Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14366 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14366 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 23/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a FASANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 31/03/2023 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
Q
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Lecce, riformando la pronuncia di condanna di primo grado, previa riqualificazione dei reati originariamente ascritti al ricorrente in quello di furto pluriaggravato, h ridotto il trattamento sanzioNOMErio.
Avverso la richiamata sentenza della Corte d’Appello di Lecce ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, mediante il difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, articolando quattro motivi di impugnazione, di seguito sintetizzati nei limiti richiesti dall’art. 173 disp. att. c.p.p.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia erronea applicazione dell’art. 199 cod. proc. pen. e difetto o contraddittorietà della motivazione in relazione agli artt. 546 e 199 cod. proc. pen., anche in riferimento all’assunta illegittimità costituzionale degli artt. 3 e 24 Cost.
A fondamento del motivo il COGNOME premette che, nel disattendere la proposta eccezione di illegittimità costituzionale del predetto art. 199 laddove non prevede che anche gli affini “di fatto”, e nella specie il padre della propria convivente more uxorio, debbano essere avvertiti della facoltà di astenersi dal rendere testimonianza, ha erroneamente ritenuto che egli non avesse tempestivamente dedotto la nullità relativa conseguente all’omissione del relativo avviso.
Deduce a riguardo, in particolare, che al momento dell’assunzione della testimonianza di NOME COGNOME, come risultante dal verbale d’udienza del 14 ottobre 2020, egli aveva tempestivamente eccepito che avrebbe dovuto essere avvisato della facoltà di astensione e puntualizzato, a fronte dell’opposizione del Pubblico Ministero alla luce dell’insussistenza di un rapporto di coniugio tra l’imputato e la figlia del teste, che dovesse essere effettuata, in virtù della rati della norma, un’interpretazione estensiva della stessa. Tale eccezione era dunque stata tempestivamente formulata e, assunta la testimonianza del COGNOME, reiterata in appello.
In conseguenza assume il ricorrente che l’art. 199 cod. proc. pen. potrebbe violare gli artt. 3 e 24 Cost. laddove non estende anche agli affini del convivente more uxorio la disciplina contemplata dalla stessa norma per gli affini del coniuge ricorrendo le medesime esigenze di tutela del carattere personale della relazione e della tutela della vita privata e familiare che sussistono anche nell’altra ipotesi.
2.2. Il ricorrente deduce, con il secondo motivo di ricorso, vizio di motivazione in relazione agli artt. 546 e 530 cod. proc. pen. rispetto agli artt. 624 e 625, comma 1, n. 2 e n. 7 cod. pen., perché la decisione impugnata, con
argomentazioni apodittiche, non avrebbe tenuto conto delle ipotesi alternative prospettate dalla difesa sulla scorta delle dichiarazioni di alcuni soggetti esaminati in dibattimento che avevano riferito che anche altri avevano le chiavi del garage dove erano stati rinvenuti i pezzi dei veicoli smontati.
2.3. Il COGNOME assume, inoltre, vizio di motivazione rispetto alla ritenuta recidiva ex art. 99 cod. pen. poiché l’unico precedente specifico rispetto al reato oggetto del presente processo è del 2003, mentre gli ulteriori reati da lui commessi sono contravvenzioni e quello di ingiuria è stato depenallizato.
2.4. Il ricorrente deduce, infine, vizio di motivazione della decisione impugnata quanto all’omesso riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, senza valorizzare il corretto comportamento processuale tenuto dallo stesso che aveva acconsentito all’acquisizione di numerosi atti nel fascicolo del dibattimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è manifestamente infondato poiché, a differenza di quanto prospettato con lo stesso, come ha evidenziato la Corte territoriale nel disattendere l’analoga censura formulata con l’atto di appello, dopo l’assunzione della testimonianza del COGNOME, alla stregua di quanto si evince dalla lettura del verbale d’udienza, la difesa del ricorrente non ha eccepito alcun vizio della stessa, e ha riproposto la questione solo con l’atto d’appello.
Tuttavia, per fermo orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’omissione dell’avvertimento relativo alla facoltà per i prossimi congiunti dell’imputato di astenersi dal deporre determina una nullità relativa, che deve essere eccepita, a pena di decadenza, dalla parte che vi assiste prima del compimento dell’esame testimoniale ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo, ai sensi dell’art. 182, comma 2, cod. proc. pen. (ex ceteris, Sez. 3, n. 21374 del 16/01/2018, S., Rv. 273219 – 01).
Di conseguenza, poiché il difensore del COGNOME, pur presente all’udienza, ha dedotto la questione solo prima e non anche dopo che il COGNOME aveva reso le sue dichiarazioni, la Corte territoriale ha correttamente ritenuto che la questione di illegittimità costituzionale sarebbe stata comunque irrilevante in quanto tardiva.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile poiché la Corte d’Appello, con motivazione congrua, con la quale l’imputato non si confronta, con conseguente genericità della censura, ha a riguardo sottolineato, da un lato, che come emerso dalla puntuale testimonianza del COGNOME solo il ricorrente era di
fatto da un paio d’anni nella disponibilità del deposito e che, peraltro, le indagini erano iniziate proprio dopo che lo stesso COGNOME era stato sorpreso nella flagranza del tentativo di furto di una vettura, circostanza nella quale egli era trovato nel possesso non solo dell’intero kit per compiere il delitto ma anche di un bigliettino contenente l’indicazione dei pezzi dell’auto che servivano al mandante del furto.
Talché ipotesi ricostruttive alternative sono rimaste mere congetture, prive di ogni reale sostegno sul piano probatorio nel corso del processo e di qui inidonee a concretare un ragionevole dubbio sulla colpevolezza per i reati ascritti (ex plurimis, Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P., Rv. 281647 – 04; Sez. 4, n. 22257 del 25/03/2014, COGNOME, Rv. 259204 – 01).
Il terzo motivo è manifestamente infondato atteso che, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la recidiva contestata è stata applicata sia per il precedente specifico che per l’altro reato, avente natura di delitto, di resistenza a pubblico ufficiale.
Inoltre, pur contenendo l’aumento della recidiva, la peculiare proclività a delinquere del COGNOME è stata corroborata ulteriormente nella motivazione dalla commissione dopo i fatti per cui è processo di altri delitti per i quali ancora non era intervenuta sentenza irrevocabile di condanna.
Inammissibile per carenza di specificità si palesa, infine, l’ultimo motivo di ricorso.
L’imputato, infatti, non solo non si confronta con la parte della motivazione che ha escluso la possibilità di valutare ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche il consenso prestato dallo stesso all’acquisizione di alcuni atti al dibattimento, trattandosi di una scelta di carattere difensivo, ma ha altresì posto in rilievo la gravità delle condotte ascritte e l’assenza di una reale collaborazione processuale del COGNOME ritraibile dall’essersi tra l’altro los tesso avvalso, in sede di interrogatorio, della facoltà di non rispondere.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, atteso che l’evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione non consente di ritenere il ricorrente medesimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità (cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma il 23 febbraio 2024 Il Consigliere COGNOME
Il Presidente