Falsa Attestazione: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Il reato di falsa attestazione a un pubblico ufficiale rappresenta una seria violazione della fiducia e del corretto funzionamento della pubblica amministrazione. Tuttavia, cosa succede quando una condanna per tale reato viene impugnata fino all’ultimo grado di giudizio? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione fa luce sui precisi limiti del ricorso, distinguendo nettamente tra vizi di legittimità, che la Corte può esaminare, e riesame dei fatti, che le è precluso.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il delitto di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale riguardo alla propria identità o qualità personali. La sentenza di primo grado era stata confermata dalla Corte d’Appello, spingendo l’imputato a proporre ricorso per Cassazione.
I Motivi del Ricorso
La difesa dell’imputato si basava principalmente su due motivi:
1. Errata valutazione delle prove: Si contestava la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, sostenendo una violazione di legge e un’insufficienza e contraddittorietà della motivazione. In sostanza, si chiedeva alla Suprema Corte una nuova e diversa lettura del materiale probatorio.
2. Mancata applicazione della non punibilità: Si lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, ritenendo la motivazione della Corte d’Appello su questo punto viziata.
La Decisione della Cassazione sulla falsa attestazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la netta separazione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità.
Le Motivazioni: Il Ruolo della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha chiarito in modo inequivocabile le ragioni della sua decisione.
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha ribadito che il suo compito non è quello di effettuare una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata. La valutazione delle prove e la ricostruzione della vicenda sono di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado. Il ricorso in Cassazione è consentito solo per vizi di legittimità, ovvero per denunciare errori nell’applicazione delle norme giuridiche o vizi logici manifesti nella motivazione, e non per proporre una propria versione dei fatti. Le argomentazioni del ricorrente sono state liquidate come “mere doglianze in punto di fatto”, inammissibili in questa sede.
Anche il secondo motivo, relativo alla mancata concessione della causa di non punibilità, è stato ritenuto infondato. La Corte ha specificato che la motivazione della sentenza d’appello, che aveva escluso l’applicabilità dell’art. 131-bis c.p., era stata esposta in modo logico e coerente, senza presentare alcun vizio riconducibile a quelli tassativamente previsti dalla legge per l’annullamento. Pertanto, anche questa censura si risolveva in un tentativo di ottenere un nuovo giudizio di merito, non consentito in Cassazione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
Questa ordinanza riafferma con forza un principio fondamentale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio. Non si può utilizzare questo strumento per rimettere in discussione l’accertamento dei fatti compiuto nei gradi precedenti. La difesa deve concentrarsi sull’individuazione di specifici errori di diritto o di vizi logici palesi e incontrovertibili nella motivazione della sentenza impugnata. Qualsiasi tentativo di sollecitare una nuova valutazione delle prove si scontrerà inevitabilmente con una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento di spese e sanzioni.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o ricostruire i fatti. Il suo compito è solo quello di verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge, non se abbiano valutato correttamente i fatti.
Cosa significa che un motivo di ricorso è una ‘mera doglianza in punto di fatto’?
Significa che l’appellante si sta lamentando di come il giudice di merito ha interpretato i fatti e le prove, cercando di ottenere una nuova valutazione, attività che non è permessa in sede di legittimità.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in Cassazione?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata a pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria (in questo caso, tremila euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12199 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12199 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 20/04/1993
avverso la sentenza del 23/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile del delitto di falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri;
Considerato che il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente censura la violazione della legge penale nonché l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione denunziando il travisamento del materiale probatorio, non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto e poiché tende ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 3); esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
Considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui il ricorrente lamenta l’erronea applicazione della legge ed il vizio motivazionale in ordine all’omesso riconoscimento della sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è anch’esso non consentito dalla legge in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto e manifestamente infondato poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento; la motivazione della sentenza impugnata (cfr. pag. 3) non presenta alcun vizio ricondud bile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen., avendo in modo logico e coerente, illustrato le ragioni del mancato riconoscimento della causa di non punibilità;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 15 gennaio 2025.