Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2997 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2997 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il 09/08/1971
avverso la sentenza del 12/03/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12 marzo 2024, la Corte di appello di L’Aquila, ha riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Pescara in data 8 febbraio 2023, con la quale NOME COGNOME era stato assolto «perché il fatto non sussiste» dal reato di cui all’art. 95 d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115. È stato dunque accolto l’appello proposto dal Pubblico ministero: COGNOME è stato ritenuto responsabile del reato a lui ascritto (commesso a Pescara il 18 febbraio 2020) e condannato alla pena di anni uno e mesi uno di reclusione.
Per mezzo del proprio difensore, l’imputato ha proposto ricorso contro la sentenza articolandolo in tre motivi.
2.1. Col primo motivo, la difesa lamenta mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione. Sostiene che le prove prodotte a sostegno dell’impianto accusatorio sarebbero state valutate sufficienti perché il fatto è stato travisato. In tesi difensiva, il giudice di primo grado aveva correttamente ritenuto che, nella richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, COGNOME avesse attestato i redditi percepiti dal nucleo familiare nell’anno 2019 e lo aveva assolto osservando che le prove raccolte riguardavano i redditi percepiti negli anni 2017 e 2018. La Corte di appello, invece, con motivazione manifestamente illogica, ha ritenuto che l’autocertificazione contenuta nell’istanza si riferisse a redditi percepiti nel 2018 e da questo errore è derivat l’affermazione della penale responsabilità.
2.2. Col secondo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione per non essere state applicate le attenuanti generiche e non essere stata concessa la sospensione condizionale della pena (benefici dei quali era stata fatta espressa richiesta), senza fornire di ciò motivazione alcuna.
2.3. Col terzo motivo, la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione per non essere stata ritenuta la particolare tenuità del fatto sol perché la falsa attestazione aveva determinato l’ammissione al beneficio, un dato dal quale consegue l’esistenza di una circostanza aggravante che, in ragione della pena edittale, non preclude l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso non meritano accoglimento.
2. Come emerge chiaramente dalla lettura del capo di imputazione, NOME COGNOME è stato accusato di aver reso false dichiarazioni in una istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata il 18 febbraio 2020. Dalla sentenza impugnata (pag. 3) risulta che tale dichiarazione si riferiva al procedimento n. 6737/2019 r.g.p.m. e che l’istante aveva dichiarato: di non aver percepito redditi nell’anno di imposta di riferimento e di aver vissuto con l’aiuto dei genitori (NOME COGNOME e NOME COGNOME), i quali, in quell’anno avevano percepito «assegni sociali, pari rispettivamente ad C 332,28 ed € 457,97 mensili».
Trattandosi di una istanza depositata il 18 febbraio 2020, essa faceva riferimento ai redditi percepiti nell’anno 2018 e dichiarati nell’anno 2019. Ed invero, l’ultima dichiarazione dei redditi rilevante ai fini dell’ammissione a patrocinio a spese dello Stato, a norma dell’art. 76 d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, è quella per la quale, al momento del deposito della istanza, è decorso il termine ultimo per la presentazione essendo possibile tenere conto di una diversa annualità soltanto se, nel momento in cui l’istanza viene depositata, la dichiarazione dei redditi è già stata effettivamente presentata (Sez. 4, n. 16875 del 12/03/2024, COGNOME, Rv. 286177; Sez. 4, n. 39182 del 09/05/2024, COGNOME, Rv. 287073; Sez. 4, n. 16716 del 27/02/2024, COGNOME, non massimata).
Nel caso di specie, peraltro, come risulta con chiarezza dalla lettura della sentenza di primo grado (e della sentenza di appello che l’ha riformata), il Tribunale aveva ritenuto che i redditi oggetto della dichiarazione fossero quelli percepiti nell’anno 2019 perché, per errore, aveva fatto riferimento ad una istanza di ammissione al patrocinio a spese dello stato depositata il 13 febbraio 2021: dunque, a una istanza diversa rispetto a quella oggetto di imputazione.
I giudici di appello hanno sottolineato che, secondo quanto accertato dalla Agenzia delle entrate, nell’anno 2018 il nucleo familiare del quale COGNOME fa parte aveva percepito un reddito complessivo di € 16.275,29 e una parte non minima di questo reddito (€ 6.001,78) era stata percepita proprio dall’imputato. Questi, invece, nella dichiarazione depositata il 18 febbraio 2020, dichiarò falsamente che nell’ultimo «anno fiscale utile» non aveva dichiarato redditi.
Il primo motivo del ricorso non si confronta con questa motivazione, il difensore, infatti, si limita a richiamare il contenuto della sentenza di prim grado e non spiega perché, in una istanza di ammissione al patrocinio a spese
dello Stato depositata il 18 febbraio 2020, NOME COGNOME avrebbe dovuto autocertificare i redditi percepiti nel corso del 2019.
Il motivo di ricorso col quale la difesa si duole della mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche è infondato. La Corte territoriale ha ritenuto la gravità del fatto in ragione della «totale falsità dell’attestazione» ne quale, avendo percepito un reddito di 6.000 euro, COGNOME dichiarò di non aver percepito reddito alcuno. La scelta di non applicare le attenuanti generiche può ritenersi dunque implicitamente motivata. La pena base è stata determinata in misura pari al minimo edittale ed è stata aumentata di un mese per l’aggravante rappresentata dall’ottenimento dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato e da ciò si desume che, a fronte di una dichiarazione divergente dalla realtà in termini significativi, i giudici di appello non hanno ritenuto necessario ridurr ulteriormente la pena così determinata. A questo proposito si deve ricordare che, per giurisprudenza costante, al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente e idoneo a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzione di esso può risultare sufficiente allo scopo (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014; Lule, Rv. 259899). Nei motivi di ricorso, peraltro, non sono neppure indicate le ragioni per le quali, ne caso concreto, le attenuanti avrebbero dovuto essere concesse, né risulta che, nel giudizio di appello, questa richiesta sia stata sviluppata e argomentata.
Col secondo motivo di ricorso, il difensore si duole, oltre che della mancata applicazione delle attenuanti generiche, anche della mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Il ricorrente, però, non ha documentato la sussistenza delle condizioni che consentono l’applicazione del beneficio e dall’esame del certificato del casellario emerge la sussistenza di condizioni ostative ai sensi dell’art. 164, comma 2, n. 1) cod. pen.
Non ha maggior pregio il terzo motivo, col quale la difesa si duole che non sia stata applicata la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. Si osserva in proposito che, quando una sentenza d’appello non rileva “ex officio” la sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, difetto di motivazione può essere dedotto con il ricorso per cassazione a condizione che siano indicati i presupposti legittimanti la pretesa applicazione di
tale causa di proscioglimento (Sez. 6, n. 5922 del 19/01/2023, Camerano, Rv. 284160; Sez. 6, n. 2175 del 25/11/2020, dep. 2021, Ugboh, Rv. 280707; Sez. 6, n. 36518 del 27/10/2020, Rodio, Rv. 280118). Nel caso di specie, pertanto, è sufficiente riferire che la difesa non ha documentato di aver chiesto l’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen. in sede di precisazione delle conclusioni né in grado di appello, né in primo grado.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deciso il 19 dicembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presid