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Falsa dichiarazione patrocinio gratuito: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una condanna per falsa dichiarazione per il patrocinio gratuito. L’imputato aveva omesso i redditi significativi della moglie convivente. La Corte ha ritenuto il ricorso generico e ha confermato la motivazione di merito sulla malafede dell’imputato, consapevole della reale situazione reddituale familiare, condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa dichiarazione per il patrocinio gratuito: quando il ricorso è inammissibile

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali in materia di falsa dichiarazione per il patrocinio gratuito, sottolineando l’importanza della specificità dei motivi di ricorso e il ruolo della malafede dell’imputato. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’impugnazione di un uomo condannato per aver omesso i redditi della moglie convivente nella richiesta di accesso al beneficio, confermando così la decisione dei giudici di merito.

I Fatti del Processo

La vicenda processuale ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Crotone per il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002 (Testo Unico sulle Spese di Giustizia), commesso nel 2016. L’imputato aveva presentato un’istanza per essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, omettendo di dichiarare i redditi, peraltro significativi, percepiti dalla moglie con cui conviveva.

La condanna veniva confermata dalla Corte d’Appello di Catanzaro nel dicembre 2022. I giudici di secondo grado avevano fornito una motivazione congrua, evidenziando la piena responsabilità dell’imputato e la sua malafede. Contro questa sentenza, l’uomo ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione.

L’inammissibilità del ricorso per genericità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13480/2024, ha respinto il ricorso dichiarandolo inammissibile. Il fulcro della decisione risiede nella genericità dei motivi addotti dal ricorrente. Secondo gli Ermellini, le deduzioni erano “generiche e prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste”.

Un ricorso in Cassazione non può limitarsi a una generica contestazione della sentenza impugnata, ma deve articolare critiche specifiche, puntuali e pertinenti rispetto alla motivazione della Corte d’Appello. In questo caso, il ricorrente non è riuscito a confrontarsi efficacemente con il ragionamento dei giudici di merito, i quali avevano chiaramente spiegato le ragioni della condanna.

Le motivazioni della decisione

La motivazione della Cassazione si è concentrata su due punti principali. In primo luogo, ha avallato la valutazione della Corte d’Appello sulla responsabilità dell’imputato. È stato ritenuto illogico e inverosimile che l’uomo, convivendo con la moglie, non fosse a conoscenza dei suoi redditi, descritti come di importo “significativo”. Questa circostanza è stata considerata prova della sua malafede, ovvero della volontà cosciente di presentare una dichiarazione non veritiera per ottenere un beneficio indebito.

In secondo luogo, la Corte ha dichiarato inammissibile anche il motivo relativo al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. Anche in questo caso, la doglianza è stata giudicata “meramente assertiva” e priva di un reale confronto con la sentenza d’appello. I giudici di merito avevano infatti motivato che la pena inflitta era già proporzionata alla gravità della condotta, rendendo superflua la concessione di ulteriori sconti di pena.

Le conclusioni

La decisione della Suprema Corte riafferma un principio cruciale del processo penale: l’onere di specificità dei motivi di ricorso. Non è sufficiente contestare una sentenza, ma è necessario farlo con argomenti tecnici e puntuali che ne smontino il percorso logico-giuridico. La pronuncia conferma inoltre che, nel reato di falsa dichiarazione per il patrocinio gratuito, la prova della malafede può essere desunta da elementi logici, come la convivenza e la conoscenza della situazione economica familiare complessiva. L’esito per il ricorrente è la condanna definitiva, con l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione di 3.000 euro a favore della Cassa delle Ammende.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando le argomentazioni sono generiche, assertive e non supportate da specifiche ragioni di diritto o dati di fatto. È necessario che il ricorso si confronti criticamente e in modo puntuale con la motivazione della sentenza che si sta impugnando.

Come viene valutata la malafede nella falsa dichiarazione per il patrocinio gratuito?
Secondo questa ordinanza, la malafede, ovvero la consapevolezza di dichiarare il falso, può essere provata attraverso elementi logici. Nel caso specifico, la circostanza che l’imputato convivesse con la moglie è stata ritenuta sufficiente a dimostrare che egli conosceva i redditi di quest’ultima e li ha omessi volontariamente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta che la sentenza di condanna impugnata diventi definitiva e irrevocabile. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle Ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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