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Falsa denuncia Postepay: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21079/2024, ha rigettato il ricorso di un’imputata condannata per falsa denuncia. Aveva finto lo smarrimento di una carta prepagata per sviare le indagini da una truffa in cui era coinvolta. La Corte ha ritenuto corrette le decisioni dei giudici di merito nel negare le attenuanti e la particolare tenuità del fatto, data la gravità della condotta e i precedenti penali della donna.

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Pubblicato il 20 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Denuncia di Smarrimento: Quando Sviare le Indagini Costa Caro

Una falsa denuncia di smarrimento di una carta prepagata, presentata con l’intento di allontanare da sé i sospetti relativi a un altro reato, costituisce il delitto di simulazione di reato. La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 21079 del 2024, ha confermato questo principio, rigettando il ricorso di un’imputata e chiarendo importanti aspetti sulla valutazione della gravità del fatto e sulla concessione delle attenuanti.

I Fatti del Caso: Una Denuncia per Coprire una Truffa

Il caso riguarda una donna condannata in primo e secondo grado per aver falsamente denunciato lo smarrimento della sua carta prepagata. Questa mossa non era casuale: la carta era stata utilizzata per ricevere i proventi di una truffa commessa ai danni di un’altra persona. L’obiettivo della falsa denuncia era quindi evidente: creare un alibi, simulare di essere stata vittima a sua volta (ad esempio di un furto della carta) e, così, deviare le indagini che la collegavano al reato di truffa.

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello, tra cui la mancanza di prove certe sulla falsità della denuncia, il mancato riconoscimento della non punibilità per particolare tenuità del fatto e il diniego delle attenuanti generiche.

L’Analisi della Cassazione sulla Falsa Denuncia

La Suprema Corte ha respinto tutte le doglianze, ritenendo il ricorso infondato. I giudici hanno ribadito che il reato di simulazione di reato, previsto dall’art. 367 del codice penale, si configura con qualsiasi atto idoneo a provocare investigazioni da parte dell’autorità giudiziaria. La denuncia di smarrimento della carta, su cui erano confluite le somme illecite, era palesemente finalizzata a simulare le tracce di un reato (come il furto o l’indebito utilizzo) per sviare le indagini sulla truffa, integrando così pienamente la fattispecie criminosa.

Il Diniego della Particolare Tenuità del Fatto

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che prevede la non punibilità per fatti di particolare tenuità. La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito di negare tale beneficio. La valutazione si è basata su due elementi chiave:
1. Le modalità della condotta: La Corte ha sottolineato la “palese volontà dell’imputata di sviare le indagini”, un dolo intenso e finalizzato a ostacolare la giustizia.
2. La personalità dell’imputata: L’imputata aveva un “nutrito certificato penale”, ovvero numerosi precedenti. Questo elemento, unito alla gravità della condotta, ha escluso la possibilità di considerare il fatto come di lieve entità.

Niente Attenuanti Generiche per l’Imputata

Anche la richiesta di attenuanti generiche è stata respinta. La difesa aveva provato a valorizzare il comportamento processuale corretto e la scelta del rito abbreviato. Tuttavia, la Cassazione ha ricordato un principio consolidato: le attenuanti generiche richiedono la presenza di elementi di positiva valutazione. La sola assenza di elementi negativi non è sufficiente. Inoltre, la scelta del rito abbreviato comporta già di per sé una riduzione di pena prevista per legge e non può essere usata come ulteriore argomento per ottenere le attenuanti generiche, altrimenti si verificherebbe un’ingiustificata doppia valutazione a favore dell’imputato.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su una valutazione complessiva della vicenda. La falsa denuncia non è stata un atto isolato o di scarsa rilevanza, ma un’azione deliberata e strategica per inquinare un altro procedimento penale. I giudici hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse logica e ben argomentata, sia nel qualificare il fatto come reato, sia nel negare qualsiasi beneficio all’imputata. La presenza di un significativo curriculum criminale ha pesato in modo determinante sulla valutazione della sua personalità, escludendo la possibilità di applicare istituti come la particolare tenuità del fatto o le attenuanti generiche. Anche la quantificazione della pena è stata ritenuta adeguata alla gravità del reato e alla colpevolezza dimostrata.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce che la simulazione di reato è un delitto contro l’amministrazione della giustizia che viene punito con severità, soprattutto quando è strumentale a coprire altri illeciti. Insegna che i giudici, nel valutare la concessione di benefici come la non punibilità per tenuità del fatto o le attenuanti, considerano non solo la singola azione, ma l’intera condotta e la personalità dell’imputato, emersa anche dai suoi precedenti penali. Denunciare falsamente lo smarrimento di uno strumento di pagamento per crearsi un alibi non è una scorciatoia astuta, ma un reato che può portare a una condanna penale, come dimostra chiaramente questo caso.

Quando una denuncia di smarrimento diventa reato di simulazione?
Una denuncia di smarrimento diventa reato di simulazione (art. 367 c.p.) quando è falsa e viene presentata con lo scopo di far credere che sia avvenuto un reato (ad esempio, un furto o un indebito utilizzo della cosa smarrita), in modo da poter avviare un procedimento penale per accertarlo.

Perché non è stata concessa la non punibilità per “particolare tenuità del fatto”?
La non punibilità non è stata concessa perché i giudici hanno valutato la condotta come grave, data la palese volontà dell’imputata di sviare le indagini relative a un altro reato (truffa). Inoltre, la personalità dell’imputata, gravata da numerosi precedenti penali, è stata considerata incompatibile con il beneficio.

La scelta del rito abbreviato può giustificare la concessione delle attenuanti generiche?
No. La Corte ha chiarito che la scelta del rito abbreviato, che già di per sé comporta una riduzione di pena prevista dalla legge, non può essere utilizzata come elemento per ottenere anche le attenuanti generiche. In caso contrario, lo stesso elemento (la scelta del rito) produrrebbe due distinti benefici a favore dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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