Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28428 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 28428 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 03/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a BARI il 13/09/1969
avverso la sentenza del 28/03/2024 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni della Procura Generale, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME, nel senso dell’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento di cui in epigrafe, la Corte d’appello di Bari ha confermato la condanna di NOME COGNOME in merito al reato di cui all’art. 95 d.P.R. 30 giugno 2002, n. 115, aggravato dall’aver ottenuto l’ammissione al beneficio. Trattasi di reato nella specie integrato dall’aver l’imputato falsamente dichiarato nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, depositata il 25 maggio 2017, di essere nelle condizioni previste per l’ammissione al beneficio, essendo «il reddito complessivo relativo agli anni 2015 e 2016 … pari a 0,00 C»; dichiarazione accertata non essere corrispondente al vero, essendo stato rilevato un reddito per il 2016 pari a 13.914,50 euro, superiore alla soglia di ammissibilità al beneficio.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su un motivo deducente violazione di legge e contraddittorietà della motivazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
La Corte territoriale avrebbe errato nel ritenere accertato il reato in considerazione del riferimento al reddito percepito nel 2016, non essendo maturato al momento della presentazione dell’istanza l’obbligo di presentazione della relativa dichiarazione, comunque all’epoca non depositata. Sicché, rilevando ai fini dell’ammissione al beneficio il reddito percepito nel 2015, i giudici di merito avrebbero dovuto assolvere l’imputato per l’insussistenza del fatto, non essendo stata accertata la falsità circa la detta annualità.
La Procura generale ha concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Come sintetizzato in sede di ricostruzione del fatto processuale, la fattispecie per cui vi è stata condanna per il reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115 del 2002, aggravato dall’aver ottenuto l’ammissione al beneficio, è caratterizzata dall’aver l’imputato falsamente dichiarato nell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, depositata il 25 maggio 2017, di essere nelle condizioni previste per l’ammissione al beneficio, essendo «il reddito complessivo relativo agli anni 2015 e 2016 … pari a 0,00 C». Trattasi di dichiarazione accertata come
non corrispondente al vero, essendo stato rilevato un reddito per il 2016 pari a 13.914,50 euro, superiore alla soglia di ammissibilità al beneficio.
In tesi difensiva, l’accertata fattispecie non sarebbe sussumibile nell’astratta previsione di cui all’art. 95 d.P.R. n. 309 del 1990, pur interpretato dalla Suprema Corte nel senso per cui il delitto è integrato dalle false indicazioni o dalle omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni altra dichiarazione prevista per l’ammissione al beneficio, indipendentemente dall’effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio (di cui a Sez. U n. 6591 del 27/11/2008, del 2009, Infanti, Rv. 242153 – 01).
3.1. Si argomenta dalla circostanza per cui la falsità ha avuto a oggetto il reddito relativo a un anno (il 2016) non rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio richiesta il 25 maggio 2017, per non essere ancora scaduto alla data dell’istanza il termine per la presentazione della relativa dichiarazione, nella specie non ancora depositata all’atto del deposito dell’istanza.
3.2. A sostegno dell’assunto interpretativo si richiama sostanzialmente altro principio, ancorché sancito in materia di condizioni di ammissibilità al beneficio, da applicarsi in uno con l’approdo ermeneutico delle citate Sezioni Unite «Infanti».
Il riferimento è al principio in forza del quale, per come specificato dalla più recente giurisprudenza di legittimità che in questa sede si condivide, l’ultima dichiarazione cui si deve fare riferimento per l’individuazione del reddito rilevante ai fini dell’ammissione al beneficio è quella rispetto alla quale, al momento del deposito dell’istanza, è scaduto il termine per la presentazione, salvo che il richiedente abbia presentato una nuova dichiarazione, il cui termine sia maturato ma non ancora scaduto, dovendo farsi riferimento, in tal caso, a quest’ultima (si vedano, ex plurimis, Sez. 4, n. 43738 del 06/11/2024, COGNOME, Rv. 287208 01; Sez. 16875 del 12/03/2024, COGNOME, Rv. 286177 – 01).
Per dare risposta alla questione giuridica in ragione della peculiare fattispecie, occorre evidenziare che a partire dalle citate Sez. U, n. 6591 del 27/11/2008, del 2009, Infanti, è costantemente ribadito il principio per cui integrano il delitto in oggetto le false indicazioni o le omissioni anche parziali dei dati di fatto riportati nella dichiarazione sostitutiva di certificazione o in ogni alt dichiarazione prevista per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, indipendentemente dall’effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio.
4.1. L’approdo ermeneutico, in estrema sintesi, fonda sulla circostanza per cui la falsità nella dichiarazione sostitutiva (artt. 95 e 79, lett. c, d.P.R. n. 11 del 2002) è connessa all’ammissibilità dell’istanza non a quella del beneficio (di cui all’art. 96, comma 1, del medesimo d.P.R.). Ciò in quanto solo l’istanza ammissibile genera obbligo del magistrato di decidere nel merito della sussistenza dei presupposti per l’ammissione al beneficio. L’inganno potenziale, della falsa attestazione di dati necessari per determinare al momento dell’istanza le condizioni di reddito rilevano dunque sul giudizio di ammissione dell’istanza quand’anche le alterazioni od omissioni di fatti veri risultino poi ininfluenti per il superamento del limite di reddito previsto dalla legge per l’ammissione al beneficio; a nulla rilevando in senso contrario che si tratti di reddito inferiore al limite stabilito dalla legge per l’ammissione al beneficio.
L’incriminazione del delitto in oggetto, essendo il reato di falso di pura condotta, ha funzione di sbarramento dell’evento di danno ulteriore. Esso si correla da un lato al generale «principio antielusivo», che s’incardina sulla capacità contributiva ai sensi dell’art. 53 Cost. e, perciò, sull’art. 3 Cost., e dall’altro all’art. 24, comma 3, Cost., ulteriore corollario del citato art. 3, osservanza del quale l’art. 98 cod. proc. pen. prevede la disciplina del patrocinio dei non abbienti a spese dello Stato. Sicché, la punibilità del reato di pura condotta in oggetto si rapporta al dovere di lealtà del singolo verso le istituzioni, quindi ben oltre il pericolo di profitto ingiusto.
Nei termini di cui innanzi sono state escluse dalle Sezioni Unite «Infanti» l’innocuità e l’inutilità della falsità correlate a una soglia di ammissione al beneficio, che non risulta prevista dalla norma incriminatrice. L’innocuità del falso in un atto pubblico, in generale, non va per sé ritenuta con riferimento all’uso che s’intende fare del documento, che non è necessario a integrare la condotta incriminata, e può altrimenti integrare estremi di reato diverso. La lettera dell’art. 95 d.P.R. 115 del 2002 non condiziona la rilevanza dell’offesa della pubblica fede al fine patrimoniale dell’atto falso e non opera specifica addizione di qualifica all’evento di pericolo o all’intenzione di risultato dell’agente (dolo specifico). Sicché, falsità non può ritenersi innocua secondo il parametro dell’evento ovvero inutile secondo parametro del dolo. È questa difatti la ragione di previsione dell’evento di danno come mera aggravante (da parte dello stesso citato art. 95). Ne consegue che, se il reato concerne la parte determinativa della dichiarazione la valutazione d’inidoneità all’inganno non può essere implicata dal rilievo che la determinazione non è stata fatta propria dal magistrato, che abbia respinto l’istanza. L’inidoneità del falso o dell’omissione va apprezzata con riferimento a quanto il magistrato potesse intendere, prima di decidere nel merito. E, a maggior ragione, l’inidoneità non può desumersi dalla
prova certa di sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione a beneficio, che si consegue dopo. L’inganno potenziale, della falsa attestazione di dati necessari per determinare al momento dell’istanza le condizioni di reddito, sussiste quand’anche le alterazioni od omissioni di fatti veri risultino poi ininfluenti per il superamento del limite di reddito, previsto dalla legge per l’ammissione al beneficio (per l’applicazione del principio si vedano, ex plurimis: Sez. 4, 40943 del 18/09/2015, Di Rosa, Rv. 264711 – 01; nonché la successiva Sez. 4, n. 20836 del 16/04/2019, COGNOME, Rv. 276088 – 01, la quale, seguita in senso conforma da Sez. 4, n. 23/11/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282716 01, ha precisato che per integrare il reato di falso in oggetto la falsità deve comunque riguardare la sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, essendo invece irrilevante la falsità ricadente su altre circostanze, nella specie l’omessa dichiarazione da parte del richiedente della sua condizione di sorvegliato speciale).
Nella stessa prospettiva è stata altresì dichiarata la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale – per violazione degli artt. 2, 3, 24 e 27 Cost. – dell’art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002, nella parte in cui prevede la responsabilità penale di colui che dichiari un reddito diverso da quello effettivamente percepito, pur quando quest’ultimo gli avrebbe consentito di essere ammesso al gratuito patrocinio, non essendo tale disposizione censurabile sotto il profilo della ragionevolezza, in quanto espressione dell’esercizio legittimo e insindacabile del potere legislativo (Sez. 4, n. 18107 del 16/03/2017, COGNOME, Rv. 269806 – 01).
4.2. Orbene, la tesi difensiva non ha pregio in considerazione dell’evidenziato iter logico-giuridico sotteso alle citate Sezioni Unite «RAGIONE_SOCIALE» e del rilievo che ai fini del giudizio sull’ammissibilità dell’istanza, di cui all’art. d.P.R. n. 115 del 2002, il legislatore conferisce a quanto attestato dal richiedente circa la sussistenza delle condizioni di reddito senza trascurare le rilevanti variazioni reddituali, come emerge dalla previsione, a pena d’inammissibilità dell’istanza, dell’impegno a comunicarle quando intervenute.
La falsità nella dichiarazione sostitutiva (artt. 95 e 79, lett. c, d.P.R. n. 115 del 2002) è difatti connessa all’ammissibilità dell’istanza non a quella del beneficio (di cui all’art. 96, comma 1, del medesimo d.P.R.): è l’istanza ammissibile che genera l’obbligo del magistrato di decidere nel merito della sussistenza dei presupposti per l’ottenimento del beneficio.
Nella specie, con riferimento a una richiesta di ammissione del 25 maggio 2017, la dichiarazione ha avuto a oggetto oltre al reddito del 2015, il termine di presentazione della cui dichiarazione era già decorso, anche la falsa insussistenza di variazioni rilevanti invece intervenute per il 2016, anno con
riferimento al quale non era ancora decorso il termine di presentazione della dichiarazione (comunque non presentata). Ciò ha determinato l’inganno
potenziale per il giudice circa l’ammissibilità di una istanza inammissibile in ragione delle modificazioni rilevanti del reddito già intervenute, cui è conseguito
l’obbligo di decidere nel merito della sussistenza dei presupposti del beneficio.
Concernendo il reato la parte determinativa della dichiarazione, la valutazione d’inidoneità all’inganno non può fondarsi sul rilievo che la
determinazione falsa abbia avuto a oggetto non i redditi di cui all’anno di riferimento bensì l’insussistenza di variazioni rilevanti, invece intervenute.
L’inidoneità del falso va difatti apprezzata con riferimento a quanto il magistrato potesse intendere, prima di decidere nel merito, e, nella specie, la falsa
dichiarazione è stata potenzialmente idonea a fondare un giudizio di ammissibilità dell’istanza prodromico al giudizio sul merito di essa.
Le suesposte conclusioni, infine, non sono confutate da Sez. 4, n. 43842 del
04/07/2017, COGNOME a cui fa riferimento esplicito il ricorrente, per la quale ai fini della sussistenza del reato in oggetto occorre verificare la falsità con
riferimento all’esercizio fiscale rilevante per l’ammissibilità dell’istanza di ammissione al beneficio. La fattispecie posta all’attenzione della Suprema Corte è difatti differente dall’attuale. Essa era caratterizzata dalla dichiarazione da parte del richiedente, in relazione a un’istanza del gennaio 2010, delle consistenze reddituali dell’anno di riferimento, il 2008, e da una falsità accertata in ragione dell’emersione di un reddito diverso ma con rifermento al 2009 e non oggetto di dichiarazione nell’istanza di ammissione al beneficio.
In conclusione, al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.