. 12410 del 06/03/2019, NOME, Rv. 275359). Ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel reddito complessivo dell’istante, ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, deve essere computato anche il reddito di qualunque persona che con lui conviva e contribuisca alla vita in comune (Sez. 4, n. 44121 del 2012, Indiveri, Rv. 253643).
Quanto all’elemento soggettivo, va poi ricordato che le false indicazioni o le omissioni, anche parziali, che integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 95, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, devono essere sorrette dal dolo generico, rigorosamente provato, che esclude la responsabilità per un difetto di controllo, di per sé integrante condotta colposa, e salva l’ipotesi del dolo eventuale (Sez. 4, n. 37144 del 05/06/2019, Bonelli, Rv. 277129).
Ciò posto sui principi operanti in materia, nella specie, la Corte territoriale, con motivazione del tutto congrua e non contraddittoria, coerente coi principi affermati in sede di legittimità, ha sottolineato non solo l’elemento della rilevante differenza tra i redditi diciharati e quelli percepiti, ma ha evidenziato anche che l’imputato non poteva non essere a conoscenza della falsità dichiarata avendo lui stesso presentato la dichiarazione contenente il dato reddituale.
Il ricorrente si limita a reiterare le censure precedentemente prospettate, senza tuttavia apportare elementi concreti per disarticolare l’apparato argomentativo della sentenza impugnata, la quale opportunamente aggiunge che l’imputato non è comparso all’udienza fissata allo scopo di procedere al suo esame al fine di accertare
le sue dichiarazioni in merito alla paternità dell’istanza né ha in altro modo una spiegazione alternativa dei fatti.
Quanto al secondo motivo di ricorso, va osservato che, per la configurabili della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., i sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculi della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibi dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, 266590). A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valut previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 08/11/2018, Milone, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incrimiNOME, per valutarne la gravità, l’e del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2 Venezia, Rv. 275940).Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di me conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei l della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno.
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la rela motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico. La Corte distrettu infatti, ha reputato decisive, ai fini della valutazione del grado di offensivi condotta, la circostanza che la divergenza tra reddito reale e dichiarato non minima tanto da consentire all’imputato di conseguire il beneficio. Si trattava, in di soggetto gravato da plurimi precedenti per reati contro il patrimonio e d fraudolento, caratterizzando così il fatto in termini di abitualità. Si tratta di c indiscutibilmente significative, rientranti tra i parametri espressamente consi dall’art. 133 cod. pen. Peraltro, la motivazione sopra sinteticamente riportata r del tutto congrua ed adeguata anche a seguito delle modifiche all’istituto dell’ar bis cod. pen. apportate dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1 d.lgs. 10 ottobre 150.
L’ultimo motivo di ricorso non è consentito dalla legge in sede di legitti poiché attiene al trattamento sanzioNOMErio, che è sorretto da sufficiente e non il motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (cfr. sul giudizio bilanciamento, GLYPH Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010 Ud. (dep. 18/03/2010) Rv. 245931 GLYPH – GLYPH 01, GLYPH Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017 Ud. (dep. 26/06/2017) Rv. 270450 – 01). Nella fattispecie in questione, la Corte distrettuale, con motiva lineare e coerente, ha escluso la possibilità di formulare un giudizio di preva
delle circostanze attenuanti generiche rispetto alla recidiva e all’aggr contestate, alla luce dell’inclinazione dimostrata dall’imputato a commettere considerando i suoi precedenti dai quali è agevole desumere una sua particol pericolosità.
Nella sentenza impugnata, peraltro, è stato adeguatamente chiarito che Irrilevante il fatto che l’imputato abbia acconsentito all’acquisizione della trattandosi di una semplificazione probatoria poco rilevante, attesa la n documentale delle prove.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, c conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, no sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa del ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 17 ottobre 2024.