Falsa Dichiarazione Gratuito Patrocinio: Inammissibile il Ricorso se la Motivazione è Logica
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito principi fondamentali riguardo ai limiti del giudizio di legittimità e alla gravità della falsa dichiarazione per l’ammissione al gratuito patrocinio. Con la decisione in esame, i Giudici Supremi hanno dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata, confermando la condanna emessa dalla Corte d’Appello. Questo caso offre uno spunto essenziale per comprendere quando un ricorso in Cassazione non può essere accolto e come viene valutata la congruità della pena in reati di questo tipo.
I Fatti del Processo
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di una donna per il reato previsto dall’art. 95 del D.P.R. 115/2002. Tale norma sanziona chiunque presenti dichiarazioni o allegazioni false al fine di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano ritenuto l’imputata responsabile, basando la loro decisione sulle prove raccolte.
Contro la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un presunto vizio di legittimità nella valutazione dei fatti e nella determinazione della pena. In particolare, si contestava la ricostruzione probatoria e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche in misura prevalente sull’aggravante contestata.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
I Giudici hanno stabilito che le argomentazioni della difesa, sebbene formalmente presentate come vizi di legittimità, miravano in realtà a una nuova e diversa valutazione del merito della causa, un’attività preclusa alla Corte di Cassazione.
Le Motivazioni: la Falsa Dichiarazione per il Gratuito Patrocinio e i Limiti del Giudizio di Legittimità
La Corte ha articolato la sua decisione su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, ha chiarito che il ruolo della Cassazione non è quello di un “terzo grado di giudizio” dove si possono rivalutare le prove e la ricostruzione dei fatti. Il compito della Suprema Corte è verificare se la sentenza impugnata sia esente da vizi logici e se la legge sia stata applicata correttamente. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione “congrua e adeguata”, basata su criteri di inferenza corretti e massime di esperienza condivisibili. Pertanto, i motivi del ricorso che investivano l’apprezzamento del materiale probatorio sono stati respinti in quanto non pertinenti al giudizio di legittimità.
In secondo luogo, la Corte ha affrontato la questione della determinazione della pena e della mancata concessione delle attenuanti generiche. Anche su questo punto, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta immune da censure. I giudici di merito avevano giustamente posto in evidenza la “rilevante discrasia tra il reddito dichiarato e quello percepito” come indice della gravità del fatto, motivando adeguatamente sia la pena inflitta sia la decisione di non concedere un trattamento sanzionatorio più favorevole. Il giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti è una valutazione discrezionale del giudice di merito che, se sorretta da una motivazione sufficiente e non illogica, non può essere sindacata in Cassazione.
Le Conclusioni
L’ordinanza in commento rafforza un principio cardine del nostro sistema processuale: la netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Chi intende ricorrere in Cassazione deve concentrarsi su reali vizi giuridici o procedurali, non sperare in una semplice rilettura delle prove a proprio favore. Inoltre, la decisione evidenzia come la falsa dichiarazione per il gratuito patrocinio sia considerata un reato di notevole gravità, soprattutto quando la differenza tra il reddito reale e quello dichiarato è significativa. La congruità della pena, in questi casi, viene valutata tenendo conto della serietà della condotta, che mina un istituto di fondamentale importanza per la tutela del diritto di difesa dei non abbienti.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove e i fatti di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare i fatti o le prove. Il suo ruolo è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, senza entrare nel merito della ricostruzione fattuale, che è di competenza esclusiva del Tribunale e della Corte d’Appello.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché, pur presentandosi formalmente come una contestazione di vizi di legittimità, in realtà mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, un’attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.
Su quali basi la Corte ha confermato la decisione di non concedere le attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto corretta e sufficientemente motivata la decisione del giudice di merito. Quest’ultimo aveva negato le attenuanti generiche (o la loro prevalenza) in considerazione della gravità del fatto, evidenziata dalla notevole differenza tra il reddito dichiarato per ottenere il beneficio e quello effettivamente percepito dall’imputata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36604 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36604 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/09/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
A
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto a mezzo del difensore da COGNOME NOME, ritenuta responsabile nelle conformi sentenze di merito del reato di cui all’art. 95 d.P.R. 115/2002.
Considerato che le deduzioni sviluppate dalla difesa nel primo motivo di ricorso, dietro l’apparente prospettazione del vizio di legittimità, concernendo in realtà la ricostruzione e la valutazione del fatto, nonché l’apprezzamento del materiale probatorio, investono profili del giudizio rimessi alla esclusiva competenza della Corte di appello, che ha fornito, unitamente al primo giudice, una congrua e adeguata motivazione, esente da vizi logici, perché basata su corretti criteri di inferenza, espressi in un ragionamento fondato su condivisibili massime di esperienza e convergente con quello del Tribunale.
Ritenuto che i profili riguardanti la determinazione della pena in concreto irrogata e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla ritenuta aggravante sono sostenuti da conferente motivazione, avendo la Corte di merito posto in evidenza l’entità del fatto, attesa la rilevante discrasia tra il reddito dichiarato e quello percepito.
Considerato che il giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla pi idonea a realizzare l’adeguatezza della pena ed anche quella che evidenzi l’assenza di positivi elementi di valutazione (ex multis Sez. 3, n. 26908 del 22/04/2004, COGNOME, Rv. 229298; Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015, dep. 2016, Piliero, Rv. 266460). ).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore