Falsa Dichiarazione a Pubblico Ufficiale: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7748 del 2024, si è pronunciata su un caso di falsa dichiarazione a pubblico ufficiale, ribadendo principi fondamentali sui limiti del ricorso in sede di legittimità. La decisione sottolinea l’importanza di formulare motivi di ricorso specifici e giuridicamente pertinenti, evitando mere contestazioni sulla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine dalla condanna di un individuo, emessa in primo grado dal Tribunale di Rimini e confermata dalla Corte di Appello di Bologna, per il reato previsto dall’art. 495 del codice penale. L’imputato era stato ritenuto responsabile di aver fornito false dichiarazioni a un pubblico ufficiale riguardo alla propria identità e qualità personali. Ritenendo ingiusta la decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
I Motivi del Ricorso: Una Difesa Fragile
La difesa dell’imputato si basava su due argomenti principali:
1. Mancato riconoscimento della causa di non punibilità: Si lamentava una manifesta illogicità nella motivazione della Corte d’Appello per non aver applicato l’art. 131 bis c.p., che prevede la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe valutato correttamente le modalità della condotta.
2. Mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche: Il secondo motivo criticava la decisione dei giudici di merito di non concedere le attenuanti generiche, denunciando un vizio di motivazione.
L’Analisi della Corte sulla Falsa Dichiarazione a Pubblico Ufficiale
La Suprema Corte ha esaminato entrambi i motivi, giungendo a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici lo hanno ritenuto aspecifico. Hanno chiarito che il ricorso non si confrontava adeguatamente con le argomentazioni, puntuali e non illogiche, della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva infatti evidenziato le “significative modalità illecite della condotta”. La critica del ricorrente si risolveva, di fatto, in una richiesta di rivalutazione delle circostanze fattuali, un compito che esula dalle competenze della Corte di Cassazione, la quale si occupa solo della corretta applicazione del diritto (giudizio di legittimità) e non del riesame dei fatti (giudizio di merito).
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato, anzi manifestamente infondato. La Corte ha richiamato il suo consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, per negare le circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito fornisca un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adempiuto a tale onere motivazionale, rendendo la doglianza del ricorrente priva di fondamento.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di merito e il giudizio di legittimità. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. I motivi devono denunciare vizi di legge o di motivazione (come la sua totale assenza, contraddittorietà o manifesta illogicità) e non possono limitarsi a proporre una diversa lettura delle prove o delle circostanze fattuali già vagliate dai giudici dei gradi precedenti.
In questo caso, le critiche del ricorrente erano delle “mere doglianze in punto di fatto”, mascherate da vizi di motivazione. La Corte ha quindi agito in conformità con il suo ruolo, rifiutando di entrare nel merito delle valutazioni che spettano esclusivamente ai tribunali di primo e secondo grado. La conferma della condanna è stata una diretta conseguenza di questa impostazione processuale.
Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito sulla corretta redazione dei ricorsi per Cassazione. Per avere una possibilità di successo, è essenziale che i motivi di ricorso attacchino specificamente la coerenza logico-giuridica della sentenza impugnata, senza scivolare in una sterile contestazione dei fatti. La decisione conferma che, per il reato di falsa dichiarazione a pubblico ufficiale, così come per altri, le valutazioni sulla gravità del fatto e sulla personalità dell’imputato, se adeguatamente motivate, sono insindacabili in sede di legittimità. La declaratoria di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano considerati aspecifici e manifestamente infondati. Essi non contestavano vizi di legge, ma chiedevano una rivalutazione dei fatti, compito che non spetta alla Corte di Cassazione.
Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘aspecifico’?
Significa che il motivo non si confronta in modo puntuale e critico con le argomentazioni della sentenza impugnata, ma si limita a presentare lamentele generiche o a riproporre questioni di fatto già decise, senza evidenziare un vero errore di diritto o un vizio logico nella motivazione.
È sufficiente un generico riferimento a elementi decisivi per negare le attenuanti generiche?
Sì, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza citato nell’ordinanza, per motivare il diniego delle circostanze attenuanti generiche è sufficiente che il giudice di merito faccia un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti per la sua valutazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7748 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7748 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CARPI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/05/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, che ha confermato la pronunzia di primo grado emessa dal Tribunale di Rimini, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile del delitto di falsa dichiarazione a un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie di cui all’ art. 495 cod. pe
Considerato che il primo motivo di ricorso – con il quale il ricorrente denunzia una manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen.,è aspecifico – perchè non si confronta con le argomentazioni puntualmente e non illogicamente svolte, sul punto, dalla Corte territoriale a riguardo delle significative modalità illecite della condotta (pag.3)- e non è consentito in sede di legittimità, perché costituito da mere doglianze in punto di fatto, che richiedono alla Corte di Cassazione una rivalutazione delle modalità stesse e delle sue forme di manifestazione, compito riservato al giudice di merito;
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia vizi della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, nel motivare il diniego del beneficio richiesto, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, com avvenuto nella specie (si veda, in particolare, pag. 4);
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07 febbraio 2024
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Il Presidente