Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6279 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6279 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 11/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 29/03/1965
avverso la sentenza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del P.G., in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Reggio Calabria in data 26 settembre 2024 ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Reggio Calabria aveva condannato NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 per avere falsamente dichiarato nell’istanza di ammissione al patrocinio proposta al Tribunale di Sorveglianza in data 8.11.2016 presentata nell’ambito del procedimento n. SIUS 2016/1380 che il limite percepito nell’anno 2015 era al di sotto di quello accertato in sede di controlli d Guardia di Finanza. In Reggio Calabria 1’8.11.2016.
La Corte territoriale ha respinto i motivi di gravame con i quali è sta contestato che l’anno al quale fare riferimento era rappresentato dal 2016 e non dal 2015 e che le somme percepite dalla moglie dell’imputato, in quanto indennità, non andavano considerate ai fini del reddito del quale peraltro mancava la prova che l’imputato avesse conoscenza. Ha, infine, ritenuto che il reato non fosse estinto per intervenuta prescrizione.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso affidandolo a tre motivi.
2.1 Con il primo si deduce che l’imputato, all’atto della proposizione dell’appello aveva confermato il precedente domicilio eletto presso la propria abitazione in SINDIRIZZO‘Aspromonte e non presso il difensore. A quest’ultimo e solo a quest’ultimo era stato notificato il decreto di citazione appello in data 9.7.2024. Il difensore provvedeva a redigere note di trattazione scritta concludendo per l’accoglimento dell’appello interposto o i subordine per la declaratoria di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, conformemente alle conclusioni rassegnate dall’Ufficio di Procura Generale di Reggio Calabria. Rileva che non è mai stata notificata in alcuna forma il decreto di citazione in appello per la data del 26.9.2024, omission che determina nullità di ordine generale a regime intermedio che incidendo sulla posizione dell’imputato ne viola il diritto costituzionale di difesa.
2.2 Con il secondo e il terzo motivo si deduce che la Corte territorial ha erroneamente ritenuto sussistenti le due componenti del reato ossia quello materiale e quello psicologico. Si assume che NOME sarebbe stato ammesso al beneficio, poi revocato, del patrocinio a spese dello Stato sulla scorta del documentazione relativa all’anno 2016 e non del 2015. L’istanza di ammissione era stata inoltrata al Tribunale di sorveglianza in data 8 novembre 2016 e, dunque, oltre il termine previsto per la presentazione della
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dichiarazione reddituale annuale. Secondo la difesa, dunque, a decorrere dall’i ottobre 2016 l’annualità di riferimento non era quella in corso ma quel precedente. La Corte sotto tale profilo non ha motivato né ha valutato i profilo psicologico. Se l’anno di riferimento fosse stato il 2015 la sola v non tenuta in considerazione a fini reddituali sarebbe stata quell dell’indennità di disoccupazione della moglie e per quanto essa rientri ne novero dei redditi da calcolare ai fini dell’ammissione al beneficio, il fatto il familiare abbia omesso di indicarla, non integra di per sé il reato difetta il dolo generico. Altro aspetto non valutato dalla Corte sarebbe costituito dal intervenuta o meno prescrizione. Il fatto risale all’8 novembre 2016 e termine sarebbe maturato alla data dell’8.5.2024 anche tenendo conto dei periodi di eventuale sospensione. Il decreto di citazione per l’udienza i appello avrebbe avuto effetto sospensivo solo nel caso in cui fosse stato notificato all’imputato ma così non è stato come è stato spiegato con il primo motivo.
Il P.G., in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato requisitoria scritta chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile
Occorre precisare, in via preliminare che la questione posta dal primo motivo di ricorso è di ordine processuale sicché questa Corte, essendo giudice dei presupposti della decisione può e deve prescindere dalla motivazione offerta nel provvedimento impugnato e, anche accedendo agli atti, deve valutare la correttezza in diritto della decisione adottata, quand’anche no correttamente giustificata o giustificata a posteriori (Sez. 5 n. 19970 d 15/03/2019, COGNOME, Rv. 275636). A tal fine, a questa Corte è riconosciuto di accedere all’esame dei relativi atti processuali, diversamente precluso allorquando si tratti di vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, co. 1 e) cod. proc. pen (Sez. U n. 42792 del 2001, Policastro, Rv. 220092, Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, Rv. 273525).
La questione posta con il primo motivo di ricorso è manifestamente infondata. E’ in atti il decreto di citazione in appello che risulta regolarm notificato a mani del Papalia, dunque non sussiste l’omessa notifica all’imputato.
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Solo per completezza va rilevato che trattandosi di nullità a regime intermedio, la stessa, avrebbe dovuto essere dedotta tempestivamente e così non è stato dato che risulta dagli atti regolarmente celebrato il giudizio secondo grado, svoltosi con rito cartolare, mediante deposito di note scritte del difensore di fiducia dell’imputato, senza che nulla venisse eccepito.
Del pari manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso incentrato sulla individuazione dell’ultima dichiarazione dei redditi, rileva ai fini della ammissione al beneficio richiesto. In proposito va rammentato che l’art. 76 d.PR. 30 maggio 2002 n. 115 prevede che deve farsi riferimento a quella per la quale è maturato al momento del deposito dell’istanza, l’obbligo di presentazione (Cass. Sez. 4 n. 46382 del 14/10/2014 Rv. 260953 – 01).
Nel caso in esame, come correttamente rilevato dalla Corte territoriale, l’art. 76, co. 1, d.P.R. 115/2002 prevede che il reddito cui fare riferiment quello risultante dall’ultima dichiarazione. L’istanza di ammissione era stat depositata al Tribunale di Sorveglianza in data 8 novembre 2016 dal che conseguiva che a quella data era scaduto il termine per la presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2015 ma non anche quella del 2016. Correttamente, dunque, è stato preso in considerazione il reddito relativo all’anno 2015.
E’ principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, alla luce d chiaro dettato normativo, che la determinazione del reddito ai fini de beneficio in parola, deve tener conto nella individuazione di quell complessivo dei familiari conviventi, anche dei redditi esenti dall’imposta pe le persone fisiche o di quelli soggetti a ritenuta alla fonte o a impo sostitutiva (Sez. 3 n. 25194 del 31/03/2011, Rv. 250960 – 01; nella specie l’imputato aveva omesso di indicare le somme percepite dal padre a titolo di TFR e dalla sorella a titolo di indennità di disoccupazione).
Lo scopo cui tende l’istituto del patrocinio a spese dello Stato è quello consentire l’accesso alla giustizia a coloro che versino in condizio economiche tali da non poterne sostenere il costo. Dunque, per verificare tale condizione occorre considerare tutte le componenti reddituali, imponibili o meno, dirette o conseguite in sostituzione di reddito quale è l’indennità d disoccupazione.
D’altra parte questa Corte ha osservato che in tema di patrocinio, l’errore sulla nozione di reddito rilevante ai fini della ammissione al benefi non esclude l’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115/2002, non trattandosi di errore su legge extra-penale. L’art. 76 del detto decreto, infa
è espressamente richiamato dalla predetta norma incriminatrice (Sez. 4, n. 418 del 25/11/2021, dep. 11/01/2022, Rv. 282560 – 01).
Sicché correttamente la Corte di appello, nel rispetto dei sopra richiamati principi giurisprudenziali, è giunta alla conclusione che il ricorre nell’omettere di indicare nella dichiarazione allegata all’istanza di ammission al patrocinio determinate componenti di reddito riferibili alla coniuge no legalmente separata, avesse dichiarato il falso e per di più ottenendo l’ammissione al beneficio che non gli sarebbe spettato e che, in esito agli accertamenti svolti, veniva revocato.
Sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la Corte territoriale, motivazione logica ha argomentato che la circostanza dedotta secondo cui «l’imputato potesse non essere a conoscenza dei redditi della moglie con la quale, per quanto risulta, conviveva all’epoca del fatto, è mera prospettazione difensiva, genericamente dedotta e non supportata da alcunché. La dichiarazione di scienza contenuta nell’istanza di ammissione al patrocinio, peraltro, gli imponeva una preventiva verifica di ciò che si accingeva ad autocertificare».
L’argomento speso dal ricorrente ripropone argomenti generici, in fatto e rivalutativi anche sul piano probatorio il cui vaglio non è consentito in ques sede di legittimità.
Anche l’argomento secondo cui il reato sarebbe estinto per prescrizione è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha operato l’analitico calcolo delle sospensioni nel modo the segue: dal 21 ottobre 2019 al 7 gennaio 2020 per l’adesione del difensore all’astensione dalle udienze indetta dalle camere penali (78 giorni); dal 20 gennaio 2020 al 17 febbraio 2020 per impedimento del difensore (28 giorni) nonché in misura pari a 63 giorni ai sensi dell’art. 83 co. 2 d.l. 18/20 e così per un totale di 169 g con la conseguenza che il termine di prescrizione maturava alla data del 25 novembre 2024, dunque, dopo la sentenza pronunciata con motivazione contestuale il 26 settembre 2024.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilit del ricorso cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di col emergenti dal medesimo atto impugnatorio, al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa ammende.
Deciso il 11 febbraio 2025
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