LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Falsa attestazione: la responsabilità del professionista

Un professionista, accusato di falsa attestazione per aver dichiarato una parabola satellitare come di ‘sola ricezione’ mentre era anche trasmittente, ha fatto ricorso in Cassazione sostenendo di essersi fidato delle informazioni del cliente e di non avere intenti illeciti. La Corte ha respinto il ricorso, affermando che la sua ventennale esperienza e le circostanze specifiche del caso dimostravano la piena consapevolezza della falsità, configurando così il dolo generico richiesto per il reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa Attestazione: Quando la Fiducia nel Cliente non Esclude la Responsabilità del Professionista

Nel complesso mondo delle pratiche amministrative, la figura del professionista è cruciale. Ma cosa succede quando una dichiarazione si rivela non veritiera? La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 35801/2025, affronta un caso emblematico di falsa attestazione, chiarendo i confini della responsabilità professionale e l’irrilevanza del presunto affidamento sulle informazioni fornite dal committente. La decisione sottolinea come l’esperienza e il contesto operativo siano elementi determinanti per valutare la consapevolezza del professionista.

I Fatti del Caso: Una Parabola a “Doppia Funzione”

La vicenda ha origine dalla dichiarazione sostitutiva presentata da un professionista al Comune per conto di un’emittente radiofonica. L’oggetto della pratica era l’installazione di una parabola satellitare in una zona montana. Nella sua dichiarazione, il tecnico attestava che l’impianto era destinato alla “sola ricezione”.

Successivamente, emergeva che la parabola aveva una duplice funzionalità, essendo in grado anche di trasmettere segnali, una caratteristica comune per impianti situati in montagna al fine di “far rimbalzare” il segnale verso altre regioni. Questa discrepanza portava a un’imputazione per il reato di falsa attestazione ai sensi dell’art. 483 del codice penale.

Sebbene assolto in primo grado per la particolare tenuità del fatto, la Corte d’Appello confermava la sussistenza del reato e la riconducibilità della condotta all’imputato, il quale decideva di ricorrere in Cassazione.

La Difesa del Professionista e la contestata Falsa Attestazione

La linea difensiva del professionista si basava essenzialmente sulla mancanza dell’elemento soggettivo del reato, ovvero il dolo. L’imputato sosteneva di:
* Non possedere competenze tecniche specifiche in materia radioelettrica, essendo stato incaricato solo degli aspetti urbanistici.
* Aver fatto pieno affidamento sulle informazioni ricevute dal procuratore della società committente, il quale avrebbe poi ammesso un proprio errore.
* Aver semplicemente riportato le caratteristiche della parabola senza effettuare un accertamento tecnico personale e autonomo.

In sostanza, la difesa mirava a dimostrare che il professionista aveva agito in buona fede, indotto in errore dal proprio cliente, e che la falsa attestazione non era frutto di una volontà cosciente di dichiarare il falso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. Il fulcro della decisione risiede nella corretta configurazione del dolo nel reato di falsa attestazione. I giudici hanno ribadito che per questo reato è sufficiente il dolo generico, che consiste nella “volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto (rendendo la dichiarazione sostitutiva), nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero”.

La Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente individuato diversi elementi che provavano la piena consapevolezza del professionista:
1. L’esperienza professionale: L’imputato aveva ricoperto per circa vent’anni il ruolo di tecnico per la stessa emittente radiofonica, gestendo pratiche simili e interfacciandosi con le amministrazioni sia per profili urbanistici che radioelettrici. Questa lunga esperienza rendeva inverosimile una sua totale ignoranza in materia.
2. Il contesto procedimentale: La dichiarazione incriminata era stata presentata dopo una prima risposta negativa da parte dell’ARPAV. Il professionista aveva insistito, depositando un’autodichiarazione che attestava una condizione (la sola ricezione) palesemente falsa ma indispensabile per ottenere il via libera con una procedura semplificata, non applicabile in caso di impianti trasmittenti.
3. La natura dell’attestazione: La dichiarazione non era una semplice trasmissione di dati altrui, ma un’attestazione personale sulle specifiche caratteristiche dell’opera. Questo implica una responsabilità diretta del dichiarante.

La Cassazione ha concluso che gli argomenti della difesa erano un tentativo di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, un’attività preclusa in sede di legittimità. L’affidamento sulle dichiarazioni del cliente non può esonerare il professionista dalle sue responsabilità, soprattutto di fronte a un’esperienza consolidata e a un iter procedurale che suggeriva la necessità di una verifica accurata.

Le Conclusioni

La sentenza n. 35801/2025 offre un importante monito per tutti i professionisti tecnici. La responsabilità derivante da una falsa attestazione non può essere elusa invocando la fiducia riposta nel committente o una presunta incompetenza su aspetti specifici, specialmente quando l’esperienza pregressa e il contesto della pratica rendono palese la falsità del dichiarato. Il professionista che attesta personalmente un fatto se ne assume la piena responsabilità giuridica. Questa decisione rafforza il dovere di diligenza e verifica che incombe su chiunque rediga e sottoscriva dichiarazioni destinate ad avere efficacia probatoria nei confronti della Pubblica Amministrazione.

Un professionista è responsabile per una falsa attestazione se si è basato su informazioni errate fornite dal suo cliente?
Sì, secondo questa sentenza è responsabile. La Corte ha stabilito che l’aver fatto affidamento su quanto riferito dal cliente non esime il professionista dalla sua responsabilità, poiché la dichiarazione con cui si attestano personalmente le specifiche caratteristiche di un’opera comporta un’assunzione diretta di responsabilità.

Per configurare il reato di falsa attestazione è necessario un fine specifico (dolo specifico) o basta la consapevolezza di dichiarare il falso (dolo generico)?
È sufficiente il dolo generico. Il reato si perfeziona con la volontà cosciente di rendere la dichiarazione, unita alla consapevolezza che quanto dichiarato non corrisponde al vero, violando così il dovere giuridico di veridicità.

L’esperienza professionale pregressa ha rilevanza nel giudicare la consapevolezza di una falsa attestazione?
Sì, ha una rilevanza fondamentale. Nel caso esaminato, la ventennale esperienza del tecnico in pratiche analoghe per lo stesso cliente è stata considerata un elemento decisivo per concludere che egli fosse pienamente consapevole della falsità di quanto stava dichiarando e delle sue implicazioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati