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Falsa denuncia smarrimento: dolo e inammissibilità

Un soggetto, dopo la revoca della patente, effettua una falsa denuncia di smarrimento per tentare di sostenere nuovamente l’esame di guida. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna per il reato di falso. L’ordinanza chiarisce che per tale illecito è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza di dichiarare il falso, rendendo irrilevante lo scopo finale perseguito dall’imputato. L’inammissibilità è stata motivata anche dalla genericità dei motivi di ricorso.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa denuncia smarrimento patente: dolo generico e motivi di inammissibilità

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a pronunciarsi su un caso di falsa denuncia smarrimento di un documento, offrendo importanti chiarimenti sulla configurabilità del reato e sui requisiti di ammissibilità del ricorso. La decisione sottolinea come, ai fini del reato di falso, l’intenzione specifica dell’autore sia irrilevante quando sussiste la piena consapevolezza di dichiarare il falso a un pubblico ufficiale.

Il caso: la denuncia di smarrimento di una patente già revocata

I fatti alla base della vicenda riguardano un imputato condannato nei gradi di merito per aver falsamente denunciato lo smarrimento della propria patente di guida. Il dettaglio cruciale è che il documento, in realtà, non era stato smarrito, ma gli era stato precedentemente revocato con un provvedimento del Prefetto. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, cercando di ribaltare la decisione della Corte di Appello.

I motivi del ricorso e la decisione della Cassazione sulla falsa denuncia smarrimento

Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre motivi principali, tutti rigettati dalla Suprema Corte che ha dichiarato il ricorso inammissibile. Analizziamoli nel dettaglio.

Il primo motivo: la prospettazione di fatto

L’imputato sosteneva di aver denunciato lo smarrimento di una patente diversa da quella revocata. La Corte ha ritenuto questa censura inammissibile in quanto non costituiva una critica legittima al provvedimento impugnato, ma una semplice riproposizione di una diversa versione dei fatti. In sede di legittimità, non è possibile riesaminare il merito della vicenda, a meno che non si dimostri un palese ‘travisamento della prova’, cosa che il ricorrente non è riuscito a fare.

Il secondo motivo: l’irrilevanza del fine ultimo e il dolo generico

Il punto centrale del ricorso riguardava l’elemento soggettivo del reato. La difesa asseriva che l’obiettivo della falsa denuncia smarrimento non era ottenere un illecito permesso provvisorio, ma semplicemente poter sostenere nuovamente l’esame di abilitazione alla guida. La Cassazione ha smontato questa tesi, ribadendo un principio consolidato: i reati di falso come quello contestato (artt. 476-483 c.p.) richiedono solo il dolo generico. Questo significa che è sufficiente la consapevolezza e la volontà di compiere l’atto falso (la denuncia), mentre le finalità ulteriori perseguite dall’autore sono del tutto irrilevanti per la configurabilità del reato.

Il terzo motivo: la genericità delle censure

Infine, il ricorrente contestava la sussistenza della recidiva e la determinazione della pena. Anche questo motivo è stato giudicato generico e, quindi, inammissibile. La Corte ha evidenziato come l’imputato non avesse indicato elementi specifici a sostegno delle sue critiche, limitandosi ad una generica allegazione delle sue ‘reali intenzioni’. Un motivo di ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico e indicare chiaramente i punti della decisione che si contestano e le ragioni giuridiche a supporto, come previsto dall’art. 581, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha agito in stretta aderenza ai principi che regolano il giudizio di legittimità. Ha riaffermato che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. I motivi del ricorso sono stati ritenuti una ‘irrituale prospettazione di elementi di fatto’, inidonei a scalfire la coerenza logica della sentenza impugnata. Di conseguenza, oltre a dichiarare l’inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nell’aver proposto un’impugnazione palesemente infondata.

Le conclusioni

L’ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che dichiarare falsamente lo smarrimento di un documento per qualsiasi scopo costituisce reato, essendo sufficiente la coscienza e volontà della falsità della dichiarazione (dolo generico). In secondo luogo, evidenzia l’importanza cruciale di redigere un ricorso per Cassazione in modo tecnicamente corretto, con motivi specifici, pertinenti e fondati su questioni di diritto, evitando di riproporre semplici contestazioni sui fatti già valutati dai giudici di merito. Un ricorso generico o fattuale è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

È reato denunciare lo smarrimento di una patente di guida che in realtà è stata revocata?
Sì, secondo la Corte, tale condotta integra un reato di falso, in quanto si dichiara falsamente a un pubblico ufficiale un fatto (lo smarrimento) per ottenere un atto basato su tale dichiarazione.

Se lo scopo della falsa denuncia smarrimento non è ottenere un duplicato, ma solo sostenere di nuovo l’esame di guida, il reato sussiste comunque?
Sì, la Corte ha stabilito che per questo tipo di reato è sufficiente il ‘dolo generico’, ovvero la consapevolezza e la volontà di fare una dichiarazione falsa. Il fine specifico che l’autore si prefigge è irrilevante ai fini della configurabilità del reato.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
In questo caso, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano troppo generici e si limitavano a presentare una versione dei fatti diversa da quella accertata nei gradi precedenti, senza dimostrare un errore giuridico o un vizio logico della motivazione della sentenza impugnata, come richiesto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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