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Falsa dichiarazione patrocinio: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per falsa dichiarazione al fine di ottenere il patrocinio a spese dello stato. La Corte ha ribadito che ai fini del beneficio vanno considerati tutti i redditi del nucleo familiare, anche quelli esenti da imposta, e che l’anno di riferimento è quello relativo all’ultima dichiarazione dei redditi il cui termine di presentazione era scaduto al momento della domanda. Respinte anche le eccezioni procedurali e di prescrizione.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione Patrocinio a Spese dello Stato: la Cassazione Conferma la Condanna

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i rigidi criteri per l’accesso al gratuito patrocinio, confermando la condanna per un cittadino che aveva omesso redditi importanti nella sua domanda. Questa decisione evidenzia come una falsa dichiarazione per il patrocinio a spese dello stato integri un reato, anche quando l’omissione deriva da un’errata interpretazione della normativa sui redditi da dichiarare. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato sia in primo che in secondo grado per il reato previsto dall’art. 95 del D.P.R. 115/2002. L’imputato, nel presentare un’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato in data 8 novembre 2016, aveva dichiarato falsamente che il suo reddito familiare per l’anno 2015 era inferiore al limite di legge. Successivi controlli della Guardia di Finanza avevano invece accertato un reddito superiore, dovuto anche a somme percepite dalla moglie a titolo di indennità di disoccupazione, che non erano state incluse nell’autocertificazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre principali motivi:

1. Vizio procedurale: Sosteneva la nullità del processo d’appello poiché il decreto di citazione a giudizio non gli sarebbe stato notificato personalmente presso il suo domicilio, ma solo al suo difensore.
2. Insussistenza del reato: Contestava l’errata individuazione dell’anno di reddito di riferimento (sostenendo dovesse essere il 2016 e non il 2015) e l’assenza dell’elemento psicologico (dolo), affermando di non essere a conoscenza dei redditi della moglie.
3. Prescrizione: Riteneva che il reato fosse ormai estinto per decorrenza dei termini, contestando il calcolo dei periodi di sospensione applicati dalla Corte d’Appello.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi sollevati con argomentazioni precise.

Rigetto del Vizio Procedurale

La Corte ha preliminarmente verificato gli atti processuali, accertando che il decreto di citazione in appello era stato regolarmente notificato a mani proprie dell’imputato. In ogni caso, i giudici hanno specificato che si sarebbe trattato di una nullità a regime intermedio, che avrebbe dovuto essere eccepita tempestivamente dal difensore, cosa che non è avvenuta. La partecipazione del legale al giudizio d’appello tramite note scritte, senza sollevare la questione, ha di fatto sanato ogni potenziale vizio.

L’analisi sulla falsa dichiarazione per il patrocinio a spese dello stato

Il cuore della sentenza riguarda la sussistenza del reato. La Cassazione ha chiarito due punti fondamentali:

* Anno di reddito di riferimento: Ai sensi dell’art. 76 del D.P.R. 115/2002, il reddito da considerare è quello risultante dall’ultima dichiarazione per la quale, al momento della presentazione dell’istanza, è scaduto il termine di presentazione. Poiché la domanda era dell’8 novembre 2016, il termine per la dichiarazione dei redditi 2015 era già scaduto, rendendo corretto il riferimento a tale annualità.
* Natura dei redditi da dichiarare: La Corte ha ribadito il principio consolidato secondo cui, per la determinazione del reddito, devono essere considerate tutte le componenti, imponibili e non, inclusi i redditi esenti come l’indennità di disoccupazione. Lo scopo della norma è verificare la reale condizione economica del richiedente. L’errore sulla nozione di reddito rilevante non scusa l’imputato e non esclude il dolo, in quanto chi autocertifica ha il dovere di verificare preventivamente la correttezza di quanto dichiara.

Reiezione dell’Eccezione di Prescrizione

Infine, la Corte ha confermato il calcolo effettuato dalla Corte d’Appello riguardo ai periodi di sospensione della prescrizione. Tenendo conto delle sospensioni per astensione degli avvocati, impedimento del difensore e del periodo di emergenza Covid, il termine di prescrizione non era ancora maturato al momento della sentenza di secondo grado, rendendo l’eccezione manifestamente infondata.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende. Questa sentenza serve da monito sulla serietà e sulle responsabilità connesse alla domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Sottolinea l’obbligo di diligenza del dichiarante nel verificare e includere tutti i redditi familiari, anche quelli non soggetti a tassazione, e conferma che l’ignoranza della normativa fiscale non costituisce una valida scusante per evitare una condanna penale.

Quale anno di reddito bisogna considerare per la domanda di patrocinio a spese dello Stato?
Bisogna fare riferimento al reddito risultante dall’ultima dichiarazione per la quale è già scaduto il termine di presentazione al momento in cui si deposita l’istanza.

I redditi esenti da imposta, come l’indennità di disoccupazione, vanno dichiarati nella domanda per il patrocinio?
Sì. La giurisprudenza è pacifica nel ritenere che, per determinare il reddito complessivo ai fini del beneficio, si debba tener conto di tutte le componenti reddituali, anche quelle esenti da imposta o soggette a ritenuta alla fonte, in quanto contribuiscono a definire la condizione economica effettiva del nucleo familiare.

Commettere un errore nella dichiarazione per ignoranza della legge esclude la responsabilità penale?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’errore sulla nozione di reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio non esclude l’elemento soggettivo del reato. Non si tratta di un errore su una legge extra-penale che può scusare, ma di una violazione del dovere di verifica che incombe su chi autocertifica una condizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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