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Falsa dichiarazione gratuito patrocinio: è reato?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio nei confronti di un imputato che aveva dichiarato un reddito inferiore al reale. La Corte ha stabilito che il reato sussiste anche se il reddito effettivo rientrava comunque nei limiti per l’accesso al beneficio. La condotta penalmente rilevante è la menzogna stessa, in quanto le omissioni (redditi da lavoro e parte della pensione di un familiare) sono state ritenute indici inequivocabili di dolo e non di semplice errore.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione Gratuito Patrocinio: Quando la Bugia è Reato a Prescindere

Compilare un’autocertificazione per accedere a un beneficio statale richiede massima attenzione e onestà. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 5154/2024) ribadisce un principio fondamentale: la falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio costituisce reato anche se, conti alla mano, si avrebbe comunque avuto diritto al beneficio. La legge, infatti, punisce la menzogna in sé, a tutela della correttezza e della trasparenza dei rapporti con l’amministrazione della giustizia.

I Fatti del Caso: Una Dichiarazione Reddituale Incompleta

Il caso esaminato riguarda un cittadino condannato sia in primo grado che in appello per aver presentato dichiarazioni non veritiere al fine di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Nello specifico, l’imputato aveva dichiarato un reddito di circa 6.700 euro, omettendo però di indicare i redditi percepiti da una propria attività lavorativa e riportando l’importo della pensione del padre in misura inferiore a quella reale. Il reddito effettivo del nucleo familiare ammontava a oltre 11.700 euro.

La difesa dell’imputato sosteneva che, nonostante la discrepanza, il reddito reale rientrava comunque nei limiti di legge previsti all’epoca per l’accesso al beneficio. Pertanto, secondo la tesi difensiva, la dichiarazione infedele non aveva prodotto alcun danno concreto allo Stato e doveva essere considerata al più un errore colposo, non un atto intenzionale (doloso).

I Motivi del Ricorso e la Prova della Falsa Dichiarazione per il Gratuito Patrocinio

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Mancanza dell’elemento soggettivo (dolo): Si sosteneva che la Corte d’Appello avesse presunto la sua colpevolezza basandosi su un “non poteva non sapere”, senza fornire una prova rigorosa dell’intenzione di mentire.
2. Irrilevanza della falsità: Poiché il reddito effettivo consentiva comunque l’accesso al beneficio, la difformità dichiarata non era rilevante ai fini della configurazione del reato.
3. Intervenuta prescrizione: Secondo la difesa, il reato si era estinto per il decorso del tempo prima della sentenza di appello.

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i motivi, confermando la condanna.

Le Motivazioni: Perché la “Malafede” è Stata Ritenuta Provata?

La Suprema Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello adeguata e priva di vizi logici. Secondo i giudici, la falsità delle dichiarazioni non poteva essere considerata frutto di un errore o di una semplice disattenzione. L’aver omesso di dichiarare i propri redditi da lavoro e l’aver indicato un importo inferiore per la pensione del padre sono stati considerati “sicuri e precisi indici rivelatori della malafede dell’imputato”.

Il punto centrale della decisione risiede nella natura del reato previsto dall’art. 95 del d.P.R. 115/2002. La norma punisce la condotta di chi presenta false dichiarazioni o omette informazioni, indipendentemente dall’effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio. Si tratta di un reato che non richiede il “dolo specifico”, cioè il fine di ottenere un vantaggio indebito, ma è sufficiente il “dolo generico”, ossia la coscienza e la volontà di rendere una dichiarazione non veritiera. La legge mira a proteggere l’affidabilità delle autocertificazioni e il corretto funzionamento dell’amministrazione giudiziaria. La Corte ha anche respinto l’eccezione di prescrizione, ricalcolando i termini e dimostrando che il reato non era ancora estinto al momento della decisione.

Conclusioni: Un Monito sulla Correttezza delle Autocertificazioni

Questa sentenza invia un messaggio chiaro: quando si presenta un’istanza per ottenere un beneficio pubblico, la veridicità delle informazioni fornite è un requisito non negoziabile. Il reato di falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio si perfeziona con la semplice presentazione di dati non conformi al vero, a prescindere dal fatto che il richiedente avesse o meno diritto al beneficio. Le omissioni significative, come quelle relative a fonti di reddito personali, vengono interpretate dalla giurisprudenza non come sviste, ma come prove di un’intenzione fraudolenta. È quindi essenziale prestare la massima diligenza nella compilazione di tali documenti per evitare conseguenze penali.

Commettere un errore nella dichiarazione per il gratuito patrocinio è sempre reato?
No, il reato richiede il ‘dolo’, cioè l’intenzione di dichiarare il falso. Tuttavia, secondo la sentenza, omettere intere fonti di reddito (come il proprio lavoro) non è considerato un semplice errore (colpa), ma un chiaro indicatore della volontà di mentire.

Se il mio reddito reale è comunque sotto la soglia, una falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio è punibile?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato consiste nel presentare una dichiarazione falsa, indipendentemente dal fatto che si avesse o meno diritto al beneficio. La norma protegge la correttezza delle informazioni fornite all’amministrazione della giustizia.

Che tipo di intenzione è richiesta per questo reato?
È sufficiente il ‘dolo generico’, ovvero la consapevolezza e la volontà di presentare una dichiarazione non veritiera. Non è necessario dimostrare il ‘dolo specifico’, cioè lo scopo di ottenere un beneficio che altrimenti non sarebbe spettato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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