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Falsa dichiarazione gratuito patrocinio: dolo e tenuità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una persona condannata per falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio. L’imputata aveva attestato un reddito di € 8.400 a fronte di uno reale di € 14.475. La Corte ha confermato che la notevole differenza è sufficiente a provare il dolo (intenzionalità) e ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data la gravità della condotta e il beneficio indebitamente ottenuto.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Dichiarazione per il Gratuito Patrocinio: Dolo e Particolare Tenuità del Fatto secondo la Cassazione

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta il tema della falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio, un reato che sanziona chi attesta il falso per ottenere l’assistenza legale a spese dello Stato. La pronuncia chiarisce due aspetti fondamentali: come si dimostra l’intenzione di commettere il reato (il dolo) e quando l’illecito può essere considerato così lieve da non essere punito.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una persona condannata in primo grado e in appello per aver violato l’art. 95 del D.P.R. 115/2002. Nello specifico, per l’anno 2016, aveva presentato un’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, autocertificando un reddito di 8.400 euro. Tuttavia, le verifiche successive hanno accertato che il reddito complessivo percepito era in realtà di 14.475 euro, una cifra significativamente superiore a quella dichiarata e, presumibilmente, al limite di legge per accedere al beneficio.

Contro la sentenza di condanna della Corte d’Appello, l’imputata ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha basato il ricorso su due argomentazioni principali:

1. Mancanza dell’elemento soggettivo: Si sosteneva un’errata applicazione della legge penale riguardo alla prova del dolo. Secondo la difesa, non era stata dimostrata la volontà cosciente di presentare una dichiarazione falsa.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: Si contestava la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131-bis del codice penale, una norma che esclude la punibilità per i reati considerati di minima gravità.

Le motivazioni della Corte di Cassazione sulla falsa dichiarazione gratuito patrocinio

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile, confermando la condanna. Le motivazioni della decisione offrono importanti spunti interpretativi.

Sull’Elemento Soggettivo del Reato: il Dolo

La Corte ha ribadito che per il reato di falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio è sufficiente il dolo generico. Ciò significa che non è necessario dimostrare un fine specifico (come l’intenzione di truffare lo Stato), ma basta la coscienza e la volontà di presentare una dichiarazione non veritiera o di omettere informazioni rilevanti. I giudici hanno sottolineato che la prova del dolo può essere desunta da elementi oggettivi. Nel caso di specie, la rilevante differenza tra il reddito dichiarato (8.400 euro) e quello effettivamente percepito (14.475 euro) è stata considerata un elemento decisivo. Secondo la Corte, è impossibile che l’imputata non fosse a conoscenza della falsità della sua dichiarazione, dato che i redditi omessi erano stati percepiti direttamente da lei.

Sulla Causa di Non Punibilità per Particolare Tenuità del Fatto

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ricordato che la valutazione sulla tenuità del fatto è un giudizio complesso, affidato al giudice di merito, che deve considerare tutti gli aspetti del caso concreto secondo i criteri dell’art. 133 del codice penale (modalità della condotta, gravità del danno, grado di colpevolezza).

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. basandosi su due elementi decisivi:

1. La sproporzione significativa tra i redditi dichiarati e quelli reali.
2. Il fatto che, attraverso la condotta omissiva, l’imputata avesse effettivamente conseguito il beneficio del gratuito patrocinio.

Questi fattori, secondo i giudici, delineano una condotta di offensività non trascurabile, che non può essere qualificata come di particolare tenuità.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione conferma un orientamento rigoroso in materia di falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio. La decisione stabilisce due principi chiari: primo, una notevole e ingiustificata differenza tra il reddito dichiarato e quello effettivo è un forte indizio, quasi una prova, della volontà di commettere il reato. Secondo, l’aver concretamente ottenuto il beneficio a seguito della falsa dichiarazione è un elemento che, unito alla gravità dell’omissione, impedisce di considerare il fatto di lieve entità e, quindi, non punibile. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza della correttezza e completezza nelle dichiarazioni per l’accesso a benefici statali.

Per il reato di falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio è necessario un fine specifico?
No, è sufficiente il dolo generico, ovvero la coscienza e la volontà di presentare una dichiarazione non veritiera. La Corte ha specificato che la notevole differenza tra il reddito dichiarato e quello effettivo dimostra questa consapevolezza.

Una omissione nella dichiarazione dei redditi per il gratuito patrocinio è sempre punibile?
La punibilità può essere esclusa se il fatto è di ‘particolare tenuità’ (art. 131 bis c.p.). Tuttavia, in questo caso, la Corte ha ritenuto che la rilevante sproporzione dei redditi e l’effettivo conseguimento del beneficio non permettessero di considerare il fatto tenue e quindi non punibile.

Cosa succede se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La sentenza impugnata diventa definitiva. Come stabilito in questo caso, la parte che ha proposto il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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