LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Falsa attestazione: quando mentire è reato

La Corte di Cassazione conferma la condanna per il reato di falsa attestazione a carico di due passeggeri di un treno sprovvisti di biglietto che avevano fornito generalità false al controllore. La Corte ha stabilito che il reato si consuma al momento della dichiarazione mendace, indipendentemente dalla possibilità successiva di accertare la vera identità del soggetto. I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili per la loro genericità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa attestazione: mentire al controllore del treno è sempre reato?

Fornire generalità false a un pubblico ufficiale costituisce reato. Ma cosa succede se la nostra vera identità può essere facilmente scoperta subito dopo? E se la nostra scarsa conoscenza della lingua o la nostra condizione sociale ci impediscono di comprendere appieno la situazione? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce su questi aspetti, confermando che il reato di falsa attestazione si perfeziona con la semplice dichiarazione mendace, indipendentemente dalle circostanze esterne.

I Fatti del Caso: Viaggio in Treno Senza Biglietto

Due persone, a bordo di un treno sulla tratta Torino-Milano, venivano trovate sprovviste del biglietto di viaggio. Durante il controllo, alla richiesta del pubblico ufficiale di fornire le proprie generalità, entrambi dichiaravano nomi e dati anagrafici non veritieri. Per questo motivo, venivano condannati in primo grado per il reato di cui all’art. 495 del Codice Penale. La Corte d’Appello, successivamente, dichiarava inammissibili i loro ricorsi, ritenendoli generici e non in grado di contestare efficacemente le argomentazioni della prima sentenza. Gli imputati decidevano quindi di ricorrere alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: Ricorsi Inammissibili

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. I giudici hanno respinto le argomentazioni difensive, ribadendo principi consolidati in materia di falsa attestazione.

Le motivazioni: quando si consuma il reato di falsa attestazione

La difesa degli imputati si basava su due punti principali: la mancanza dell’elemento soggettivo del reato per uno, e l’illogicità della motivazione sul diniego di un’attenuante per l’altra.

Irrilevanza dell’Identificazione Successiva

L’imputato sosteneva di non aver compreso di trovarsi di fronte a un’autorità a causa delle sue precarie condizioni di vita e della sua scarsa alfabetizzazione. Inoltre, affermava che la sua vera identità sarebbe potuta comunque emergere tramite procedure di identificazione dattiloscopica.

La Cassazione ha chiarito che la consapevolezza di trovarsi di fronte a un’autorità è implicita nella condotta stessa. Il fatto di aver risposto alla richiesta di generalità, fornendole false dopo aver ammesso di non avere documenti, dimostra il pieno riconoscimento del ruolo del pubblico ufficiale. Il reato si consuma nel momento esatto in cui vengono rese le false dichiarazioni. È, pertanto, del tutto irrilevante la circostanza che, ex post, le autorità possano risalire alle generalità autentiche attraverso altri mezzi. L’offesa al bene giuridico tutelato dalla norma (la fede pubblica) si è già verificata.

Genericità del Motivo di Appello sull’Attenuante

La seconda imputata lamentava il mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 c.p., sostenendo di aver agito per evitare il danno derivante dal pagamento della sanzione pecuniaria. La Corte ha ritenuto tale motivo di ricorso del tutto generico, così come era stato giudicato in appello. Per ottenere l’attenuante, non è sufficiente affermare genericamente di voler evitare una sanzione; è necessario argomentare in modo specifico sulla quantificazione del danno e sulla reale difficoltà dell’imputato a farvi fronte, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale: il reato di falsa attestazione è un reato di pericolo che si perfeziona con la sola dichiarazione mendace resa al pubblico ufficiale. Le eventuali difficoltà linguistiche o culturali, così come la possibilità di un accertamento successivo della verità, non escludono la responsabilità penale. Questa sentenza serve da monito sull’importanza di fornire sempre dichiarazioni veritiere alle autorità, poiché le conseguenze di una bugia possono essere molto più gravi di una semplice sanzione amministrativa.

Dare false generalità a un controllore del treno è reato?
Sì. Secondo la sentenza, fornire false generalità a un controllore, che agisce in qualità di pubblico ufficiale, integra il reato di falsa attestazione previsto dall’art. 495 del Codice Penale.

Se la mia vera identità può essere scoperta dopo, commetto comunque il reato di falsa attestazione?
Sì. La Corte ha stabilito che il reato si consuma nel momento in cui viene resa la dichiarazione falsa. La possibilità che la vera identità venga accertata in un secondo momento, ad esempio tramite impronte digitali, è irrilevante ai fini della configurabilità del reato.

Affermare di aver mentito per evitare una multa è sufficiente per ottenere una riduzione di pena?
No. La sentenza chiarisce che per ottenere la circostanza attenuante dell’aver agito per conseguire un lucro di speciale tenuità o per evitare un danno, non è sufficiente un’affermazione generica. È necessario fornire elementi concreti sulla reale difficoltà economica a sostenere la sanzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati