LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Falsa attestazione: firma apocrifa e concorso morale

Un uomo viene assolto dall’accusa di falsa attestazione per aver presentato un’autocertificazione con firma falsa per ottenere la patente nautica. Il Pubblico Ministero ricorre in Cassazione sostenendo il concorso morale dell’imputato, che avrebbe tratto vantaggio dalla falsità. La Suprema Corte rigetta il ricorso, affermando che, in assenza di prove concrete di un accordo fraudolento, l’ipotesi che un’agenzia intermediaria abbia agito autonomamente crea un ragionevole dubbio che giustifica l’assoluzione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Falsa attestazione e firma falsa: assoluzione confermata se manca la prova del concorso morale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un caso complesso di falsa attestazione, dimostrando come la sola presenza di una firma apocrifa su un documento non sia sufficiente a escludere la colpevolezza, ma al tempo stesso ribadendo l’importanza del principio del ragionevole dubbio. Il caso riguarda un cittadino accusato di aver presentato una dichiarazione mendace per ottenere la patente nautica. La sua firma sul modulo è risultata falsa, ma la Procura ha insistito sulla sua responsabilità a titolo di concorso morale. Vediamo come la Suprema Corte ha risolto la questione.

I Fatti: la richiesta della patente nautica e la firma disconosciuta

Un cittadino veniva processato per il reato di cui all’art. 495 del codice penale per aver presentato alla Capitaneria di Porto un’autocertificazione necessaria al rilascio della patente nautica. Nel modulo, egli ometteva di dichiarare di aver riportato due condanne a pene detentive superiori a tre anni, circostanza che avrebbe impedito il rilascio del titolo.

Durante il processo, l’imputato si è difeso sostenendo di non aver mai compilato né sottoscritto quel documento. Ha dichiarato di essersi rivolto a un’agenzia di pratiche automobilistiche per l’espletamento delle procedure, consegnando loro la sua precedente patente. Una perizia calligrafica ha confermato la sua versione: sia la scrittura di compilazione che la firma in calce al modulo erano apocrife, ovvero non riconducibili a lui.

Sulla base di questi elementi, il Tribunale di primo grado lo ha assolto per non aver commesso il fatto, ritenendo plausibile e non superabile da ogni ragionevole dubbio l’ipotesi che il personale dell’agenzia avesse agito autonomamente, falsificando il documento.

La decisione del Tribunale e il ricorso del Pubblico Ministero

Il Pubblico Ministero ha impugnato la sentenza di assoluzione, ricorrendo in Cassazione. Secondo l’accusa, il ragionamento del Tribunale era illogico e contraddittorio. La Procura sosteneva che, anche in presenza di una firma falsa, il giudice avrebbe dovuto valutare la responsabilità dell’imputato a titolo di concorso morale. In altre parole, l’imputato, essendo l’unico a beneficiare della dichiarazione falsa, avrebbe potuto aver istigato o comunque essere stato d’accordo con l’operato dell’agenzia, fornendo informazioni incomplete e inducendo così l’autore materiale alla falsificazione.

L’analisi della Cassazione sulla falsa attestazione e il concorso morale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero, confermando la sentenza di assoluzione. I giudici supremi hanno chiarito che, sebbene in linea di principio la paternità di un documento non dipenda esclusivamente dalla sottoscrizione autografa, la tesi del concorso morale deve essere supportata da prove concrete.

L’ipotesi di una “fraudolenta concertazione” tra l’imputato e l’agenzia, seppur astrattamente possibile, rimaneva nel caso di specie una mera congettura. Non era emerso alcun riscontro probatorio che potesse trasformare questa possibilità in una certezza processuale.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha sottolineato che il Tribunale ha correttamente applicato il principio del “ragionevole dubbio”. L’ipotesi che l’agenzia avesse compilato autonomamente il modulo, falsificando la firma, non era una “remota eventualità”, ma una “concreta possibile evenienza” emersa nel corso del processo. In assenza di elementi di fatto certi e di sicuro valore indiziante che provassero un accordo illecito, non era possibile fondare un’affermazione di responsabilità.

La motivazione della Cassazione è chiara: non si può condannare una persona basandosi su una mera supposizione, per quanto logicamente plausibile. Il vantaggio conseguito dall’imputato, da solo, non costituisce prova di un suo contributo morale alla commissione del reato. La Procura aveva l’onere di dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che l’imputato avesse partecipato, anche solo moralmente, alla falsificazione, e non vi è riuscita.

Le conclusioni: il principio del “ragionevole dubbio”

Questa sentenza ribadisce un cardine del nostro sistema penale: il principio del “al di là di ogni ragionevole dubbio”. Quando le prove presentate lasciano aperta una spiegazione alternativa e plausibile dei fatti, che esclude la colpevolezza dell’imputato, il giudice deve assolverlo. L’onere di superare questo dubbio spetta interamente all’accusa. In questo caso, l’ipotesi di un’azione autonoma e illecita da parte dell’agenzia ha rappresentato quel dubbio ragionevole che ha portato alla conferma dell’assoluzione, nonostante la sussistenza di un reato di falsa attestazione commesso da terzi.

Se la firma su un’autocertificazione è falsa, si è automaticamente non colpevoli del reato di falsa attestazione?
No, non automaticamente. La falsità della firma è un elemento cruciale, ma la responsabilità penale potrebbe comunque sussistere a titolo di concorso morale. Tuttavia, la Procura deve fornire prove concrete che l’interessato abbia istigato o fosse d’accordo con la falsificazione, non potendo basarsi solo su ipotesi.

Cosa si intende per “concorso morale” in un caso di falsa attestazione?
Significa che, pur non avendo materialmente compilato o firmato il documento falso, una persona è considerata colpevole perché ha contribuito a determinare la volontà dell’autore materiale del falso, ad esempio fornendo istruzioni, omettendo informazioni cruciali in un accordo fraudolento con chi ha poi redatto l’atto.

In questo caso, perché la Cassazione ha confermato l’assoluzione nonostante il vantaggio ottenuto dall’imputato?
Perché il solo vantaggio non è una prova sufficiente. La Cassazione ha ritenuto che l’ipotesi del Pubblico Ministero (un accordo fraudolento tra l’imputato e l’agenzia) fosse una mera congettura non supportata da alcun riscontro probatorio. Di fronte alla concreta e plausibile alternativa che l’agenzia avesse agito autonomamente, il Tribunale ha correttamente applicato il principio del ragionevole dubbio, giustificando l’assoluzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati