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Falsa dichiarazione patrocinio: inammissibile ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro una sentenza di non punibilità per particolare tenuità del fatto, relativa a una falsa dichiarazione patrocinio a spese dello Stato. L’imputato aveva omesso di dichiarare l’indennità di disoccupazione percepita. La Corte ha confermato che tale omissione integra il dolo generico richiesto dalla norma, non potendo considerarsi un errore scusabile, e ha ritenuto i motivi del ricorso generici e assertivi.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione Patrocinio a Spese dello Stato: la Cassazione conferma il Dolo

L’ordinanza in esame affronta un caso di falsa dichiarazione patrocinio a spese dello Stato, un reato che si configura quando un soggetto, per ottenere l’assistenza legale gratuita, fornisce informazioni false o incomplete sul proprio reddito. La Corte di Cassazione, con una decisione netta, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato, chiarendo importanti aspetti relativi all’elemento soggettivo del reato e ai requisiti di ammissibilità del ricorso stesso.

I Fatti del Caso

Un cittadino presentava un’istanza per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, dichiarando un reddito complessivo di poco superiore ai 9.000 euro. Successivamente, emergeva che l’uomo aveva omesso di indicare un’ulteriore entrata, pari a circa 2.800 euro, percepita a titolo di indennità di disoccupazione (NASPI).

I giudici di primo grado e la Corte d’Appello, pur riconoscendo la sussistenza del reato, avevano dichiarato il fatto non punibile per la sua “particolare tenuità” ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale. L’imputato, non soddisfatto da questa pronuncia, che comunque accerta la sua colpevolezza, proponeva ricorso in Cassazione chiedendo un’assoluzione piena, sostenendo l’assenza di dolo.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato basava il ricorso su due argomenti principali:

1. Vizio di motivazione sull’elemento soggettivo: Si sosteneva che l’omissione dell’indennità NASPI fosse frutto di un errore e non di una volontà cosciente di mentire. Mancava, quindi, il dolo necessario per configurare il reato.
2. Prescrizione del reato: In una memoria successiva, si chiedeva di dichiarare l’estinzione del reato per il decorso del tempo.

L’obiettivo era ottenere un’assoluzione con formula piena, che avrebbe cancellato ogni traccia del procedimento, a differenza della declaratoria di non punibilità che, invece, viene iscritta nel casellario giudiziale.

La Decisione della Corte sulla falsa dichiarazione patrocinio a spese dello Stato

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, ma si ferma a una valutazione preliminare, ritenendo che il ricorso non avesse i requisiti minimi per essere esaminato. La Corte ha stabilito che i motivi presentati erano manifestamente infondati, generici e riproduttivi di censure già correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza un’adeguata critica alla motivazione della sentenza impugnata.

Le Motivazioni

La Corte ha articolato la sua decisione su diversi punti cardine.

In primo luogo, ha ribadito l’interesse dell’imputato a impugnare una sentenza ex art. 131-bis c.p., poiché essa produce effetti giuridici sfavorevoli. Tuttavia, ha subito chiarito perché, nel caso specifico, l’impugnazione non potesse essere accolta.

La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata logica, coerente e corretta. I giudici di merito avevano evidenziato come l’imputato avesse dichiarato in modo “chiaro ed inequivoco” un reddito parziale. L’omissione della NASPI non poteva essere considerata un errore scusabile. Trattandosi di un reddito personale, percepito direttamente dal dichiarante e indicato nella sua stessa dichiarazione dei redditi, era impossibile negare la sua consapevolezza.

La Corte ha sottolineato che il reato di falsa dichiarazione patrocinio a spese dello Stato è una figura speciale di falso ideologico che richiede il dolo generico. Questo significa che è sufficiente la coscienza e la volontà di attestare il falso, senza che sia necessario provare l’intenzione di conseguire un profitto ingiusto. La consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dire il vero è l’elemento chiave, e nel caso di specie, l’omissione di un’entrata così diretta e personale integrava pienamente tale elemento.

Infine, la Corte ha respinto anche l’eccezione di prescrizione, spiegando che, a causa delle sospensioni introdotte dalla “riforma Orlando”, i termini non erano ancora decorsi.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre importanti spunti pratici. Innanzitutto, ribadisce la necessità di massima diligenza e completezza nella compilazione delle istanze per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Omettere redditi, specialmente se personali e diretti come l’indennità di disoccupazione, difficilmente potrà essere giustificato come un semplice errore.

In secondo luogo, la decisione consolida l’orientamento giurisprudenziale sul dolo generico in questa materia: basta sapere di dichiarare un’informazione non veritiera per integrare il reato. Non è richiesto un piano fraudolento complesso.

Infine, sul piano processuale, la sentenza è un monito sulla necessità di formulare ricorsi specifici e critici. La mera riproposizione di argomenti già vagliati e respinti, senza un confronto puntuale con le motivazioni del giudice precedente, conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile impugnare una sentenza che dichiara un reato non punibile per “particolare tenuità del fatto”?
Sì, l’imputato ha interesse a impugnarla perché tale pronuncia, pur escludendo la pena, accerta la sussistenza del fatto, la sua illiceità e la sua commissione da parte dell’imputato, oltre ad essere iscritta nel casellario giudiziale.

Omettere l’indennità di disoccupazione (NASPI) nella richiesta di patrocinio a spese dello Stato è considerato un errore scusabile?
No. Secondo la Corte, non può essere considerato un errore scusabile perché si tratta di un reddito personale percepito direttamente dal dichiarante. L’omissione di tale introito dimostra la consapevolezza di dichiarare il falso, integrando così il dolo generico richiesto per il reato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano manifestamente infondati, generici e assertivi. Essi si limitavano a riprodurre censure già adeguatamente respinte dalla Corte d’Appello, senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza impugnata, che è stata invece ritenuta logica e giuridicamente corretta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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