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Falsa dichiarazione patrocinio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per un individuo che aveva richiesto il patrocinio a spese dello Stato omettendo parte del proprio reddito e quello del padre convivente. La sentenza chiarisce che tale condotta integra il reato di falsa dichiarazione per il patrocinio, escludendo l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a causa della gravità della condotta e della sua idoneità a ingannare il giudice.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione per il Patrocinio a Spese dello Stato: Analisi di una Recente Sentenza della Cassazione

L’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale, garantito anche a chi non dispone delle risorse economiche per sostenere le spese legali. Tuttavia, l’accesso al patrocinio a spese dello Stato è subordinato a requisiti reddituali stringenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito le gravi conseguenze di una falsa dichiarazione patrocinio, sottolineando la responsabilità penale che deriva dall’omissione di redditi, anche quelli dei familiari conviventi.

I Fatti del Caso: Omissione di Redditi Propri e Familiari

Il caso esaminato riguarda un cittadino condannato per il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. Al momento della presentazione dell’istanza per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, l’imputato aveva omesso di dichiarare una parte del proprio reddito e l’intero reddito percepito dal padre convivente. La somma dei redditi non dichiarati, sommata a quella dichiarata, superava ampiamente i limiti di legge per poter accedere al beneficio.

Dopo la concessione del patrocinio, un controllo dell’Agenzia delle Entrate aveva fatto emergere la discrepanza, portando all’avvio del procedimento penale che si è concluso con una condanna sia in primo grado che in appello.

Il Percorso Giudiziario e i Motivi del Ricorso

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione lamentando tre vizi principali nella sentenza d’appello:
1. Mancanza di motivazione sull’elemento soggettivo (dolo): La difesa sosteneva che, avendo indicato il padre come familiare convivente e allegato il suo CUD, non vi fosse la volontà di commettere il reato.
2. Errata esclusione della “particolare tenuità del fatto”: Secondo il ricorrente, la Corte non avrebbe motivato adeguatamente il rigetto della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p.
3. Eccessività della pena: Si contestava la congruità della sanzione inflitta, ritenuta sproporzionata.

La Decisione della Cassazione sulla falsa dichiarazione patrocinio

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando la condanna e fornendo importanti chiarimenti su ciascuno dei punti sollevati.

L’Elemento Soggettivo del Reato

La Cassazione ha stabilito che il reato di falsa dichiarazione patrocinio è integrato dal dolo generico. Ciò significa che è sufficiente la coscienza e la volontà di presentare una dichiarazione non veritiera, omettendo dati rilevanti. L’aver omesso sia parte del proprio reddito sia quello del padre convivente è stato ritenuto prova sufficiente della volontà di dichiarare il falso. Inoltre, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’ignoranza della legge penale non scusa. L’obbligo di dichiarare i redditi di tutti i componenti del nucleo familiare è chiaramente specificato dalla normativa, e l’eventuale errore su tale punto costituisce un errore di diritto non scusabile.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Questo è uno dei passaggi più significativi della sentenza. I giudici hanno ritenuto che la condotta dell’imputato non potesse essere considerata di “particolare tenuità”. La motivazione risiede nella gravità delle modalità della condotta stessa. La doppia omissione (redditi propri e del familiare) non è stata vista come una mera dimenticanza, ma come un’azione sintomatica di “spregiudicatezza” e con un’elevata potenzialità ingannatoria nei confronti del giudice chiamato a decidere sull’ammissione al beneficio.

La Corte ha spiegato che la gravità del falso in questo contesto si misura sulla sua capacità di indurre in errore il magistrato al momento della decisione sull’istanza. Una dichiarazione palesemente falsa e incompleta ha un alto potenziale lesivo per il bene giuridico tutelato, ovvero il corretto funzionamento dell’amministrazione della giustizia e la corretta allocazione delle risorse pubbliche.

La Congruità della Pena

Infine, la Corte ha giudicato la pena inflitta come adeguata e sufficientemente motivata. I giudici di merito avevano correttamente considerato la duplicità dell’omissione e i precedenti penali dell’imputato, determinando una sanzione che, pur essendo superiore al minimo, risultava comunque inferiore alla media edittale e quindi “benevola”.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su un’interpretazione rigorosa della normativa sul patrocinio a spese dello Stato. Il bene giuridico protetto dall’art. 95 d.P.R. 115/2002 non è solo l’erario, ma primariamente la correttezza delle informazioni fornite all’autorità giudiziaria per consentirle di decidere rapidamente e correttamente. La falsità della dichiarazione è di per sé reato, indipendentemente dal fatto che il richiedente avesse o meno diritto al beneficio. La potenzialità della condotta di trarre in inganno il giudice è il parametro per valutarne la gravità. Una condotta che presenta plurimi profili di falsità, come nel caso di specie, dimostra un’intensità del dolo e una gravità dell’offesa tali da escludere la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza invia un messaggio chiaro: la massima trasparenza è richiesta nella compilazione delle istanze per il patrocinio a spese dello Stato. Omettere redditi, propri o dei familiari conviventi, non è una leggerezza, ma un reato con conseguenze penali concrete. La decisione rafforza il principio secondo cui la valutazione della “particolare tenuità del fatto” non può basarsi solo sul superamento della soglia di reddito, ma deve tenere conto delle modalità concrete della condotta e della sua carica ingannatoria. Per i cittadini, ciò significa prestare la massima attenzione e diligenza nel dichiarare tutte le fonti di reddito del proprio nucleo familiare per evitare di incorrere in gravi sanzioni.

È reato omettere di dichiarare i redditi di un familiare convivente nella domanda per il patrocinio a spese dello Stato?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’omissione, anche parziale, dei dati di fatto rilevanti, inclusi i redditi dei familiari conviventi, integra il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002, in quanto costituisce una falsa indicazione nella dichiarazione sostitutiva.

La “particolare tenuità del fatto” può essere applicata se si fa una falsa dichiarazione per il patrocinio a spese dello Stato?
Può essere esclusa. La sentenza ha stabilito che quando la condotta presenta modalità particolarmente gravi, come una duplice omissione di redditi (propri e di un familiare), essa è sintomatica di spregiudicatezza e ha un’idoneità ingannatoria tale da impedire la qualificazione dell’offesa come di particolare tenuità.

L’ignoranza dell’obbligo di dichiarare i redditi dei familiari è una scusante valida?
No. La normativa sul patrocinio a spese dello Stato è chiara nell’imporre la dichiarazione dei redditi di tutti i componenti del nucleo familiare. Un eventuale errore o ignoranza su questo punto è considerato un errore di diritto non scusabile e non esclude la responsabilità penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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