Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30038 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30038 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 16/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 5 ottobre 2023, ha confermato la sentenza del 23 maggio 2022 del Tribunale di Termini Imerese di condanna di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 95 del d.P.R. 30 maggio 2002, commesso in Termini Imerese in data 6 febbraio 2020 alla pena di anni 1 di reclusione e euro 500,00 di multa, previa concessione RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche.
COGNOME è stato ritenuto responsabile GLYPH per aver omesso di indicare, nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per l’anno di imposta 2018 il proprio reddito di euro 2006,00 elargito dall’RAGIONE_SOCIALE (avendo dichiarato solo euro 4519,00) e il reddito di euro 11922,19 percepito dal padre NOME COGNOME convivente (importo calcolato tenendo conto del reddito percepito per l’anno di imposta 2018 da NOME COGNOME pari a euro 20.438,00, da cui sono state detratte le somme relative ai cinque mesi in cui non vi era stata convivenza), per un reddito complessivo pari ad euro 18477,19, superiore ai limiti reddituali previsti dal d.P.R. n. 115/2002.
Nelle conformi sentenze di merito si dà atto che, dopo l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, era pervenuta una nota della RAGIONE_SOCIALE con la quale si erano segnalati i redditi effettivamente percepiti dal nucleo famigliare del richiedente e non dichiarati.
Avverso la sentenza l’imputato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso formulando un unico articolato motivo con cui ha dedotto il vizio di motivazione.
In primo luogo, la Corte avrebbe omesso di motivare in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato e non avrebbe adeguatamente replicato rispetto al rilievo difensivo per cui era stato lo stesso ricorrente indicare il padre fra i famigliari conviventi e ad allegare il NUMERO_DOCUMENTO relativo a redditi del 2018.
In secondo luogo, la Corte avrebbe omesso di motivare in ordine al rigetto della richiesta di proscioglimento per particolare tenuità del fatto. Invero i giudic avevano escluso la configurabilità della causa di non punibilità, ritenendo che nel caso di specie l’avere dichiarato una somma di gran lunga inferiore a quella percepita e le modalità concrete RAGIONE_SOCIALE condotta fossero dati sintomatici di personalità negativa e di una certa spregiudicatezza. In tal modo, tuttavia, avrebbero fatto coincidere, in maniera illogica, la gravità della offesa con la condotta integrante la fattispecie incriminatrice. L’art. 131 bis cod. pen. introduce una causa di esclusione della punibilità che presuppone la sussistenza di un reato,
integrato in tutti i suoi elementi costitutivi, e tuttavia non meritevole di pena pe la particolare tenuità dell’offesa. La Corte avrebbe omesso totalmente di motivare sulla sussistenza o meno del disvalore penale della condotta.
Infine la Corte non avrebbe spiegato le ragioni del rigetto della richiesta di mitigazione del trattamento sanzionatorio, limitandosi a ritenere “congrua e adeguata al caso di specie la determinazione della pena operata dal giudice di prime cure, il quale tenuto conto RAGIONE_SOCIALE modalità della condotta, ha determinato la stessa in maniera certamente assai benevola nei confronti di COGNOME“. La pena base era stata determinata in anni 1 e mesi 8 di reclusione, sicché la Corte avrebbe dovuto dare conto dell’esercizio del suo potere discrezionale in maniera adeguata indicando i criteri oggettivi e soggettivi di cui all’art. 133 cod. pen.
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha presentato conclusioni scritte con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 29 marzo 2024 la difesa dell’imputato ha presentato una memoria con cui ha insistito per accoglimento ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
Il primo profilo di censura, con cui si contesta la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, è manifestamente infondato.
La Corte di Cassazione ha affermato che il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 è integrato dalle false indicazioni o omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni al dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente peraltro dalla effettiva sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio (Sez. U. n. 6591 del 27/11/2008, dep. 2009, Infanti, Rv. 242152; Sez. 4n. 40943 del 18/09/2015, COGNOME, Rv. 264711). Tali condotte devono essere pur sempre sorrette dal dolo generico, sicché grava sull’accusa l’onere di provare la volontà cosciente di compiere il fatto e la consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero. In tale senso si è affermato che non si configura il reato, tutte le volte in cui emerga che il soggetto agente ha dichiarato il falso per difetto di controllo, qualificabile in termini giuridici c atteggiamento colposo, salva l’ipotesi della imputazione a titolo di dolo eventuale che, tuttavia, non può essere evocato alla stregua di una formula di chiusura, per
sottrarsi al puntuale accertamento giudiziario (Sez. 4 n. 37144 del 5/6/2019, RAGIONE_SOCIALE NOME, Rv. 277129 di ammissione; n. 21577 del 21/4/2016, COGNOME, Rv. 267307; n. 4623 del 15/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271949; n. 7192 del 11/1/2018, COGNOME, Rv. 272192).
Il percorso argomentativo con cui nel caso di specie la Corte è giunta a ritenere provato anche l’elemento soggettivo del reato è coerente con i dati riportati e rispettoso dei principi su indicati. I giudici hanno spiegato che COGNOME nell’attestare di essere stato nell’anno fiscale 2018 in possesso dei requisiti reddituali di cui all’art. 76 d.P.R. n. 115/2002, aveva scientemente dichiarato il falso, in quanto aveva omesso di dichiarare redditi propri (che non poteva, dunque, ignorare), oltre che i redditi del padre convivente, pur essendo specificato in maniera chiara nel modulo da lui sottoscritto l’obbligo di indicare anche i redditi dei famigliari conviventi.
Sotto tale ultimo profilo, deve ribadirsi che l’art. 76 d.Lgs. n. 115 del 2002, che disciplina la materia del patrocinio a spese dello Stato ed è espressamente richiamato dalla norma incriminatrice di cui all’art. 95 stesso D.Lgs., non costituisce legge extrapenale, sicché l’eventuale errore o ignoranza sul suo significato integra un errore di diritto non scusabile (Sez. 4, n. 14011 del 12/02/2015, COGNOME, Rv. 263013; Sez. 4, n. 37590 del 07/07/2010, Barba, Rv. 248404).
La doglianza di contro, nel ribadire la buona fede del ricorrente, non vale a superare gli argomenti su indicati e non contrappone alla loro convergente efficacia dimostrativa alcuna ragione di fatto o di diritto, tale da intaccare la tenut logica del ragionamento probatorio della Corte.
Il secondo profilo di censura, con cui contesta il mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., è infondato.
Nel caso in esame, con motivazione coincisa, ma comunque sufficiente, la Corte, in coerenza con le valutazioni del giudice di primo grado, ha ritenuto ostative alla qualificazione dell’offesa come di particolare tenuità le modalità della condotta, sintomatiche di spregiudicatezza, avendo il ricorrente dichiarato il falso sotto il duplice profilo dei redditi propri e dei redditi dei fannigliari.
Si tratta, dunque, di valutare se il giudizio espresso dalla Corte in ordine alla gravità della condotta, sia coerente con la natura del reato di cui all’art. 95 d.P.R n. 115/2002 ed in particolare con il suo l’oggetto giuridico, ovvero con il bene tutelato dalla norma incriminatrice e offeso dal reato, così come individuato dalla giurisprudenza di legittimità.
3.1.11 giudizio sulla particolare tenuità tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen., RAGIONE_SOCIALE modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo e, dopo le modifiche ad opera dell’art. 1 ccimma 1 lett. c) d. 1gs. 10 ottobre 2022 n. 150, anche alla condotta successiva al reato.
Con riferimento al parametro RAGIONE_SOCIALE modalità della condotta, si è sottolineato che la nuova normativa non si interessa della condotta tipica, bensì ha riguardo alle forme di estrinsecazione del comportamento, al fine di valutarne complessivamente la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e conseguentemente il bisogno di pena.
3.2. Ciò premesso, per quanto di interesse in questa sede, in ordine alla causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen., ci si deve, quindi, soffermare sulla oggettività giuridica del reato di cui all’ art. 95 d.P.R. n. 115/2002 che, come visto, punisce la falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva d certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall’articolo 79, comma 1, lett. b) (indicazione RAGIONE_SOCIALE generalità proprie e dei componenti la famiglia anagrafica e relativi codici fiscali), c) (dichiarazione sostitutiva di certificazione), d) (impegno a comunicare variazioni rilevanti dei limito di reddito nell’anno precedente), con la previsione di un aumento di pena se dal fatto consegue l’ottenimento o il mantenimento dell’ammissione al patrocinio.
La condotta di reato contestata all’imputato è quella di aver indicato nella dichiarazione sostitutiva di certificazione di cui all’art. 79, comma 1 lett. c), redditi minori rispetto a quelli realmente percepiti.
Ai sensi dell’art. 79, comma 1 lett. c), l’istanza di ammissione al patrocinio deve contenere, a pena di inammissibilità, una dichiarazione sostituiva di certificazione da parte dell’interessato, ai sensi dell’art. 46 comma 1 lettera o) del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000 n. 445, attestante la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di reddito previste per l’ammissione (con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell’articolo 76).
Muovendo dall’analisi del procedimento relativo all’ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, le Sezioni unite con la sentenza n. 6591 del 27/11/2008, dep. 2009, Infanti, Rv. 242152, nell’affermare che “integrano il delitto di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 le false indicazioni o le omission anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio
a spese dello Stato, indipendentemente dalla effettiva sussistenza RAGIONE_SOCIALE condiz di reddito per l’ammissione al beneficio”, hanno chiarito che la specifica f nella dichiarazione sostitutiva (artt.95 e 79 lett. c) è connessa all’ammiss dell’istanza e non a quella del beneficio, perché solo l’istanza ammissibile g l’obbligo del magistrato di decidere in merito, allo stato. Con tale sentenz chiarito che la dichiarazione sostitutiva in esame ha una natura particolar quanto, mentre, di solito, la legge che autorizza il privato ad attestazione a pena di falso prevede che la riversi in atto pubblico a pubblico ufficiale, il n. 115/2002 unifica la doppia azione, perché l’interessato al beneficio ren dichiarazione con valenza attestativa nella stessa istanza rivolta al magistr questi, dovendo subito decidere, può solo chiedere documentazione o verific degli indici e non altro. In questa luce – hanno chiarito le Sezioni Unite- la sottolinea “la necessità della compiuta ed affidabile informazione del destinat che, a fronte della complessità del tenore dell’istanza cui è speculare la valut da svolgere, ha urgenza di decidere”. Quel che rileva, proseguono le Sezioni Uni ai fine di valutare la idoneità del falso ad arrecare offesa al bene protet norma, ai sensi dell’art. 49 cod. pen., è, dunque, la sua incidenza in relazi quanto il magistrato possa intendere prima di decidere nel merito”, con conseguenza, ai fini della risoluzione del quesito rimesso, che “l’inidoneità non desumersi dalla prova certa di sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni di reddito l’ammissione al beneficio, che si consegue dopo che il magistrato l’abbia dispo per la verifica compiuta deferita all’ufficio finanziario”. La specifica falsi dichiarazione sostituiva di cui agli artt. 95 e79 lett. c) è connessa all’ammis dell’istanza e non a quella del beneficio, perché solo l’istanza ammissibile g l’obbligo del magistrato di decidere nel merito. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3.3. Alla luce di tale analisi, devono, dunque, individuarsi i parametri ancorare il giudizio sulla particolare tenuità dell’offesa, ai fini dell’app della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. al reato in esame, quanto meno con riferimento alle modalità della condotta. Se la inidoneità falso a arrecare offesa deve essere valutata in relazione al momento in c giudice deve decidere sulla ammissione della istanza, sulla base di qua rappresentato dal soggetto istante, anche la graduazione della gravità del deve, dunque, essere rapportata allo stesso momento. Ne consegue che la valutazione deve ricadere sulle modalità ingannatorie della condotta fals omissiva e cioè sulla potenzialità di tale condotta a trarre in inganno il giud deve decidere sulla istanza; tanto maggiori saranno le potenzialità ingannat della condotta, ovvero tanto più il soggetto istante riesca a dissimulare il su
reddito, tanto maggiore sarà l’offesa arrecata, in quanto il giudice sarà indot assumere la decisione di ammissione, in luogo di quella del rigetto.
Il principio esposto, come detto, attiene alla valutazione dell’eleme oggettivo del reato, ovvero alla gravità della condotta e del pericolo cagion ferma restando la necessità, ai fini della applicazione dell’art. 131 bis cod. di operare un giudizio complessivo, che abbia riguardo anche al grado d colpevolezza, ovvero alla maggiore o minore intensità del dolo.
3.4. Venendo al caso in esame, la Corte di Appello, al fine di esclude l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., rilievo, in maniera non illogica, alla gravità della condotta, estrinsecatasi in profili di falsità, tali da incidere sulla sua idoneità ingannatoria , ed al colpevolezza dimostrata attraverso di essa.
Il terzo motivo è manifestamente infondato. Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della pena, anche in relazio agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenua rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo di motivazione se dà conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. ovvero richiama la gravità del reato o la capacità a delinquere, essendo, inve necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento segui soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quel edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 4, n. 212 del 20/03/2013, COGNOME, Rv. 256197). A questo proposito la giurisprudenza h anche specificato che la pena media edittale non deve essere calcolata dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di m o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultat così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288).
Nel caso in esame la pena è stata determinata in misura inferiore alla medi edittale. La Corte territoriale, dopo che il Tribunale aveva dato atto che la irrogata, più alta rispetto al minimo, si giustificava in ragione della duplicit omissione posta in essere da COGNOME e aveva anche richiamato la proclività delinquere dell’imputato emergente dai suoi precedenti, ha motivato in manier sufficiente la scelta di confermare tale pena, spiegando che la stessa, benevola nei confronti del ricorrente, era in linea con i canoni di cui all’a cod. pen.
Il percorso argomentativo in ordine al trattamento sanzionatorio, dunque, fronte della generica censura di eccessività della pena, appare congruo e coeren
con i dati riportati e sfugge pertanto alla doglianza, anch’essa generica, articolata con il ricorso.
Al rigetto del ricorso, segue ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Deciso il 16 aprile 2024