Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 1833 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 1833 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA e da:
COGNOME NOME NOME a LOCRI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a LOCRI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME NOME MELITO DI PORTO SALVO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/06/2023 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Proc. Gen. si riporta alla requisitoria già depositata e conclude per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza in relazione alla posizione COGNOME quanto alle contestazioni provvisorie di cui ai capi 16) e 51) e rigetto dei ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME;
uditi i difensori:
l’AVV_NOTAIO rileva la mancata motivazione dell’ordinanza impugnata e insiste nell’annullamento della stessa;
l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME espone i motivi di gravame e riportandosi ai motivi ed alla memoria già depositata insiste nell’accoglimento del ricorso; l’AVV_NOTAIO COGNOME NOME si riporta ai motivi e insiste nell’accoglimento del ricorso e rigetto del ricorso del P.M.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha rigettato gli atti di appello proposti da NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dell’ordinanza con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Locri, in data 13 maggio 2023, aveva applicato nei loro confronti la misura cautelare personale interdittiva del divieto di esercitare rispettivamente la professione medico-sanitaria e la professione forense per dodici mesi.
In parziale accoglimento di analogo appello proposto da NOME COGNOME, esclusa la gravità indiziaria nei suoi confronti per i reati di cui ai capi 16 e 51 confermato il giudizio di gravità indiziaria con riferimento al residuo reato di cui capo 17, il Tribunale ha ridotto nella durata, da dodici a quattro mesi, l’analoga misura disposta nei suoi confronti.
In estrema sintesi, l’ipotesi accusatoria che ha condotto all’emissione, nei confronti di numerosi indagati, dell’ordinanza cautelare del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Locri muove da una complessa indagine che, attraverso intercettazioni ed acquisizioni documentali presso INPS e IVASS e presso alcuni Tribunali, avrebbe evidenziato la disponibilità di alcuni medici a redigere certificat falsi e ad effettuare attestazioni ideologicamente false nel registro di protocollo delle visite, facendo risultare patologie inesistenti o di gravità superiore al rea ovvero facendo emergere come avvenuti accessi all’ospedale di Locri mai eseguiti, allo scopo di far conseguire ai pazienti interessati prestazioni pensionistiche, vantaggi derivanti dal riconoscimento dei benefici di cui alla legge n. 104/1992 ovvero indennizzi assicurativi superiori al dovuto in relazione a sinistri i cui es venivano enfatizzati.
Figura centrale nell’indagine sarebbe stata quella del dottor NOME COGNOME, psichiatra, che si sarebbe dimostrato in grado di intercedere per i pazienti interessati non solo nel proprio reparto, ma anche in altri reparti e presso altri medici; tra gli altri, per l’appunto, presso gli odierni ricorrenti COGNOME e COGNOME rispettivamente ortopedico e fisiatra, con i quali il COGNOME avrebbe concorso in tutti i reati provvisoriamente loro ascritti, ad eccezione di quelli indicati nei capi 4 127, ascritti al solo NOME.
2.1. Nei confronti dello COGNOME la misura cautelare è stata disposta per i reati di falso in atto pubblico di cui ai capi 16-17-51.
I fatti di cui ai capi 16 e 17 sono tra loro strettamente legati e riguardano l vicenda del medesimo paziente: il capo 16 addebita allo COGNOME di aver certificato una visita non eseguita in data 22 dicembre 2021, mentre il capo 17 gli imputa di aver determiNOME un altro medico (la dottoressa COGNOME) a certificare
falsamente analoga visita il 17 gennaio 2021. Il capo 51 riguarda invece la certificazione degli esiti invalidanti di una frattura riportata da altra paziente.
Come si è accenNOME, rispetto al capo 16 il Tribunale del riesame ha escluso la gravità indiziaria, ritenendo che le intercettazioni abbiano certamente dato conto dell’accesso del paziente, accompagNOME da COGNOME che pretese ed ottenne che costui saltasse la fila e che lo COGNOME licenziasse altro paziente che stava visitando, allo studio del medico; e che il paziente abbia presentato al ricorrente una risonanza magnetica. Da ciò la conclusione secondo la quale il medico può aver ragionevolmente redatto la certificazione non semplicemente copiando quella precedente, bensì dopo aver esamiNOME il referto che il paziente aveva portato con sé. Con riferimento invece al capo 17, relativo alla visita successiva del medesimo paziente, secondo il Tribunale le intercettazioni hanno dato atto con chiarezza dell’ordine impartito dallo COGNOME ad una collega di copiare il precedente suo certificato, senza effettuare alcuna visita.
Dubbi analoghi a quelli espressi con riguardo al capo 16 riguardano il capo 51, relativo a diversa paziente coinvolta in un sinistro stradale e sottoposta ad intervento chirurgico. 11 17 gennaio 2022 il dottor COGNOME certificò l’avvenuta guarigione con postumi della paziente, nonostante non fosse ancora concluso l’iter fisioterapico prescritto, ma secondo il Tribunale del riesame il certificato, redatto all’esito di una reale visita, non avrebbe attestato un quantum di invalidità superiore rispetto a quello che sarebbe residuato alla paziente all’esito del completamento del percorso fisioterapico.
2.2. Nei confronti di COGNOME la misura cautelare è stata disposta per i reati di falso in atto pubblico di cui ai capi 3-4-126-127. Per tutti il Tribunale ha confermato il giudizio di gravità indiziaria.
I reati di cui ai capi 3-4 riguardano il caso di un paziente, introdotto come di consueto dal COGNOME, che voleva conseguire i benefici di cui alla legge n. 104/1992 per ottenere, quale insegnante, l’avvicinamento alla propria residenza. Secondo il Tribunale del riesame, le intercettazioni hanno evidenziato come le patologie attestate dall’odierno ricorrente nel certificato e nel registro di protoco dell’ospedale siano state indicate senza alcuna verifica, sulla base di quanto sommariamente descritto dallo stesso paziente e secondo l’indicazione, fornita dal COGNOME, di certificare uno stato di invalidità sufficientemente grave da poter far ottenere al medesimo il beneficio richiesto.
I reati di cui ai capi 126-127 riguardano il caso di altro paziente, al quale sarebbe stata modificata la diagnosi in precedenza formulata, redigendo un certificato non preceduto dalla relativa visita.
2.3. Il terzo odierno ricorrente, NOME, è invece un AVV_NOTAIO che è accusato di corruzione e di falso in atto pubblico in relazione alla falsa certificazione c
avrebbe procurato ad un proprio cliente, nell’ambito di una causa civile, corrispondendo – tramite un collega, figlio del paziente di cui ai capi 16 e 17 – una somma non superiore a 350 euro al COGNOME (capi 20-21).
LAVV_NOTAIO COGNOME difendeva un cliente in una causa ed aveva bisogno, per corrispondere ad una richiesta del consulente tecnico di ufficio, che il proprio assistito si sottoponesse ad un test, denomiNOME MMPA-2, da praticare ad opera di uno psicologo del servizio pubblico. Secondo l’accusa, l’AVV_NOTAIO avrebbe ottenuto dal AVV_NOTAIO COGNOME, psichiatra, l’intervento di una psicologa che, senza sottoporre effettivamente il paziente ad alcun test, ne avrebbe prodotto uno, conforme negli esiti a quanto desiderato. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti gravi indizi di accordo corruttivo tra NOME e NOME.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Locri, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio per nuovo giudizio sui reati di cui ai capi 16 e 51 provvisoriamente ascritti allo COGNOME.
3.1. Con il primo motivo il Pubblico ministero denuncia vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta assenza di gravità indiziaria in ordine al reato di cu al capo 16.
Il Tribunale avrebbe proceduto ad una lettura parcellizzata delle intercettazioni, valutando solo alcuni brani delle stesse, laddove, se si fosse confrontato con tutte le intercettazioni richiamate nella richiesta di misura cautelare, avrebbe raggiunto una diversa conclusione. In ogni caso, secondo il Pubblico ministero, anche a voler seguire la tesi del Tribunale, la motivazione non sarebbe meno illogica: una visita medica compiuta attraverso il mero esame di documentazione sanitaria non può definirsi tale, sicché il certificato sarebbe comunque falso; le intercettazioni stesse valorizzate dal Tribunale evidenzierebbero, comunque, il riferimento a lesioni che non sono state certificate ed alle istruzioni date dal dottore al paziente di non riferire circa la risalenza de stesse, onde non evidenziarne la genesi.
3.2. Analogo vizio è dedotto nel secondo motivo, che si riferisce al reato di cui al capo 51. La lettura completa del materiale riversato avrebbe compreso di verificare la preordinazione, già nel dicembre 2021, di quanto poi attestato nel successivo mese di gennaio, nonostante la mancata effettuazione, in quel mese, della fisioterapia prescritta.
3.3. Infine il Pubblico ministero ha evidenziato la sproporzione, per difetto, della durata della misura interdittiva, ove il ricorso fosse accolto.
Ha proposto ricorso per cassazione anche lo COGNOME.
4.1. Nel primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, con rifermento alla ritenuta gravità indiziaria del reato di cui al capo 17; giudizio ch doveva invece essere escluso sulla base delle stesse considerazioni spese dal Tribunale laddove ha esamiNOME il reato di cui al capo 16. Infatti, pacifico che il paziente aveva subito esiti traumatici consistenti, la certificazione rilasciata dall dottoressa COGNOME non potrebbe ritenersi falsa, in quanto gemella di quella, ritenuta veritiera, del mese precedente; laddove è evidente che una completa guarigione da lesioni quali quelle certificate richiede un tempo assai lungo.
Il certificato medico può essere stato rilasciato sulla base della conoscenza diretta delle condizioni del paziente.
4.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato.
Al ricorrente è contestato di aver devoluto alla collega la redazione del certificato, in un momento di concitazione nel quale egli stava per recarsi in sala operatoria, come risulterebbe dalle intercettazioni. L’ordinanza non avrebbe motivato in ordine alla sussistenza del dolo in una condotta come quella ascritta, consistita nel controllo di un paziente che presentava condizioni inalterate rispetto alla visita precedente e senza che fossero stati eseguiti esami strumentali ulteriori rispetto a quelli già in tale occasione valutati.
Ha proposto ricorso anche NOME COGNOME, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
5.1. Il ricorrente, nel caso di cui ai capi 3 e 4, si sarebbe limitato a certific quanto il paziente riferiva e quanto risultava dalla manipolazione di alcuni distrett corporei, mentre, nel caso di cui ai capi 126 e 127, avrebbe riportato le sintomatologie già attestate nelle precedenti certificazioni, frutto di valutazion conseguenti alla presa visione di esami diagnostici.
Le intercettazioni non sarebbero sufficienti a far ritenere che il medico non abbia sottoposto a visita il paziente di cui ai capi 3 e 4, essendo invece compatibili con l’effettuazione della visita e contestuale dettatura all’assistente di ciò ch doveva essere annotato nella certificazione, traducendo in termini medici quel che il paziente riferiva.
Quanto al caso di cui ai capi 126 e 127, il paziente risulterebbe sottoposto a visita per tre volte, sicché l’ultima certificazione ben poteva essere rilasciata sul base della conoscenza precisa che il medico aveva delle sue condizioni.
5.2. Sono stati depositati motivi nuovi, per sostenere l’illogicit dell’interpretazione delle intercettazioni da parte del Tribunale del riesame, attraverso il riferimento alle conformi dichiarazioni rese dall’COGNOME e dal COGNOME.
Se è vero che l’attribuzione di significato alle conversazioni intercettate è questione di merito, ricorda il ricorrente, il giudice di legittimità può p intervenire laddove l’operazione interpretativa sia assolutamente illogica, come nel caso di specie.
Il ricorso di NOME COGNOME si articola in tre motivi.
6.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge processuale, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., in relazione alle norme di cui agl artt. 121, 127, comma 2, e 178, comma 1, lett. c), stesso codice.
Erroneamente il Tribunale del riesame avrebbe dichiarato inammissibile la memoria depositata in udienza, ritenendo operante la preclusione di cui all’art. 127, comma 2, cod. proc. pen.
La motivazione del Tribunale sul punto, che fa riferimento ad una sentenza (la n. 33/2018 della Corte di cassazione) in realtà riferita a tutt’altra fattispecie, n sarebbe convincente in quanto la memoria, che non conteneva motivi nuovi, doveva invece ritenersi consentita.
6.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza della gravità indiziaria della corruzione impropria.
Richiamata giurisprudenza di legittimità in materia, sottolinea il ricorrente come nell’ordinanza impugnata non vi sia evidenza di un accordo corruttivo, ma tutt’al più di una spontanea retribuzione postuma richiesta dallo stesso COGNOME.
Come pure l’ordinanza avrebbe enunciato, senza motivarla, l’esistenza di un consolidato rapporto tra il ricorrente e il COGNOME, mentre quello per cui si procede risulterebbe essere l’unico contatto tra i due.
Il NOME si sarebbe limitato a domandare allo psichiatra la somministrazione del test chiesto dal c.t.u., e non avrebbe potuto sapere che quanto procurato sarebbe stato falso, essendo egli estraneo agli accordi tra psichiatra e psicologa e non avendo potuto conoscere se il proprio cliente si fosse o meno presentato alla psicologa stessa.
6.3. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in ordine al ritenuto concorso del COGNOME nel falso commesso materialmente da altri.
Il dato, valorizzato dal Tribunale del riesame, del ricorso del COGNOME al COGNOME per ottenere la somministrazione del testa! proprio cliente sarebbe del tutto neutro rispetto alle conclusioni, non logicamente motivate; il risultato del test sarebbe stato del resto consegNOME direttamente dal COGNOME al cliente del COGNOME, senza intervento di quest’ultimo, sicché la motivazione del Tribunale avrebbe dato per scontato ciò che invece era oggetto di dimostrazione.
6.4. Con il quarto motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione con riferimento alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari.
Richiamata una sentenza di questa Sezione che riguarderebbe una vicenda assimilabile, relativa ad un AVV_NOTAIO che aveva falsificato un’ordinanza di assegnazione di somme in una procedura esecutiva (sentenza n. 870 del 15/11/2022, dep. 2023) e ribadito come non sia consentito valorizzare la gravità astratta del reato, il ricorrente evidenzia l’occasionalità e la risalenza del condotta ascritta, sintomi di non persistente attualità delle esigenze cautelari che sarebbero state affermate senza motivazione.
E’ stata chiesta la trattazione orale.
Il Procuratore generale e i difensori di NOME hanno comunque depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Tutti i ricorsi sono inammissibili.
Occorre, in via di premessa, ribadire alcune linee interpretative consolidate, che consentiranno di rispondere ai singoli motivi di ricorso.
1.1. Anzitutto, il controllo di legittimità sulla motivazione non concerne né la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito, ma è circoscritto alla verifica che il testo dell’atto impugNOME risponda a due requisiti che lo rendono insindacabile:
l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determiNOME;
l’assenza di difetto o contraddittorietà della motivazione o di illogicità evidenti, ossia la congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento.
Con l’ulteriore precisazione, quanto alla l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, che deve essere evidente (“manifesta illogicità”), cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu °culi, dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, Petrella, Rv. 226074). Inoltre, va precisato, che il vizio della “manifesta illogicità” della motivazione deve risultare dal testo del provvedimento impugNOME, nel senso che il relativo apprezzamento va effettuato considerando che la sentenza deve essere logica “rispetto a se stessa”, cioè rispetto agli atti
processuali citati nella stessa ed alla conseguente valutazione effettuata dal giudice di merito, che si presta a censura soltanto se, appunto, manifestamente contrastante e incompatibile con i principi della logica.
Inoltre, al giudice di legittimità è preclusa – in sede di controllo del motivazione – la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, «senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali» (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME); principio ribadito sottolineando come «l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione abbia un orizzont circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento o la loro rispondenza alle acquisizione processuali, se non, in quest’ultimo caso, nelle ipotesi di errore del giudice nella lettura degli atti interni del giudizio denunciabile, sempre nel rispetto della caten devolutiva, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), ultima parte, cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 14722 del 30/01/2020, COGNOME).
1.2. Con particolare riferimento alla materia cautelare, la Corte di cassazione non può rivalutare la ricostruzione del quadro indiziario alla base del provvedimento cautelare (genetico e del riesame), poiché in tale ambito il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canori della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178), spettando, al più, al giudice di legittimità la verifica dell’adeguatezza della motivazione sugl elementi indizianti operata dal giudice di merito e della congruenza di essa ai parametri della logica, da condursi sempre entro i limiti che caratterizzano la peculiare natura del giudizio di cassazione (per tutte Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
1.3. Infine, in materia di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimess all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolez
della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715).
2. Ciò premesso, è innanzitutto inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
Questi deduce (cfr. pag. 9 del ricorso), con riferimento ai medesimi capi della decisione impugnata, tutti i vizi della motivazione previsti dall’art. 606 cod. proc pen., così incorrendo inevitabilmente nell’inammissibilità: «il ricorrente che intende denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., ha l’onere – sanzioNOME a pena di a-specificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso – di indicare su qual profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l’impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio, in quanto i m aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione» (Sez. 2, n. 38676 del 24/05/2019, COGNOME, Rv. 277518).
Rispetto ai capi impugnati non sussiste alcuna manifesta illogicità della motivazione, tale da rendersi palese ictu °cui/ dal testo del provvedimento medesimo.
Il Tribunale del riesame, infatti, ha giustificato il mancato superamento del dubbio circa l’effettività di una visita medica, o quantomeno circa la non falsità di quanto descritto nei certificati, alla luce (quanto al capo 16) della sicur presentazione del paziente al medico e dell’esame da parte di quest’ultimo degli accertamenti clinici dal primo portati con sé e (quanto al capo 51) della valutazione operata dal medico, in presenza della paziente, ritenuta non palesemente difforme dal vero alla luce della lettura delle conversazioni intercettate.
Al di là della correttezza della valutazione del materiale indiziario, che non spetta alla Corte di cassazione censurare o riconsiderare, la motivazione non è palesemente illogica.
3. Inammissibile è anche il ricorso dello COGNOME.
La motivazione resa dal Tribunale è tutt’affatto che illogica e non coglie nel segno il tentativo del ricorrente di imporre alla decisione sul capo 17 la medesima conclusione che il Tribunale ha affermato sul capo 16, alla luce di una pretesa identità di condotte che non sussiste.
Il Tribunale, infatti, ha correttamente spiegato la differenza tra i due certificat mettendo in evidenza come dalle stesse intercettazioni si evinca chiaramente come, nella seconda occasione, il certificato sia stato redatto da altro medico, su indicazione precisa del ricorrente di “copiare” il certificato precedente, e ciò prima e a prescindere dalla visita.
Non colgono nel segno le considerazioni svolte in ordine alla pretesa insussistenza del dolo, dal momento che ai fini della configurabilità del reato di falsità ideologica in atto pubblico è sufficiente il dolo generico, da ritener sussistente in presenza della falsa attestazione, contenuta nell’atto, di un accertamento in realtà mai compiuto (Sez. 5, n. 12547 del 08/11/2018, dep. 2019, Sirianni, Rv. 276505).
4. Il ricorso di COGNOME è anzitutto reiterativo dei motivi di appello, e dunqu inammissibile: in tal caso infatti il ricorso non assolve la funzione tipica di crit puntuale avverso la sentenza oggetto di impugnazione in sede di legittimità (Sez. 5, n. 3337 del 22/11/2022, dep. 2023, COGNOME, n.m.; Sez. 5, n. 21469 del 08/03/2022, COGNOME, n.m.; Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, COGNOME, Rv. 244181; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708).
Il Tribunale del riesame ha già motivatamente, ed in modo tutt’altro che illogico, respinto le critiche del ricorrente che in questa sede vengono reiterate.
Con riferimento alla vicenda di cui ai reati provvisoriamente ascritti nei capi 3 e 4, il Tribunale ha giustificato in modo ragionevole la propria decisione sulla base di intercettazioni che rendevano chiara la richiesta del COGNOME all’Arigò di favorire il paziente, interessato ai benefici previsti dalla legge n. 104/1992, paziente che al COGNOME era stato raccomandato dal «professore … il padre dell’onorevole…» (pag. 37 dell’ordinanza); come pure rendevano evidente che il medico avesse chiesto al paziente se avesse mal di schiena e costui avesse risposto positivamente, aggiungendo di avere «due dita a scatti». Il Tribunale ha chiarito che, dalla dettatura del contenuto del certificato che il medico andava facendo mentre lo predisponeva, si evincesse sia la mancata visita al paziente (tanto che è stato il medico a chiedere al paziente quale fosse la mano malata) sia che le patologie indicate fossero ben più gravi e dettagliate di quelle genericamente descritte dal paziente: patologie, cioè, certificate senza accertamento, in modo spiegabile logicamente rispetto alla premessa del mettersi a disposizione del paziente raccomandato al COGNOME e delle sue esigenze truffaldine.
Quanto alla vicenda di cui ai capi 126 e 127, allo stesso modo il Tribunale ha già risposto, in modo non palesemente illogico, alle doglianze esposte nell’appello ed oggi riproposte inammissibilmente nel ricorso, ed ha chiarito che nell’occasione indicata nei capi di imputazione la visita non è stata effettuata, come pure non
sono stati verificati esami diagnostici, essendo emersa chiaramente dalle intercettazioni la volontà di indicare nel certificato una determinata diagnosi, parzialmente diversa dalla precedente (pagg. 41-42 dell’ordinanza impugnata).
La circostanza che eventualmente altre visite siano state realmente svolte in un periodo precedente è del tutto irrilevante rispetto alla commissione del reato così come contestato.
L’inammissibilità dei motivi originari si estende ai motivi nuovi (cfr. per tutt Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME Giacinto, Rv. 277850), peraltro non contenenti decisivi rilievi ulteriori e diversi; senza contare che i motivi nuo sollecitano la Corte di legittimità alla rivalutazione di un elemento di prova qual gli interrogatori resi dagli indagati.
5. Inammissibile, infine, è il ricorso di NOME.
5.1. La questione dedotta con il primo motivo è manifestamente infondata: «Nel procedimento di appello cautelare, il deposito delle memorie difensive è regolato, non già dalla norma generale di cui all’art. 121 cod. proc. pen., bensì da quella speciale di cui al comma 2 dell’art. 127 cod. proc. pen., espressamente richiamata dall’art. 310 cod. proc. pen., con la conseguenza che deve essere rispettato, a pena di inammissibilità, il termine dilatorio di cinque giorni prim dell’udienza. (In motivazione la Corte ha aggiunto che, non essendo previsto l’onere della notificazione della memoria depositata alle parti controinteressate, detto termine è finalizzato ad assicurare l’effettività e l’adeguatezza del contraddittorio scritto in vista dell’udienza, per la quale l’intervento non obbligatorio ai sensi del comma 3 dell’art. 127 cit.)» (Sez. 1, n. 33 del 20/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274662; v. anche Sez. 2, n. 15718 del 01/03/2023, COGNOME, Rv. 284499).
5.2. Quanto al secondo ed al terzo motivo, trattabili congiuntamente, dal materiale probatorio acquisito il Tribunale ha ravvisato l’esistenza della gravità indiziaria di un patto criminoso, alimentato dallo scambio di reciproche utilità, tra il medico COGNOME e l’AVV_NOTAIO COGNOME, esempio di un rapporto tra le parti che è stato ritenuto ricorrente in ragione dell’estrema semplicità della sua conclusione: considerazione, quest’ultima, del tutto logica. E’ stato evidenziato, difatti, come l’AVV_NOTAIO ha contattato il medico per una prestazione che esulava dalla sua attività; il medico si è immediatamente attivato per la ricerca di una psicologa quando ha ricevuto la telefonata dell’AVV_NOTAIO; è stata redatta una consulenza medica senza che il paziente fosse stato visitato; ha fatto seguito la richiesta di una corresponsione economica da parte del medico; al pagamento di una somma l’AVV_NOTAIO non si è sottratto, tanto che il paziente ha rassicurato il medico che avrebbe provveduto a “regolarizzare” la propria “situazione” tramite il suo legale.
Del resto, il passaggio della motivazione dell’ordinanza che lo stesso ricorso (a pag. 22) ricorda è assai significativo: l’AVV_NOTAIO si rivolge allo psichiatra pe una questione che riguarda un proprio cliente; lo psichiatra, che non conosce il cliente e che sa che il test è di competenza di uno psicologo, anziché inviare il paziente (e l’amico AVV_NOTAIO) dallo psicologo, intercede con quel professionista per ottenere un test falsificato.
Il giudizio di gravità indiziaria, in definitiva, è stato motivato in modo tutt’a che illogico, fermo restando che la Corte di cassazione non può rivalutare gli elementi di prova né saggiarne la maggiore o minore plausibilità.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi degli imputati consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro tremila alla cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso del PM.
Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 05/12/2023