Falsa denuncia smarrimento patente: dolo generico e motivi di inammissibilità
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, torna a pronunciarsi su un caso di falsa denuncia smarrimento di un documento, offrendo importanti chiarimenti sulla configurabilità del reato e sui requisiti di ammissibilità del ricorso. La decisione sottolinea come, ai fini del reato di falso, l’intenzione specifica dell’autore sia irrilevante quando sussiste la piena consapevolezza di dichiarare il falso a un pubblico ufficiale.
Il caso: la denuncia di smarrimento di una patente già revocata
I fatti alla base della vicenda riguardano un imputato condannato nei gradi di merito per aver falsamente denunciato lo smarrimento della propria patente di guida. Il dettaglio cruciale è che il documento, in realtà, non era stato smarrito, ma gli era stato precedentemente revocato con un provvedimento del Prefetto. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, cercando di ribaltare la decisione della Corte di Appello.
I motivi del ricorso e la decisione della Cassazione sulla falsa denuncia smarrimento
Il ricorrente ha basato la sua difesa su tre motivi principali, tutti rigettati dalla Suprema Corte che ha dichiarato il ricorso inammissibile. Analizziamoli nel dettaglio.
Il primo motivo: la prospettazione di fatto
L’imputato sosteneva di aver denunciato lo smarrimento di una patente diversa da quella revocata. La Corte ha ritenuto questa censura inammissibile in quanto non costituiva una critica legittima al provvedimento impugnato, ma una semplice riproposizione di una diversa versione dei fatti. In sede di legittimità, non è possibile riesaminare il merito della vicenda, a meno che non si dimostri un palese ‘travisamento della prova’, cosa che il ricorrente non è riuscito a fare.
Il secondo motivo: l’irrilevanza del fine ultimo e il dolo generico
Il punto centrale del ricorso riguardava l’elemento soggettivo del reato. La difesa asseriva che l’obiettivo della falsa denuncia smarrimento non era ottenere un illecito permesso provvisorio, ma semplicemente poter sostenere nuovamente l’esame di abilitazione alla guida. La Cassazione ha smontato questa tesi, ribadendo un principio consolidato: i reati di falso come quello contestato (artt. 476-483 c.p.) richiedono solo il dolo generico. Questo significa che è sufficiente la consapevolezza e la volontà di compiere l’atto falso (la denuncia), mentre le finalità ulteriori perseguite dall’autore sono del tutto irrilevanti per la configurabilità del reato.
Il terzo motivo: la genericità delle censure
Infine, il ricorrente contestava la sussistenza della recidiva e la determinazione della pena. Anche questo motivo è stato giudicato generico e, quindi, inammissibile. La Corte ha evidenziato come l’imputato non avesse indicato elementi specifici a sostegno delle sue critiche, limitandosi ad una generica allegazione delle sue ‘reali intenzioni’. Un motivo di ricorso, per essere ammissibile, deve essere specifico e indicare chiaramente i punti della decisione che si contestano e le ragioni giuridiche a supporto, come previsto dall’art. 581, comma 1, lett. c), del codice di procedura penale.
Le motivazioni della Corte
La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha agito in stretta aderenza ai principi che regolano il giudizio di legittimità. Ha riaffermato che il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. I motivi del ricorso sono stati ritenuti una ‘irrituale prospettazione di elementi di fatto’, inidonei a scalfire la coerenza logica della sentenza impugnata. Di conseguenza, oltre a dichiarare l’inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nell’aver proposto un’impugnazione palesemente infondata.
Le conclusioni
L’ordinanza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, conferma che dichiarare falsamente lo smarrimento di un documento per qualsiasi scopo costituisce reato, essendo sufficiente la coscienza e volontà della falsità della dichiarazione (dolo generico). In secondo luogo, evidenzia l’importanza cruciale di redigere un ricorso per Cassazione in modo tecnicamente corretto, con motivi specifici, pertinenti e fondati su questioni di diritto, evitando di riproporre semplici contestazioni sui fatti già valutati dai giudici di merito. Un ricorso generico o fattuale è destinato all’inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
È reato denunciare lo smarrimento di una patente di guida che in realtà è stata revocata?
Sì, secondo la Corte, tale condotta integra un reato di falso, in quanto si dichiara falsamente a un pubblico ufficiale un fatto (lo smarrimento) per ottenere un atto basato su tale dichiarazione.
Se lo scopo della falsa denuncia smarrimento non è ottenere un duplicato, ma solo sostenere di nuovo l’esame di guida, il reato sussiste comunque?
Sì, la Corte ha stabilito che per questo tipo di reato è sufficiente il ‘dolo generico’, ovvero la consapevolezza e la volontà di fare una dichiarazione falsa. Il fine specifico che l’autore si prefigge è irrilevante ai fini della configurabilità del reato.
Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
In questo caso, il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano troppo generici e si limitavano a presentare una versione dei fatti diversa da quella accertata nei gradi precedenti, senza dimostrare un errore giuridico o un vizio logico della motivazione della sentenza impugnata, come richiesto dalla legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 2934 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 2934 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/10/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GIOIA TAURO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/02/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano che ne ha confermato la condanna per il reato di cui agli artt. 48, 476, 483 cod. pen.;
osservato che non deve aversi riguardo alla memoria difensiva presentata il 16 ottobre 2023, ossia tardivamente rispetto all’udienza del giorno 18 ottobre 2023 (art. 611, comma 1, cod. proc pen.; cfr. Sez. 7, ord. n. 23092 del 18/02/2015, Fratello, Rv. 263641 – 01, che condivisibilmente osservato che «il disposto dell’art. 611 cod. proc. pen. impone alle parti di depositare mem entro il termine di quindici giorni prima dell’udienza camerale», a pena di inammissibilità, «on consentire alle altre parti di prenderne visione ed esercitare le facoltà deduttive di replica»);
ritenuto che il primo motivo di ricorso – con cui si denuncia, sub specie della violazione della legge penale e del vizio di motivazione, che l’imputato avrebbe denunciato lo smarrimento di una patente di guida diversa da quella già revocata con provvedimento del Prefetto del 19 ottobre 2012 – non contiene compiute censure di legittimità in quanto non muove un’effettiva critica nei confro del provvedimento impugnato bensì una prospettazione di fatto senza addurre il travisamento della prova (Sez. 2, n. 46288 del 28/06/2016, NOME, Rv. 268360 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21 gennaio 2013, NOME, Rv. 254584 – 01);
ritenuto che il secondo motivo di ricorso – con cui si prospettano il vizio di motivazione violazione della legge penale in ordine alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, presupposto che l’odierno ricorrente non avrebbe denunciato lo smarrimento della patente per ottenere il permesso provvisorio, ma allo scopo di sostenere di nuovo l’esame di abilitazione al guida – è manifestamente infondato dal momento che l’illecito penale di cui agli artt. 476-483 co pen. richiede il dolo generico, ossia la consapevolezza e la volizione del fatto, rimanendo prive rilievo giuridico le finalità perseguite, per mezzo della falsità, dal suo autore;
rilevato che il terzo motivo di ricorso – con cui si adducono il vizio di motivazione e la viola della legge penale con riferimento alla sussistenza della recidiva e alla determinazione della pena è generico, ossia privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c), cod. proc. quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi alla base delle censure formulata – se non per il tramite della generica allegazione de «reali intenzioni dell’imputato», ossia di una irrituale prospettazione di elementi di fatto consentendo di individuare effettivamente i rilievi rispetto ai quali esercitare il richiesto si della decisione di appello;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, cui consegue ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) –
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 ottobre 2023 Il consigliere estensore COGNOME
Il Presidente