Falsa Autocertificazione Gratuito Patrocinio: La Cassazione Conferma la Condanna
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di falsa autocertificazione per il gratuito patrocinio, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato. Questa decisione ribadisce la severità della legge nei confronti di chi fornisce dichiarazioni mendaci per accedere a benefici statali e sottolinea i requisiti di specificità che un ricorso deve avere per essere esaminato nel merito. Il pronunciamento serve da monito sull’importanza della veridicità nelle dichiarazioni rese alla giustizia.
I Fatti del Caso
Un cittadino era stato condannato sia in primo grado che in appello per il reato previsto dall’art. 95 del D.Lgs. 115/2002. L’accusa era di aver presentato una domanda per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato basata su un’autocertificazione non veritiera. In particolare, l’imputato aveva omesso di dichiarare redditi che, se correttamente indicati, lo avrebbero escluso dal beneficio. La prova della falsità era emersa in modo inequivocabile dai documenti acquisiti presso gli uffici finanziari, nello specifico delle buste paga che attestavano la percezione di somme superiori a quelle dichiarate.
La Decisione della Corte e la Falsa Autocertificazione Gratuito Patrocinio
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo i motivi presentati dall’imputato manifestamente infondati e generici. I giudici hanno evidenziato come il ricorso fosse una mera riproposizione di argomenti già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello, senza contenere una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza impugnata. Questo approccio viola i requisiti fondamentali per l’accesso al giudizio di legittimità.
L’Onere della Prova e la Coerenza della Motivazione
Il Collegio ha sottolineato la coerenza logica della decisione dei giudici di merito. La falsità dell’autocertificazione era stata provata in modo oggettivo attraverso la documentazione fiscale. Di fronte a tale evidenza, l’imputato non ha fornito alcuna prova contraria. Non ha allegato alcuna documentazione per contestare di aver effettivamente percepito le somme indicate nelle buste paga, lasciando così intatta la validità dell’accusa. La Corte ha quindi confermato che l’onere di contestare le risultanze documentali gravava sull’imputato.
Le Motivazioni: Genericità del Ricorso e Abuso del Processo
La Cassazione ha fondato la sua decisione su principi consolidati, richiamando anche una nota sentenza delle Sezioni Unite (Galtelli, n. 8825/2016). Un ricorso per cassazione non può limitarsi a ripetere le stesse doglianze, ma deve confrontarsi criticamente con le argomentazioni della sentenza che si intende impugnare. In questo caso, il ricorso è stato qualificato come avente un ‘palese carattere dilatorio’, ovvero un tentativo di ritardare l’esecutività della condanna senza un fondamento giuridico solido. Questa valutazione ha giustificato non solo la dichiarazione di inammissibilità, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una cospicua somma in favore della Cassa delle Ammende.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza invia un messaggio chiaro e duplice. In primo luogo, attesta che la falsa dichiarazione per ottenere il gratuito patrocinio è un reato serio, perseguito con fermezza. In secondo luogo, ribadisce che il ricorso in Cassazione è uno strumento che richiede rigore tecnico e non può essere utilizzato per scopi meramente dilatori. I ricorsi generici e ripetitivi sono destinati non solo al fallimento, ma comportano anche ulteriori sanzioni economiche. La decisione protegge l’integrità del patrocinio a spese dello Stato, assicurando che il beneficio sia riservato a chi ne ha effettivamente diritto e sanzionando chi tenta di abusarne.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene ritenuto generico e infondato?
La Corte lo dichiara inammissibile. Ciò significa che il caso non viene esaminato nel merito, la condanna precedente diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende.
Quale prova è stata decisiva per dimostrare la falsa autocertificazione per il gratuito patrocinio?
La prova decisiva è consistita nelle buste paga acquisite presso gli uffici finanziari, le quali hanno dimostrato in modo inequivocabile che l’imputato aveva percepito redditi superiori a quelli dichiarati nell’autocertificazione per l’accesso al beneficio.
Su chi ricade l’onere di contestare i dati reddituali presenti in documenti ufficiali?
L’ordinanza chiarisce che spetta all’imputato fornire documentazione o prove idonee a contestare i dati risultanti da fonti ufficiali, come le buste paga. In assenza di tale prova contraria, i dati ufficiali sono considerati validi ai fini della decisione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33782 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33782 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 02/02/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Messina ha confermato la decisione del Tribunale di Messina che lo aveva riconosciuto COGNOME NOME colpevole del reato di cui all’art.95 D.Lgs. 115/2002 e lo aveva condannato alla pena di giustizia.
Il ricorrente deduce vizio di motivazione e violazione di legge in relazione alla affermazione di responsabilità oltre ogni ragionevole dubbio.
Con altra articolazione si duole di vizio motivazionale con riferimento alla dosimetria della pena.
Ebbene, ritiene il Collegio che i motivi sopra richiamati siano manifestamente infondati in quanto in fatto, generici, privi di confronto con la decisione impugnata, non scanditi da necessaria critica alle argomentazioni poste a fondamento della decisione (Cass., sez. U, n.8825 del 27/10/2016, COGNOME) e meramente ripropositivi di argomenti adeguatamente esaminati e disattesi dal giudice distrettuale
Il ragionamento sviluppato dal giudice distrettuale risulta coerente con le risultanze processuali valorizzando la presenza di tutti gli indici oggettivi e soggettivi della responsabilità del prevenuto, il quale in nessun modo ha allegato documentazione volta a contestare di avere effettivamente percepito le somme indicate nelle buste paga acquisite presso gli uffici finanziari, da cui è risultata inequivocabilmente la falsità dell’autocertificazione presentata per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
Evidenziato che all’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende che, avuto riguardo al palese carattere dilatorio del ricorso e alla palese inammissibilità del ricorso, appare conforme a giustizia stabilire nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.