Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 12155 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 12155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/02/2023 della Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Palermo riformava la sentenza del Tribunale di Palermo del 15 dicembre 2020, che aveva assolto, all’esito di giudizio abbreviato, l’imputato NOME COGNOME ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. dal reato di evasione.
L’imputato era stato sorpreso a circa tre metri di distanza dal portone dell’abitazione dove era ristretto in applicazione della misura cautelare domiciliare, assistita dal sistema di controllo elettronico (non ancora attivato), mentre conversava con alcune persone.
La Corte di appello accoglieva il gravame del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, condannando l’imputato alla pena di anni uno di reclusione, con l’aumento per la recidiva.
Secondo la Corte territoriale, la versione fornita dall’imputato (la presenza delle persone per il festeggiamento del compleanno della figlia e per la riparazione di un guasto nella abitazione) era da ritenersi inverosimile: il compleanno cadeva nel giorno precedente e non poteva essere festeggiato per strada, viepiù in assenza della stessa festeggiata; la riparazione da parte del muratore doveva avvenire in casa e non sulla pubblica via. Il fatto non presentava inoltre alcuna connotazione di lievità da giustificare l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge ed erronea esclusione dell’art. 131-bis cod. pen.
L’imputato ha nell’immediatezza del fatto spiegato la ragione della sua presenza fuori dalla abitazione ad appena tre metri di distanza: stava festeggiando il compleanno della figlia con parenti della compagna ed era anche presente il muratore che doveva effettuare un controllo idraulico.
Il primo giudice aveva ritenuto questa versione plausibile e l’offesa al bene giuridico protetto dalla norma penale di minima entità, in ragione della episodicità e delle circostanze della condotta che rivelavano una tenue intensità del dolo.
Aspetti, questi, che la Corte di appello non ha considerato.
Né poteva rilevare la ritenuta recidiva, avendo riportato il ricorrente precedenti per reati del tutto diversi.
2.2. Vizio di motivazione.
La sentenza impugnata non risulta far corretta applicazione degli obblighi motivazionali (cosiddetta motivazione rinforzata) imposti al giudice della riforma Dt della decisione assolutoria, in mancanza di elementi sopravveni t.
La Corte di appello si è limitata ad accogliere acriticamente l’appello del P.G. non confutando gli argomenti del primo giudice.
Viepiù, la sentenza impugnata riconosceva la recidiva solo per la presenza di precedenti penali senza offrire una motivazione sulla significatività del nuovo episodio criminoso (che si presentava di scarsa offensività) ai fini della pericolosità dell’imputato.
In ultimo, la Corte territoriale non accordava le attenuanti generiche, senza motivare tale scelta: andava considerato il comportamento tenuto dal ricorrente al momento del fatto, la minima offensività del fatto, per accordare una pena ancorata al minimo con la concessione delle suddette circostanze.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va ritenuto inammissibile in ogni sua articolazione.
Va premesso che la sentenza di primo grado si limitava a riportare la versione fornita dall’imputato, non procedendo né ad una sua valutazione in termini di plausibilità né conferendo ad essa alcuna rilevanza ai fini della tenuità del fatto.
Infatti, gli elementi valorizzati dal Tribunale ai fini dell’applicazione dell’a 131-bis cod. pen. erano essenzialmente la distanza “minima” del luogo dove l’imputato era stato sorpreso e la episodicità del fatto.
Peraltro, tali aspetti sono stati valutati con una motivazione molto assertiva. La Corte di appello ha ritenuto di riformare la decisione di primo grado, basandosi non su una mera rilettura dei suddetti elementi, bensì evidenziando circostanze – non considerate dal primo giudice – che dimostravano le gravi carenze del ragionamento assolutorio.
Il primo giudice, da un lato non ta aveva vagliato la versione fornita dall’imputato che, per la sua inverosimiglianza, dimostrava la assenza di apprezzabili motivi a delinquere e dell’intenzione di fare immediato rientro nella abitazione; e dall’altro non aveva considerato, ai fini dell’episodicità dell’episodio, che la misura cautelare era stata applicata al ricorrente solo dieci giorni prima.
Quanto ora osservato esclude quindi all’evidenza che la motivazione della sentenza di appello abbia violato gli obblighi di “motivazione rafforzata”.
E’ infatti principio pacifico che nel giudizio di appello, in mancanza di elementi “sopravvenuti”, per la riforma di una sentenza assolutoria occorre una motivazione che esprima una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio (tra le tante, Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, Rv. 278056) e che tale obbligo non sussiste nel caso in cui il provvedimento assolutorio abbia un contenuto motivazionale generico e meramente assertivo, posto che, in tale ipotesi, non vi è neppure la concreta possibilità di confutare argomenti e considerazioni alternative del primo giudice, essendo la decisione di appello l’unica
realmente argomentata (Sez. 6, n. 11732 del 23/11/2022, dep. 2023, Rv. 284472).
Neppure può dirsi censurabile la valutazione sulla causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen.
Si è infatti affermato che essa è applicabile al reato di evasione, a condizione che la fattispecie concreta, all’esito di una valutazione congiunta degli indicatori afferenti alla condotta, al danno e alla colpevolezza, risulti caratterizzata da un’offensività minima (Sez. 6, n. 35195 del 03/05/2022, Rv. 283731).
Valutazione che la Corte di appello ha compiutamente effettuato sulla base degli elementi in precedenza indicati, dando conto, con motivazione coerente, della loro rilevanza e significatività.
Valutazione che il ricorrente contrasta con argomenti meramente oppositivi e aspecifici.
Quanto, infine, ai vizi della motivazione riguardanti il trattamento sanzionatorio, va osservato che la critica difensiva sulla recidiva si basa essenzialmente sul presupposto – motivatamente escluso dalla sentenza impugnata – della scarsa offensività del fatto. Né può dirsi carente la motivazione sul punto, posto che la Corte territoriale non si è limitata a valorizzare la sola presenza di precedenti penali, ma ne ha vagliato la tipologia e la collocazione temporale per inferire che la reiterazione dell’illecito era da ritenersi effettiv sintomo di riprovevolezza della condotta e della pericolosità del suo autore.
Inammissibile è infine anche la censura sul mancato riconoscimento di circostanze attenuanti generiche. Non risulta infatti dalla sentenza impugnata (né lo ha allegato il ricorrente) che la difesa ne abbia fatto espressa richiesta nei gradi di merito e quindi l’imputato non può dolersi in questa Sede della loro mancata concessione (cfr. in ordine al potere-dovere attribuito al giudice d’appello ex art. 597, comma 5, cod. proc. pen., Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376; in caso di riforma di sentenza assolutoria, Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019, Rv. 276596).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deye, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitative, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 2V01/2024.