Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35801 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35801 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME NOME a Feltre DATA_NASCITA;
avverso la sentenza del 13 gennaio 2025 della Corte d’appello di Venezia;
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata il 5 settembre 2025 dall’AVV_NOTAIO che, anche in replica alle conclusioni rassegnate dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Venezia ha confermato la pronuncia di primo grado, che, pur riconoscendo la sussistenza del fatto e la sua riconducibilità all’imputato, NOME COGNOME, lo
aveva assolto dal reato a lui ascritto (artt. 483 cod. pen. e 76 d.P.R. n. 445 del 2000, per aver falsamente attestato, nella sua qualità di professionista incaricato dalla committente, nella dichiarazione sostitutiva presentata al Comune di Valdobbiadene, che la parabola installata era di sola ricezione), per la particolare tenuità del fatto.
Il ricorso, proposto nell’interesse dell’imputato, si compone di un unico motivo, articolato in tre distinte censure, connesse tra loro, a mezzo del quale la difesa deduce, sostanzialmente, la mancanza dell’elemento soggettivo.
In estrema sintesi, la difesa sostiene che:
la dichiarazione sostitutiva sì dovrebbe leggere unitamente all’originaria istanza proposta dal procuratore della committente (NOME COGNOME), che dava atto della duplice funzionalità della parabola;
il ricorrente (privo dì esperienza in ordine a questioni radioelettriche) era stato incaricato dei soli aspetti urbanistici, mentre per quelli tecnici (e, i particolare, per le caratteristiche della parabola) si era limitato ad interpellare i COGNOMECOGNOME senza operare alcun autonomo accertamento;
lo stesso COGNOME aveva confermato il suo errore, riconducendolo all’originaria funzione che doveva avere la parabola;
nella dichiarazione rilasciata il ricorrente si è limitato a dichiarare l caratteristiche della parabola, senza attestare alcun autonomo personale accertamento;
l’ordinaria duplicità di funzioni delle parabole installate in montagna è mera affermazione del teste COGNOME, priva di specificità e dettaglio e, comunque, riferibile a chi abbia conoscenze tecniche specifiche;
il medesimo risultato si sarebbe potuto conseguire attraverso il mero deposito di una SCIA, senza incorrere nelle rilevanti conseguenze, anche professionali, connesse alla supposta falsa attestazione; e tanto renderebbe il falso del tutto inutile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
Va premesso che il reato contestato è configurato, normativamente, sotto il profilo soggettivo, in termini di dolo generico; una partecipazione che si sostanzia nella volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto (rendendo la dichiarazione sostitutiva), nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico
di dichiarare il vero (Sez. 2, n. 47867 del 28/10/2003, Ammatura, Rv. 227078; Sez. 3, n. 44097 del 3/5/2018, I., Rv. 274126).
Ebbene, entrambi i giudici di merito, concordemente, facendo corretta applicazione di tali principi, hanno ritenuto che il COGNOME fosse pienamente consapevole della falsità di quanto dichiarato. In questi termini:
l’accertata esperienza professionale dell’imputato, che aveva ricoperto – per circa vent’anni – il ruolo di tecnico per RAGIONE_SOCIALE nell’espletamento di pratiche similari nel Triveneto (in tal senso le dichiarazioni dello stesso imputato, del teste COGNOME, procuratore di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per il Triveneto, e dalla teste NOME COGNOME impiegata dell’RAGIONE_SOCIALE), interfacciandosi con l’amministrazione come unico referente tecnico, tanto per i profili urbanistico-amministrativi, quanto per quelli rad ioelettrici ;
l’ordinaria duplicità di funzioni svolta da una parabola collocata in zona di montagna, peraltro in un luogo noto proprio perché idoneo, una volta posti i ripetitori, a “far rimbalzare” il segnale nelle regioni limitrofe;
lo stesso iter procedimentale all’interno del quale si era inserita la domanda, atteso che dopo aver ricevuto la prima risposta negativa da parte dell’RAGIONE_SOCIALE (per conto del Comune), il COGNOME insisteva nella richiesta, depositando l’autodichiarazione incriminata, attraverso cui si attestava l’esistenza di una condizione (falsa) indispensabile ad ottenere il buon esito della pratica con la procedura semplificata intrapresa, non praticabile ove la parabola avesse avuto anche funzioni trasmittenti.
A fronte di ciò, il ricorrente deduce la necessità di una differente valutazione della dichiarazione sostitutiva (da leggersi unitamente all’originaria istanza proposta), delle dichiarazioni rese dal COGNOME (che avrebbe confermato l’esistenza di un suo errore), delle esperienze matura dal ricorrente (incaricato dei soli aspetti urbanistici), delle affermazioni del teste COGNOME (quanto alle ordinarie caratteristiche di una parabola installata in montagna), dell’utilità del falso asseritamente commesso.
Tanto, però, significa censurare la valutazione della prova, non la motivazione che di essa ne danno i giudici di merito; significa chiedere a questa Corte una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, articolata sulla base dei diversi parametri di ricostruzione e valutazione, dimenticando i limiti propri del sindacato riservato a questa Corte, che non è chiamata a verificare l’intrinseca adeguatezza delle argomentazioni offerte dal giudice di merito, scegliendo tra diverse possibili ricostruzioni, ma al solo riscontro dell’esistenza, della non manifesta illogicità e della coerenza
dell’apparato argomentativo, valutato nel suo complesso, sui vari punti della decisione impugnata (ex multis, Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, COGNOME ed altri, Rv. 254107; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, Rv. 260841).
Né, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, è deducibile un pur invocato travisamento del dato probatorio. Il travisamento del “significante”, invero, intanto può integrare un vizio motivazionale, in quanto tale vizio disarticoli effettivamente l’intero ragionamento probatorio e renda illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa del dato in ipotesi travisato. Decisività, peraltro, che dovrà essere valutata non in astratto, ma all’interno dello stesso contesto motivazionale posto a base della decisione impugnata, rilevando l’incidenza dell’elemento viziato alla luce del complessivo ragionamento probatorio sotteso alla ratio decidendi della pronuncia impugnata.
Ebbene, nell’economia complessiva dell’impianto motivazionale sotteso alla decisione resa dalla corte territoriale, le dichiarazioni rese dai testi COGNOME e COGNOME o dallo stesso imputato assumono un ruolo evidentemente non decisivo, in quanto valorizzate al solo scopo di riscontrare la complessiva ricostruzione prospettata, univocamente fondata sull’oggettiva consistenza dei dati richiamati (la ventennale gestione delle pratiche, i rapporti intrattenuti con gli organi amministrativi, la collocazione della parabola e lo stesso complessivo iter procedimentale).
In questi termini, quindi, quand’anche il travisamento ci fosse stato (e, sotto tale profilo, il ricorrente si limita a riportare semplici stralci delle dichiarazioni re dal teste, circostanza che rende in sé la censura inammissibile: Sez. 3, n. 19957 del 21/09/2016, dep. 2017, Rv. 269801), esso sarebbe stato, all’evidenza, assolutamente non decisivo in quanto inidoneo disarticolare il ragionamento probatorio posto a base della decisione impugnata, fondato, per come si è detto, su altri e decisivi elementi probatori.
D’altronde: che il medesimo risultato si sarebbe potuto conseguire attraverso il mero deposito di una SCIA è circostanza del tutto irrilevante, alla luce del diverso procedimento utilizzato (incompatibile con la differente natura della parabola); che il ricorrente non abbia proceduto ad una personale verifica di quanto, in ipotesi difensiva, riferito dal COGNOME, atteso l’esplicito contenuto della dichiarazione (con la quale si attestano – personalmente – le specifiche caratteristiche della parabola) non esime l’imputato dalle sue responsabilità (Sez. 5, n. 12547 del 08/11/2018, dep. 2019, Sirianni, Rv. 276505).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condanNOME al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11 settembre 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente