Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46267 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46267 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/10/2024
SENTENZA
sul rìcorso proposto da:
NOME nato a SAN GIUSEPPE VESUVIANO il 20/05/1986
avverso la sentenza del 10/11/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 10.11.2023 la Corte di Appello di Perugia ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di COGNOME COGNOME che lo aveva dichiarato colpevole, in sede di abbreviato, dei reati di cui, rispettivamente, agli artt. 495 cod. pen. e 116, comma 15, C.D.S.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, deducendo con l’unico motivo, di seguito enunciato nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza. In realtà l’imputato aveva in un primo momento declinato le false generalità – indicando quelle del fratello – solo per ischerzo tant’è che poi, dopo, aveva riferito quelle sue. Difetta in ogni caso l’elemento del dolo.
Il ricorso è stato trattato – ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d. I. n. 137 d 2020, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, che continua ad applicarsi, in virtù del comma secondo dell’art. 94 del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, come modificato dall’art. 11, comma 7, d. L 30 dicembre 2023, n. 215, convertito con modificazioni dalla I. del 23.2.2024 n. 18, per le impugnazioni proposte sino al 30.6.2024 – senza l’intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Esso risulta, innanzitutto, presentato tardivamente. Ed invero, a fronte della notificazione del deposito della motivazione della sentenza risalente al 28.3.2024, che ha comportato la scadenza del termine di 45 giorni per impugnare il 12.5.2024 – non dovendosi computare il termine aggiuntivo di 15 giorni di cui all’art. art. 585, comma 1-bis, cod. proc. pen. essendo stato il procedimento definito in appello col rito cartolare (cfr. per tutte, Sez. 6, n. 49315 del 24/10/2023, Rv. 285499 – 01) -, il ricorso risulta depositato solo il 24.5,2024.
In ogni caso esso è del tutto generico. 3 ,
Innanzitutto, non si comprende se il ricorso si duole della mancanza della motivazione, o della sua contraddittorietà o manifesta illogicità, avendo enunciato, in premessa, tutti e tre tali profili senza poi indicare nello specifico il v denunciato; evidente essendo la incompatibilità di queste prospettazioni alternative, si sarebbe dovuto indicare sotto quale profilo si è dedotto il vizio di motivazione.
In ogni caso, se la mancanza di motivazione risiede nelle modalità con cui è stata accertata la falsa dichiarazione, la critica non coglie, comunque, nel segno, essendo chiarissima la sentenza, che, nel ricostruire il fatto, evidenzia come al momento del controllo, il ricorrente abbia declinato le generalità del fratello e solo in un successivo momento abbia riferito quelle corrette esibendo i relativi documenti.
Quanto, infine, alla considerazione critica che tanto egli avrebbe fatto per gioco, confidando sul fatto di essere conosciuto dai militari operanti, ciò risulta i frutto di una mera, generica, prospettazione difensiva, che adduce peraltro una circostanza non rilevante.
Questa Corte, infatti, ha più volte affermato che nel delitto di falsa attestazione inerente ad una qualità personale del dichiarante non si richiede il dolo specifico, non essendo rilevante il fine perseguito dall’autore della falsità, ma è sufficiente la coscienza e volontà della condotta delittuosa, consumandosi il reato nel momento in cui la dichiarazione perviene al pubblico ufficiale, indipendentemente dalla sua riproduzione in un atto pubblico (Sez. 5, n. 2676 del 05/11/2021 Rv. 282650 – 01, nella stessa pronuncia questa Corte ha escluso che la successiva dichiarazione veritiera resa dall’imputato valga ad escludere l’integrazione del reato), e, quanto alla condotta commessa “ioci causa”, questa Corte, ha, altresì, già avuto modo di precisare che essa è idonea ad escludere il dolo del reato solo qualora non venga posta in essere con la volontà, o l’accettazione del rischio, di determinare la lesione tipica, configurandosi, altrimenti, come mero movente dell’agire, di per sè ininfluente ai fini della rilevanza penale del fatto (cfr. Sez. 5, n. 40488 d 28/05/2018, Rv. 273873 – 01); laddove, nel caso di specie, l’assoluta genericità del motivo, anche in parte qua, e la compiuta ricostruzione del fatto da parte del giudice di merito escludono che possa trovare ingresso il rilievo difensivo in punto di elemento soggettivo nei termini suindicati.
Dalle ragioni sin qui esposte deriva la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui consegue, per legge, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di procedimento, nonché, trattandosi dì causa dì inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal medesimo atto impugnatorlo, al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma
che si ritiene equo e congruo determinare in Euro 3.000,00 in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23/10/2024.