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Falsa dichiarazione patrocinio: dolo e condanna

Un uomo è stato condannato per aver omesso i redditi dei familiari conviventi nella sua richiesta di gratuito patrocinio. La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, confermando che la consapevolezza di tale omissione e la volontà di ottenere un beneficio non dovuto integrano il dolo generico necessario per la sussistenza del reato di falsa dichiarazione per il patrocinio a spese dello Stato, anche quando le censure in appello sono una mera ripetizione di quelle precedenti.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione Patrocinio a Spese dello Stato: la Consapevolezza Costa Caro

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce i principi cardine in materia di falsa dichiarazione per il patrocinio a spese dello Stato, focalizzandosi sull’importanza dell’elemento soggettivo del reato. Omettere consapevolmente i redditi dei familiari conviventi per accedere al beneficio non è una semplice leggerezza, ma un reato che richiede una rigorosa prova del dolo, ovvero della volontà cosciente di dichiarare il falso.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di un uomo, in primo e secondo grado, per il reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. L’imputato aveva presentato un’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato omettendo di dichiarare i redditi da lavoro dipendente percepiti da alcuni familiari con lui conviventi. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la pena, aveva confermato la sua responsabilità penale.

Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione riguardo alla sussistenza dell’elemento soggettivo, sostenendo in pratica di non aver agito con la specifica intenzione di commettere il reato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per riaffermare alcuni principi fondamentali in materia.

In primo luogo, ai fini dell’ammissione al beneficio, rileva ogni componente di reddito, imponibile o meno, in quanto espressivo della capacità economica del nucleo familiare. Ciò include, come stabilito dall’art. 76 del d.P.R. 115/2002, anche i redditi di qualsiasi persona che conviva con l’istante.

In secondo luogo, il reato si configura solo se le falsità o le omissioni riguardano dati rilevanti per la sussistenza delle condizioni di reddito previste dalla legge.

L’Elemento Soggettivo nella Falsa Dichiarazione Patrocinio a Spese dello Stato

Il punto cruciale della decisione riguarda l’elemento soggettivo. La Corte ha chiarito che per integrare il reato è necessario il dolo generico. Questo significa che non è sufficiente una mera negligenza o un difetto di controllo (condotta colposa), ma è richiesta la coscienza e la volontà di presentare una dichiarazione non veritiera.

La prova del dolo deve essere rigorosa. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che l’imputato non potesse non essere consapevole della falsità di quanto dichiarato, trattandosi di redditi da lavoro dipendente percepiti da familiari stretti con cui conviveva. L’omissione, secondo la Corte, era finalizzata proprio a evitare il superamento della soglia di reddito che gli avrebbe impedito di ottenere il beneficio.

La Reiterazione delle Censure e l’Inammissibilità

Un altro aspetto rilevante è di natura processuale. La Cassazione ha sottolineato come il ricorrente si sia limitato a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte in appello, senza fornire nuovi elementi concreti in grado di scardinare l’apparato argomentativo della sentenza impugnata. Questo comportamento processuale conduce a una dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una logica stringente. L’imputato, omettendo i redditi dei conviventi, ha alterato la rappresentazione della propria situazione economica complessiva. La Corte territoriale ha correttamente evidenziato che la conoscenza di tali redditi era inevitabile, data la natura del rapporto familiare e di convivenza. Di conseguenza, l’omissione non poteva che essere volontaria e finalizzata a ottenere un vantaggio, il patrocinio gratuito, che altrimenti non gli sarebbe spettato. La volontà dell’imputato di ottenere un beneficio non dovuto è emersa chiaramente dagli elementi processuali, rendendo la motivazione della Corte d’Appello congrua, logica e coerente con i principi di diritto.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma un orientamento consolidato: la richiesta di patrocinio a spese dello Stato è un atto di grande responsabilità. Le dichiarazioni mendaci o le omissioni consapevoli, specialmente se relative a dati facilmente conoscibili come i redditi dei familiari conviventi, integrano pienamente il reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115/2002. La giustizia non ammette scorciatoie e richiede la massima trasparenza da chi chiede di essere difeso a spese della collettività. La decisione serve da monito sulla necessità di una verifica attenta e onesta di tutti i requisiti prima di presentare la relativa istanza, pena severe conseguenze penali e pecuniarie.

Quali redditi vanno dichiarati per ottenere il patrocinio a spese dello Stato?
Per l’ammissione al beneficio rileva ogni componente di reddito, imponibile o non imponibile, in quanto espressivo di capacità economica. Inoltre, deve essere computato anche il reddito di qualunque persona che conviva e contribuisca alla vita in comune con il richiedente.

Per commettere il reato di falsa dichiarazione è sufficiente una semplice dimenticanza?
No, non è sufficiente una condotta colposa come una dimenticanza o un difetto di controllo. Il reato richiede il dolo generico, ovvero la coscienza e la volontà di dichiarare il falso o di omettere informazioni rilevanti, con la consapevolezza che ciò è necessario per ottenere il beneficio.

L’omissione del reddito dei familiari conviventi integra il reato di falsa dichiarazione?
Sì, l’omissione dei redditi percepiti dai familiari conviventi integra il reato se fatta consapevolmente. La Corte ha ritenuto che l’imputato non potesse non avere consapevolezza di tali redditi e che l’omissione fosse finalizzata a non superare i limiti di legge per l’accesso al beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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