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Falsa autocertificazione Covid: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di falsità ideologica (art. 483 c.p.) a carico di un individuo che aveva presentato una falsa autocertificazione per giustificare uno spostamento tra regioni durante il lockdown Covid. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, stabilendo che le restrizioni alla circolazione imposte via DPCM erano legittime, che l’autocertificazione ha natura di atto pubblico ai fini penali e che l’obbligo di dichiarare il vero non viola il principio di non autoincriminazione.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Autocertificazione Covid: Legittima la Condanna secondo la Cassazione

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su un tema che ha caratterizzato il periodo dell’emergenza sanitaria: la rilevanza penale della falsa autocertificazione. La Corte ha confermato la condanna per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.), rigettando le argomentazioni difensive basate sulla presunta incostituzionalità delle norme restrittive e sulla violazione del diritto a non auto-incriminarsi. Analizziamo i dettagli di questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Un Viaggio Interregionale con una Falsa Giustificazione

Il caso riguarda un cittadino che, durante il periodo di restrizioni agli spostamenti tra regioni imposto da un DPCM del gennaio 2021, viaggiava dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia. Fermato per un controllo dalla Polizia presso un casello autostradale, esibiva un’autocertificazione in cui attestava che lo spostamento era dovuto a un lutto familiare. Tuttavia, le successive verifiche delle forze dell’ordine hanno accertato che il decesso dichiarato non era mai avvenuto e che la persona indicata come defunta non era mai stata residente nel comune menzionato. L’uomo veniva quindi condannato in primo e secondo grado per il reato di cui all’art. 483 del codice penale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione basandosi su tre argomenti principali:

1. Incostituzionalità delle norme emergenziali: Si sosteneva che le disposizioni del DPCM, limitando la libertà di movimento, violassero la libertà personale tutelata dall’art. 13 della Costituzione o, in subordine, la libertà di circolazione garantita dall’art. 16, in modo sproporzionato.
2. Inconfigurabilità del reato: Secondo il ricorrente, l’autocertificazione non poteva essere considerata un atto pubblico con idoneità probatoria, ma una mera dichiarazione di intenti, e quindi non sussisteva il reato di falso.
3. Violazione del principio nemo tenetur se detegere: Si eccepiva che l’obbligo di dichiarare il vero avrebbe costretto l’imputato ad ammettere di effettuare uno spostamento ingiustificato, auto-accusandosi della violazione delle norme anticontagio.

Le Motivazioni della Corte sulla Falsa Autocertificazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondati tutti i motivi di ricorso, fornendo chiarimenti cruciali su ciascun punto sollevato.

DPCM e Libertà Costituzionali: Circolazione vs. Libertà Personale

La Corte ha stabilito che le restrizioni agli spostamenti non incidevano sulla libertà personale (art. 13 Cost.), che riguarda la coercizione fisica della persona, ma sulla libertà di circolazione (art. 16 Cost.). Quest’ultima, a differenza della prima, può essere limitata dalla legge per motivi di sanità o sicurezza pubblica, senza la necessità di un provvedimento del giudice (la c.d. riserva di giurisdizione). La pandemia da Covid-19 rappresentava un motivo di sanità pubblica talmente grave da giustificare pienamente tali limitazioni legislative per arginare il contagio.

La Natura Giuridica dell’Autocertificazione

In merito alla configurabilità del reato, i giudici hanno ribadito il consolidato orientamento secondo cui, ai fini della tutela penale, il concetto di atto pubblico è più ampio di quello civilistico. Le autocertificazioni previste dal D.P.R. 445/2000, come quella utilizzata per gli spostamenti Covid, sono considerate destinate a un pubblico ufficiale e hanno la funzione di provare la veridicità dei fatti, stati e qualità personali in esse attestati. Di conseguenza, dichiarare il falso in tali documenti integra pienamente il delitto di cui all’art. 483 c.p., in quanto la dichiarazione è destinata ad essere trasfusa in un atto del pubblico ufficiale che la riceve (ad esempio, il verbale di controllo) e a produrre effetti giuridici, come quello di consentire lo spostamento.

Il Principio di non Autoincriminazione (Nemo Tenetur Se Detegere)

Infine, la Corte ha respinto la tesi della violazione del diritto a non accusare se stessi. Il principio del nemo tenetur se detegere, hanno spiegato i giudici, è un diritto di ordine processuale che opera esclusivamente all’interno di un procedimento penale già avviato. Non può essere invocato per giustificare una dichiarazione mendace resa al di fuori di tale contesto, come durante un controllo di polizia. L’alternativa per il cittadino non era tra commettere un reato di falso e confessare un altro reato, ma tra dichiarare il vero (e subire un’eventuale sanzione amministrativa per lo spostamento ingiustificato) e commettere il reato di falso.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

Questa sentenza consolida la giurisprudenza sulla rilevanza penale della falsa autocertificazione, anche in contesti emergenziali. Le conclusioni della Corte sono nette: le misure di contenimento della pandemia erano costituzionalmente legittime in quanto bilanciavano la libertà di circolazione con il supremo interesse della salute pubblica. L’autocertificazione è uno strumento con piena valenza giuridica, e chi la utilizza è tenuto a dichiarare il vero, assumendosene la responsabilità penale. Infine, il diritto a non auto-incriminarsi non può essere usato come uno scudo per legittimare dichiarazioni false rese alle autorità al di fuori di un procedimento penale.

Dichiarare il falso in un’autocertificazione per gli spostamenti Covid è un reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la falsa attestazione in un’autocertificazione presentata a un pubblico ufficiale per giustificare uno spostamento durante le restrizioni anti-Covid integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico (art. 483 c.p.).

Le restrizioni agli spostamenti imposte con DPCM durante la pandemia erano incostituzionali?
No. La sentenza chiarisce che tali restrizioni incidevano sulla libertà di circolazione (art. 16 Cost.) e non sulla libertà personale (art. 13 Cost.). La legge può limitare la libertà di circolazione per motivi di sanità e sicurezza, come avvenuto durante la pandemia, senza violare la Costituzione.

L’obbligo di presentare un’autocertificazione veritiera violava il diritto a non accusare se stessi (nemo tenetur se detegere)?
No. La Corte ha stabilito che il principio del nemo tenetur se detegere opera all’interno di un procedimento penale già avviato. Non si applica a dichiarazioni rese al di fuori di tale contesto, come un’autocertificazione durante un controllo di polizia, poiché l’alternativa non è tra confessare un reato e commetterne un altro, ma tra subire una sanzione amministrativa e commettere un reato di falso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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