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Falsa attestazione professionista: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione conferma la condanna per falsa attestazione professionista a carico di un architetto che aveva dichiarato, in un documento di aggiornamento catastale (DOCFA), di aver ricevuto delega dalla società proprietaria di un immobile. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso, sottolineando che non è possibile una nuova valutazione dei fatti in sede di legittimità. La difesa dell’imputata, basata sull’essere stata ingannata dalla conduttrice dell’immobile, è stata giudicata contraddittoria e illogica dai giudici di merito, la cui decisione è stata confermata.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Attestazione Professionista: Delega Verbale non Basta, la Cassazione Conferma la Condanna

La responsabilità professionale è un pilastro fondamentale per chi opera in ambito tecnico-legale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la severità con cui l’ordinamento giudica la falsa attestazione professionista, anche quando l’autore del reato sostenga di essere stato indotto in errore da terzi. Il caso in esame riguarda un architetto condannato per aver falsamente dichiarato di aver ricevuto una delega dalla società proprietaria di un immobile per procedere a una variazione catastale. Analizziamo i fatti e le conclusioni della Suprema Corte, che offrono importanti spunti di riflessione.

I Fatti del Caso: Un Aggiornamento Catastale Controverso

Un architetto veniva incaricato dalla conduttrice di due unità immobiliari, adibite ad attività di affittacamere, di presentare la pratica edilizia e catastale per regolarizzare la situazione di fatto dell’immobile. Le due unità, infatti, risultavano già fuse in un unico locale. La proprietà degli immobili era di una società immobiliare, estranea, secondo l’accusa, a tale iniziativa.

L’architetto procedeva quindi a presentare un modello DOCFA (Documento Catasto Fabbricati) attestando di essere stata delegata dalla società proprietaria. A seguito di questa operazione, la rendita catastale dell’immobile aumentava significativamente, comportando un aggravio fiscale per la società. Quest’ultima, ricevuta la notifica di accertamento dall’Agenzia delle Entrate, sporgeva denuncia-querela, dichiarando di non aver mai autorizzato l’operazione e di non conoscere nemmeno l’architetto.

L’imputata, nei gradi di merito, veniva condannata per il reato di cui all’art. 481 c.p. (Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità). La sua difesa si basava sulla tesi di essere stata tratta in inganno dalla conduttrice, la quale le avrebbe fornito la documentazione necessaria, inclusa una copia del documento d’identità della legale rappresentante della società e il modulo DOCFA apparentemente già firmato.

Il Ricorso in Cassazione: i Motivi dell’Architetto

L’architetto proponeva ricorso per Cassazione affidandosi a tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: Lamentava una carente valutazione del compendio probatorio e la mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale per ascoltare la versione della conduttrice.
2. Violazione di legge: Contestava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Riteneva ingiusta la negazione delle attenuanti generiche, data la sua condizione di incensurata.

Le Motivazioni della Cassazione: la coerenza logica contro la falsa attestazione del professionista

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile e in parte infondato. Innanzitutto, ha ribadito un principio cardine del giudizio di legittimità: alla Corte di Cassazione è preclusa la rilettura degli elementi di fatto e una nuova valutazione delle prove. Il ricorrente non può limitarsi a proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, ma deve individuare una manifesta illogicità o una contraddittorietà radicale nella motivazione della sentenza impugnata.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione logica e coerente, evidenziando una palese contraddizione nella linea difensiva dell’architetto. L’imputata, infatti, aveva sostenuto due versioni incompatibili: da un lato, di essere stata autorizzata direttamente dalla legale rappresentante della società tramite una conversazione telefonica; dall’altro, di aver ricevuto l’intera documentazione già compilata dalla conduttrice.

I giudici hanno ritenuto palesemente illogico che la società proprietaria potesse autorizzare un’operazione che avrebbe comportato un notevole aumento della tassazione, per poi sporgere querela. La versione della parte civile, che negava ogni contatto e autorizzazione, è stata quindi giudicata più attendibile. La Corte ha inoltre respinto la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria, considerandola una mera attività ‘esplorativa’ non necessaria ai fini della decisione, data la completezza del quadro probatorio già acquisito.

Anche i motivi relativi alla tenuità del fatto e alle attenuanti generiche sono stati respinti. La Corte ha sottolineato che la gravità del danno economico cagionato alla parte civile (quantificato in via provvisionale in 12.000 euro) ostava al riconoscimento della particolare tenuità. Allo stesso modo, la gravità della condotta e l’intensità del dolo sono stati considerati elementi sufficienti a giustificare il diniego delle attenuanti generiche.

Le Conclusioni: Lezioni Pratiche per i Professionisti Tecnici

La sentenza rappresenta un monito importante per tutti i professionisti tecnici. La redazione e presentazione di documenti come il DOCFA implicano l’assunzione di una responsabilità precisa, che non ammette leggerezze o deleghe informali. La pronuncia insegna che:

1. L’incarico deve essere formale e verificato: Un professionista non può fare affidamento su incarichi verbali o su documentazione fornita da terzi (come un inquilino), specialmente quando l’operazione ha impatti significativi sul proprietario. È indispensabile ottenere un incarico scritto e verificare direttamente l’identità e la volontà del soggetto che conferisce la delega.
2. La responsabilità è personale: Sostenere di essere stati ingannati non è sufficiente a escludere la colpa, soprattutto quando le circostanze (come un’operazione svantaggiosa per il proprietario) avrebbero dovuto indurre a una maggiore cautela.
3. Il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito: La strategia difensiva in Cassazione non può basarsi sulla speranza di una nuova valutazione delle prove, ma deve concentrarsi sull’individuazione di specifici vizi di legittimità nella sentenza impugnata.

Può un professionista fidarsi delle rassicurazioni di un inquilino per modificare i dati catastali di un immobile senza un incarico scritto dal proprietario?
No. La sentenza evidenzia che la responsabilità del professionista è personale. Egli deve accertarsi della provenienza e della validità dell’incarico direttamente dal titolare del diritto, ovvero il proprietario, e non può fare affidamento su intermediari o su documentazione fornita da terzi, come la conduttrice dell’immobile.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti e le prove di un processo?
No. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di ricostruire i fatti o di valutare nuovamente le prove, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

Quando può essere esclusa l’applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
L’applicazione di tale causa di non punibilità può essere esclusa quando il fatto, pur rientrando nei limiti di pena previsti, presenta una gravità oggettiva rilevante. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che i notevoli danni economici subiti dalla parte civile fossero un elemento sufficiente a escludere la particolare tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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