Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13724 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13724 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SPEZZANO ALBANESE il 28/03/1958
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro ha riformato solo quanto al trattamento sanzionatorio, la sentenza del G.U.P di Castrovillari del 5 aprile 2022, con la quale COGNOME NOME era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione ed euro quattrocento di multa in relazione al reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002.
NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello per vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.
In ordine all’unico motivo di ricorso, va premesso che, ai fini dell’individuazione delle condizioni necessarie per l’ammissione al patrocinio, rileva ogni componente di reddito, imponibile o no, siccome espressivo di capacità economica (Sez. 4, n. 12410 del 06/03/2019, COGNOME, Rv. 275359) e le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio integrano il reato di cui si tratta solo allorquando riguardino la sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, ma non anche quando cadano su elementi a tal fine irrilevanti (Sez. 4, n. 20836 del 16/04/2019, De Vito, Rv. 276088). Inoltre, ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nel reddito complessivo dell’istante, ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 115 del 2002, deve essere computato anche il reddito di qualunque persona che con lui conviva e contribuisca alla vita in comune (Sez. 4, n. 44121 del 2012, COGNOME, Rv. 253643).
Quanto poi all’elemento soggettivo, va ricordato che, in tema di patrocinio a spese dello Stato, le false indicazioni o le omissioni, anche parziali, che integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 95, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, devono essere sorrette dal dolo generico, rigorosamente provato, che esclude la responsabilità per un difetto di controllo, di per sé integrante condotta colposa, e salva l’ipotesi del dolo eventuale (Sez. 4, n. 37144 del 05/06/2019, COGNOME, Rv. 277129).
Inoltre, ai fini della integrazione del reato di cui all’art. 95 cit., in caso di effe sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, non è sufficiente che l’istanza contenga falsità od omissioni, dovendo il giudice procedere ad una rigorosa verifica dell’elemento soggettivo del reato, al fine di escludere l’eventuale inutilità del falso (Sez. 4, n. 7192 del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 272192; Sez. 4, n. 45786 del 04/05/2017, COGNOME, Rv. 271051).
Ciò posto sui principi operanti in materia, nella specie, la Corte territoriale, con motivazione del tutto congrua e non contraddittoria, coerente coi principi affermati
in sede di legittimità, ha sottolineato che l’imputato non poteva non aver consapevolezza della falsità di quanto dichiarato, trattandosi di redditi di lavoro dipendente percepiti da familiari con lui conviventi. L’omissione, invece, è da ricollegarsi al fatto che la dichiarazione dell’esatto ammontare del reddito percepito dal nucleo familiare gli avrebbe impedito l’ammissione al beneficio.
Il ricorrente si limita a reiterare le censure precedentemente prospettate, senza tuttavia apportare elementi concreti per disarticolare l’apparato argomentativo della sentenza impugnata, la quale opportunamente indica gli elementi dai quali emerge la volontà dell’imputato di ottenere un beneficio non dovuto.
Per tali ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 25 marzo 2025.