Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5376 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5376 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MARINO il 07/05/1981
avverso la sentenza del 20/03/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Corte di Appello di Palermo, con la sentenza ora impugnata, ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale monocratico di Trapani, con la quale NOME COGNOME stata ritenuta responsabile del reato di cui all’art. 95 del D.P.R. 30 maggio 2002 nr. 115, per aver omesso di dichiarare nella dichiarazione sostitutiva di certificazione per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, l’anno 2016, l’esistenza di redditi difformi da quelli reali, avendo autocertificat reddito pari a euro 8.4000, laddove la stessa aveva in realtà percepito un reddi complessivo pari a euro 14.475.
Avverso la sentenza, l’imputata, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso formulando due motivi, con i quali deduce: 1) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener con nell’applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussiste dell’elemento soggettivo del reato; 2) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazio della legge penale in ragione della mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’arti. 131 bis cod. pen.
1 motivi in questione risultano manifestamente infondati in quanto riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corr argomenti giuridici del giudice di merito e non scanditi da specifica critica de argomentazioni a base della sentenza impugnata.
Quanto all’elemento soggettivo, va ricordato che le false indicazioni o l omissioni, anche parziali, che integrano l’elemento oggettivo del reato di cui all’a 95, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, indipendentemente dalla effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio, devono essere sorrett dal dolo generico, rigorosamente provato, che esclude la responsabilità per un difetto di controllo, di per sé integrante condotta colposa, e salva l’ipotesi del eventuale (Sez. 4, n. 37144 del 05/06/2019, COGNOME, Rv. 277129). Ciò posto sui principi operanti in materia, nella specie, la Corte territoriale, con motivazione tutto congrua e non contraddittoria, coerente coi principi affermati in sede di legittimità, ha sottolineato non solo l’elemento della rilevante differenza t redditi dichiarati e quelli percepiti, ma ha evidenziato anche che l’imputata n poteva non essere a conoscenza della falsità dichiarata avendo omesso di indicare redditi da lei stessa percepiti.
Quanto al secondo motivo di ricorso, va osservato che, per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131 bis, cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le
peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266590). A tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940). Poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito e, di conseguenza, non può essere sindacata dalla Corte di legittimità, se non nei limiti della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione postavi a sostegno. La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di quei princìpi e la relativa motivazione non presenta evidenti discrasie di ordine logico. La Corte distrettuale, infatti, ha reputato decisive, ai fini della valutazione del grado di offensività della condotta, !e effettive modalità della condotta in considerazione della rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati in sede di istanza all’ammissione al gratuito patrocinio e quelli effettivamente percepiti e l’avere, in virtù della condotta omissiva, conseguito il beneficio.
Ne deriva che il ricorso proposto va dichiarato inammissibile.
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna deia ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che appare equo e conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.