Falsa Attestazione a Pubblico Ufficiale: la Cassazione fa Chiarezza
Fornire generalità non veritiere durante un controllo delle forze dell’ordine è una condotta che può avere serie conseguenze penali. La recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce la differenza tra due fattispecie di reato simili ma distinte, confermando un orientamento consolidato sul tema della falsa attestazione. Comprendere quando una dichiarazione mendace si trasforma nel reato più grave previsto dall’articolo 495 del codice penale è fondamentale per capire la portata della decisione.
Il Caso: Dichiarazioni False Durante un Controllo Stradale
La vicenda giudiziaria ha origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte di Appello, la quale aveva confermato una condanna di primo grado. L’imputato era stato ritenuto responsabile del delitto di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla propria identità.
Nello specifico, durante un controllo stradale, l’individuo, privo di documenti di identificazione, aveva fornito ai Carabinieri generalità non corrispondenti al vero. La sua difesa sosteneva che tale comportamento dovesse essere inquadrato nella fattispecie meno grave prevista dall’articolo 496 del codice penale (false dichiarazioni sull’identità) e non in quella, più severa, dell’articolo 495 c.p. (falsa attestazione).
La Distinzione tra Art. 495 e 496 c.p.
Il nucleo della questione legale risiede nella differenza tra due norme del codice penale:
* Art. 496 c.p. (False dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o altrui): Punisce chi, interrogato sull’identità o sulle qualità personali, dichiara il falso. È considerata una norma di carattere residuale.
* Art. 495 c.p. (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sull’identità o su qualità personali proprie o altrui): Punisce più gravemente chi dichiara il falso a un pubblico ufficiale in un atto pubblico o chi commette il fatto con l’intenzione che la dichiarazione venga trasfusa in un atto pubblico. La pena è più alta perché la condotta lede la fede pubblica in modo più incisivo.
Il ricorrente chiedeva una riqualificazione del fatto nella fattispecie meno grave, sostenendo che una semplice dichiarazione orale non potesse configurare il reato di falsa attestazione.
Le Motivazioni della Cassazione sulla Falsa Attestazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno richiamato la giurisprudenza di legittimità, ormai pacifica da tempo, per spiegare perché la condotta dell’imputato rientri a pieno titolo nell’ipotesi più grave dell’art. 495 c.p.
Il punto cruciale della motivazione risiede nel contesto in cui vengono rese le dichiarazioni. Quando un soggetto, privo di documenti, fornisce le proprie generalità a un pubblico ufficiale (come i carabinieri durante un controllo), queste dichiarazioni non sono mere informazioni, ma assumono il carattere di una vera e propria attestazione. In assenza di altri mezzi di identificazione, la parola del dichiarante è preordinata a garantire al pubblico ufficiale le sue qualità personali e a essere potenzialmente trascritta in atti ufficiali (come un verbale).
Di conseguenza, la dichiarazione mendace integra l’elemento distintivo della falsa attestazione, che consiste proprio nel fornire una garanzia di verità su fatti o qualità personali a un pubblico ufficiale. Tale condotta va oltre la semplice menzogna, ledendo la fiducia che l’ordinamento ripone nelle attestazioni destinate a confluire in atti pubblici.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La decisione della Suprema Corte conferma un principio di diritto chiaro: mentire sulla propria identità a un agente di polizia durante un controllo, specialmente se non si è in grado di esibire un documento, costituisce il reato di falsa attestazione ai sensi dell’art. 495 c.p. Questa pronuncia ha importanti implicazioni pratiche, poiché sottolinea la gravità di tale comportamento e la tutela rafforzata che la legge accorda alla veridicità delle dichiarazioni rese ai pubblici ufficiali nell’esercizio delle loro funzioni. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, a riprova della manifesta infondatezza delle sue argomentazioni.
Qual è la differenza tra il reato di falsa attestazione (art. 495 c.p.) e quello di false dichiarazioni (art. 496 c.p.)?
Secondo la Corte, la falsa attestazione (art. 495 c.p.) si configura quando le dichiarazioni false rese a un pubblico ufficiale, in assenza di altri mezzi di identificazione, assumono il carattere di attestazione preordinata a garantire le proprie qualità personali. La fattispecie dell’art. 496 c.p. ha invece carattere residuale.
Perché fornire false generalità ai carabinieri senza documenti è un reato più grave?
Perché, in mancanza di documenti, la dichiarazione orale del soggetto è l’unico strumento a disposizione del pubblico ufficiale per accertarne l’identità. Tale dichiarazione, pertanto, non è una semplice menzogna, ma una vera e propria attestazione destinata a produrre effetti giuridici, ledendo così in modo più significativo la fede pubblica.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, come in questo caso, la Corte non esamina il merito della questione. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12018 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12018 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME CANICATTI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/06/2023 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
1.Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile del delitto di falsa attestazione dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o altri;
2.Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con cui si ritiene violata la legge per erronea qualificazione giuridica del fatto contestato che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere sussunto nella fattispecie prevista dall’art. 496 cod. pen. in luogo di quella più grave prevista dall’art. 495 cod. pen. è manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimità è da lungo tempo pacifica nell’affermare che integra il reato di cui all’art. 495 cod. pen., la condotta di colui che, priv documenti di identificazione, fornisca ai carabinieri, nel corso di un controllo stradale false dichiarazioni sulla propria identità, considerato che dette dichiarazioni assenza di altri mezzi di identificazione – rivestono carattere di attestazion preordinata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali, e, quindi, ov mendaci, ad integrare la falsa attestazione che costituisce l’elemento distintivo del reato di cui all’art. 495 cod. pen., nel testo modificato dalla legge n. 125 del 2008 rispetto all’ipotesi di reato di cui all’art. 496 cod. pen. (Sez. 5, Sentenza n. 7286 d 26/11/2014, Sdiri, Rv. 262658-01);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 07 febbraio 2024.