Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34699 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34699 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARDINALE NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso; uditi i difensori, avvocati COGNOME NOME e COGNOME NOME, che richiamano i propri scritti difensivi e chiedono accogliersi i motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 1696/2023, ha confermato la condanna (emessa il 25/5/2022 dal Tribunale di Gorizia) nei riguardi di COGNOME COGNOME, per il reato di falso così contestato: “reato p. e p. dall’art. 483 c.p. relazione all’art. 76 D.P.R. 445/2000, perché, con dichiarazione sostitutiva rilasciata in sede di assunzione, quale centralinista all’RAGIONE_SOCIALE“, attestava falsamente al pubblico ufficiale in servizio presso l’ufficio competente: “di essere in possesso del Corso di Laurea
triennale in Scienze matematiche, Fisiche e Naturali conseguito presso l’RAGIONE_SOCIALE nell’anno 1995 con il punteggio di 91/110″; circostanza non corrispondente al vero, in quanto il predetto Ateneo, per il tramite del portale messo a disposizione per la verifica delle autocertificazioni, ha comunicato che non può procedere alla conferma del titolo in quanto il COGNOME non risulta laureato presso la propria RAGIONE_SOCIALE. Commesso in Gorizia, il 10/10/2018″.
I difensori dell’imputato hanno proposto ricorso per Cassazione.
2.1. Col primo motivo lamentano la violazione dell’articolo 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., per l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale (articolo 483 cod. pen., in relazione agli articoli 46 e 47 d.P.R. 445/2000) e l’errata valutazione sul dolo.
Il Giudice d’appello avrebbe erroneamente interpretato la dichiarazione in esame, ritenendo che il COGNOME avesse affermato il conseguimento della laurea, nonostante la dichiarazione indicasse solo la frequenza di un corso di laurea.
Non si sarebbe considerato, peraltro, che l’autocertificazione non era stata redatta per ottenere il posto di lavoro (in quanto il teste COGNOME aveva chiarito che essa non fosse necessaria a tal fine), ma successivamente al suo conseguimento, per la stipula del relativo contratto: contratto, per giunta, ancora in essere al momento della condanna (a testimoniare l’irrilevanza di tale autocertificazione).
Si deduce, ancora, che il dolo generico previsto dall’articolo 483 cod. pen. avrebbe richiesto la consapevolezza della “immutatio veri” e che il falso avrebbe dovuto, comunque, esser considerato penalmente irrilevante, non avendo comportato vantaggi per l’autore: sicché avrebbe dovuto considerarsi frutto di mera leggerezza e negligenza, non di dolo (tanto che nessuno aveva ritenuto necessario verificare l’effettiva frequentazione del corso di laurea indicato nell’autocertificazione).
Si assume, poi, che, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, il falso non avrebbe potuto comportare vantaggi per l’imputato neppure in seguito, ad esempio, in relazione ad eventuali e futuri avanzamenti interni di carriera: essendo notorio che ogni concorso interno preveda lo svolgimento di apposita procedura con deposito di documentazione ad hoc, a nulla rilevando precedenti dichiarazioni effettuate dal candidato e il deposito di documentazione per un differente concorso.
2.2. Col secondo motivo ci si lamenta della violazione di legge, per erronea applicazione dell’articolo 483 cod. pen., in relazione agli articoli 46 e 47 d.P.R. 445/2000.
In particolare, si critica l’erronea applicazione della legge penale nel ritenere configurabile la fattispecie contestata e nel rigettare l’ipotesi di “falso innocuo ed inoffensivo”.
Parte ricorrente reitera la censura circa l’insussistenza di vantaggi che l’atto in questione avrebbe potuto comportare per l’imputato in futuri concorsi interni. Si ribadisce che ogni concorso interno richiede una procedura specifica con documentazione ad hoc, rendendo irrilevanti le dichiarazioni e i documenti precedentemente depositati relativi a concorsi diversi.
La Corte d’appello, si ribadisce, non avrebbe adeguatamente considerato l’innocuità del falso, ricadente su una parte dell’atto priva di valenza probatoria, indipendentemente dall’uso che se ne faccia. Per contro, la sentenza impugnata avrebbe sostenuto tautologicamente che, poiché il bene protetto dalla fattispecie penale è la fede pubblica, il falso non può essere innocuo.
Ci si duole, in definitiva, della carente motivazione dell’esclusione del carattere innocuo della dichiarazione in discussione.
2.3. Col terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione di legge e la carenza di motivazione circa l’omessa applicazione dell’articolo 131-bis cod. pen., pur essendosi trattato, per quanto detto, di errore frutto di negligenza e non intenzionale.
La Corte d’appello si sarebbe limitata a rimandare alle precedenti considerazioni senza motivare, in modo specifico e dettagliato, in ordine alla mancanza di tenuità, nonostante avesse dato atto che l’asserito falso non potesse incidere sull’assunzione e la dichiarazione de qua fosse stata resa successivamente alla vincita del concorso, nell’ambito della procedura di sottoscrizione del contratto e nonostante la non abitualità di tale condotta, confermata dall’assenza di precedenti penali specifici.
Si assume che tale valutazione avrebbe potuto essere operata in sede di legittimità.
Il Procuratore Generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile poiché si limita a sollecitare una nuova valutazione della fondatezza delle accuse, diversa da quella operata in sede di merito, senza scardinare i capisaldi (di cui oltre, per completezza, si dirà) della logica motivazione impugnata.
1.1. Ex art. 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., solo la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione sono censurabili in sede di legittimità. Dunque, compito di questa Corte è la verifica della tenuta logica della motivazione del provvedimento impugNOME e, se conforme, di quella della decisione che lo precede (che in tal caso si saldano: Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Rv. 252615-01; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, Rv. 197250-01; Sez. 1, n. 19769 del 10/04/2024, non massimata).
Solo ove emerga una disarmonia nel sillogismo tra premesse e conclusioni o resti inesplicata quale, tra le varie ipotesi formulate e conducenti ad esiti diversi sia alla base della decisione (Sez. 5, n. 19318 del 20/01/2021, Rv. 281105-01; Sez. 2, n. 12329 del 04/03/2010, Rv. 247229-01; Sez. 1, n. 9539 del 12/05/1999, Rv. 215132-01) o, ancora, vi sia travisamento della prova (per sua omessa valutazione o sua “invenzione” o errore percettivo – e non valutativo – del suo pacifico diverso significato: Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Rv. 269786-01), e si tratti, al contempo, di vizi determinanti la decisione, essi vanno qui emendati (Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, Rv. 250168; Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Rv. 244623; Sez. 1, n. 8094 del 11/01/2007, Rv. 236540).
Diversamente, non può, questa Corte, sovrapporre la propria valutazione (anche sul “peso” delle prove e sull’attendibilità dei testi: Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, Rv. 278609-01) a quella operata in sede di merito: sicché, se la motivazione da vagliare non sia illogica manifestamente o contraddittoria o mancante oppure frutto di travisamento di prove, non può trovare ingresso, in questa sede, qualsivoglia tesi ne prospetti un’altra, ove pure maggiormente plausibile (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944-01; Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rv. 285504-01; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Rv. 265244-01; Sez. 6, n. 29263 del 08/07/2010, Rv. 248192-01). A nulla rilevano, in definitiva, minime aporie o l’omessa considerazione di alcune difese o risultanze processuali: essendo sufficiente a ritenerla immune da censure che la motivazione, con valutazione globale, espliciti le ragioni (prive dei detti vizi) della decisio (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794-01; Sez. U, n. 12 del 31/5/2000, COGNOME, Rv. 216260-01; Sez. U, n. 47289 del 24/9/2003, COGNOME, Rv. 226074-01).
Indici (seppur non assoluti) di doglianze volte alla mera (ed inammissibile) richiesta di riformulazione del giudizio di merito sono la caotica ridondanza dei motivi di censura e dei dati istruttori travisati (Sez. 2, n. 29607 del 14/05/2019, Rv. 276748-01; Sez. 2, n. 57737 del 20/09/2018, Rv. 274471-01; Sez. 6, n. 57224 del 09/11/2017 Rv. 271725-01), il contestuale e generico inquadramento delle doglianze in plurimi vizi di motivazione e/o violazioni di legge (si vedano: Sez. 2, n. 25741 del 20/03/2015, Rv. 264132; Sez. 5 n. 6215 del 14/12/2020, dep. 2021,
non massimata, su plurime censure in diritto; Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, Rv. 280027, in motivazione; Sez. 4, Sentenza n. 8294 del 01/02/2024, Rv. 285870-01; Sez. 2, n. 19712 del 06/02/2015, Rv. 263541, su molteplici vizi motivazionali; infine, Sez. 5, n. 1130 del 4/10/2021, dep. 2022, non massimata, sulla denuncia cumulativa di violazioni di legge e vizi di motivazione): anche perché laddove una delle censure abbia ictu °culi autonoma forza dennolitoria, non avrebbe necessità di esser sostenuta da altre.
1.2. Orbene, coi primi due motivi di ricorso, fuori dai detti limiti, s contrappone una non consentita (in questa sede) rivalutazione del materiale probatorio finalizzata a una rivisitazione del giudizio di merito, per giunta trascurandone passaggi essenziali, con cui, in modo logico, esaustivo e non contraddittorio, s’è ritenuto che: (a) non possa, nella specie, sostenersi che si sia trattato di un’indicazione addirittura veritiera (frequentazione di un corso) e comunque fatta in buona fede e senza dolo, posto che, nel dare forza e concretezza alla falsa dichiarazione, l’imputato ha indicato addirittura un voto di laurea (91/110), evidentemente del tutto inventato e nella piena consapevolezza (non potrebbe essere altrimenti, sotto il profilo logico) che, in tal modo, stesse corroborando l’assunto di aver conseguito il titolo (e non semplicemente seguito un corso, come pervicacemente continua a sostenere la sua difesa); (b) il significato dell’atto e la funzione cui era destiNOME (attestare – tra l’altro possesso del titolo di studio), al di là della sua (addotta) pratica inutilità, sono sta letteralmente stravolti dalla falsa dichiarazione, sicché correttamente i giudici di merito si sono conformati alla pacifica giurisprudenza secondo cui: «il c.d. “falso innocuo” è quello che determina un’alterazione irrilevante ai fini dell’interpretazione dell’atto, non modificandone il senso (Sez. 5, n. 38720 del 19/06/2008, Rocca, Rv. 241936-01). Esso ricorre, in altri termini, quando l’infedele attestazione (nel falso ideologico) o l’alterazione (nel falso materiale) non esplicano effetti sulla funzione documentale dell’atto stesso di attestazione dei dati in esso indicati (Sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010, Immordino, Rv. 248395)» (Sez. 5, n. 45480 del 13/10/2023; confronta, in termini, Sez. 5, n.42365 del 05/04/2023; Sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010, Immordino, Rv. 248395; Sez. 5, n. 38720 del 19/06/2008, Rocca, Rv. 241936); (c) non può ritenersi idonea ad escludere la punibilità del fatto la circostanza che l’atto fosse irrilevante sull’iter assunzione, anche questo principio conforme a quanto ulteriormente rilevato da questa Corte, secondo cui: «l’innocuità non deve essere valutata con riferimento all’uso che dell’atto falso venga fatto» (Sez. 5, Sentenza n. 23891 del 18/03/2019, Rv. 275559 – 01, in motivazione), sicché «l’irrilevanza che connota il falso innocuo concerne non eventuali ricadute pratiche negative – in ipotesi scongiurate per Corte di Cassazione – copia non ufficiale
effetto di altre evenienze – ma il senso dell’atto in sé, considerato nella sua funzione attestativa» (Sez. 5, Sentenza n. 5700 del 18/1/2019, non massimata).
1.3. Analogamente deve dirsi per il terzo motivo di ricorso.
È vero che: «in tema di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, il giudice è tenuto a motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incrimiNOME, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla leg e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, dep. 2019, Venezia, Rv. 275940)» (sez. 1, n. 46812, del 26/09/2023, non massimata).
Ma è vero anche che, nella specie, la Corte d’appello ha rammentato ulteriori (rispetto a quelle oggetto di censura) ragioni per le quali non ha ritenuto che si trattasse di falso, comunque, di particolare tenuità, ovvero: – la possibilità che i falso potesse essere funzionale ad un avanzamento di carriera; – la possibilità che lo stesso fosse usato per il conseguimento di determinate mansioni.
Orbene, la prima evenienza è da parte ricorrente contestata allorché richiama la usuale acquisizione, da parte degli uffici pubblici, di nuova documentazione, da parte di chi voglia partecipare a concorsi di avanzamento. Tuttavia, trattasi contestazione sfornita di qualsivoglia prova concreta a sostegno (limitandosi a far riferimento ad un’asserita prassi).
Nulla ha osservato la difesa ricorrente laddove la Corte d’appello ha evidenziato che l’atto avrebbe potuto essere utilizzato anche solo al fine di conseguire determinate mansioni. Sicché, non solo non è vero che vi sia omessa motivazione all’uopo o che la stessa sia meramente tautologica, ma, per contro, tale dato, ritenuto (con motivazione assolutamente congrua e logica) ostativo dalla Corte d’appello, è rimasto privo di critica alcuna: con la conseguenza che resta definitivamente cristallizzato ed invalicabile, in questa sede.
Consegue, a quanto detto, l’esito in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in data 17/07/2024
Il Cnsigliere es ensore
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Il Presidente