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Evasione tenuità del fatto: quando non si applica

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12155/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per evasione. L’imputato, ai domiciliari, era stato trovato a tre metri da casa. La Suprema Corte ha stabilito che la questione dell’evasione per tenuità del fatto non può basarsi solo sulla minima distanza, ma deve considerare altri elementi come i precedenti penali e la recente applicazione della misura cautelare, che nel caso specifico indicavano una condotta non trascurabile e una pericolosità sociale.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Evasione per Tenuità del Fatto: Perché Pochi Metri Non Bastano?

La valutazione del reato di evasione e la tenuità del fatto rappresenta un tema delicato nel diritto penale. Uscire di pochi metri dall’abitazione durante gli arresti domiciliari può essere considerato un fatto di lieve entità, tale da non meritare una condanna? La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 12155 del 2024, offre una risposta chiara, sottolineando che la mera distanza non è l’unico parametro da considerare. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso: Tre Metri Fuori Casa

Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Durante un controllo, le forze dell’ordine lo sorprendono a circa tre metri dal portone della sua abitazione, mentre conversa con altre persone. È importante notare che il sistema di controllo elettronico, pur previsto, non era ancora stato attivato.

In sua difesa, l’imputato adduce motivazioni legate a festeggiamenti familiari e alla necessità di un controllo idraulico da parte di un muratore presente sul posto. Queste giustificazioni, tuttavia, non convinceranno i giudici dei gradi successivi.

Il Percorso Giudiziario: Dall’Assoluzione alla Condanna

In primo grado, il Tribunale di Palermo assolve l’imputato applicando l’art. 131-bis c.p., ovvero la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Il giudice valorizza la minima distanza dall’abitazione e la natura episodica della condotta.

La Procura Generale, però, impugna la decisione. La Corte di Appello di Palermo ribalta la sentenza di assoluzione, condannando l’uomo a un anno di reclusione. Secondo la Corte territoriale, le giustificazioni fornite erano inverosimili e, soprattutto, la condotta non presentava alcuna connotazione di lievità che potesse giustificare l’applicazione dell’art. 131-bis, anche in considerazione dei precedenti penali dell’imputato (recidiva).

Evasione tenuità del fatto: La Decisione della Cassazione

L’imputato ricorre in Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. La Suprema Corte, tuttavia, dichiara il ricorso inammissibile, confermando la condanna e fornendo chiarimenti cruciali.

L’Importanza della “Motivazione Rafforzata”

La Cassazione premette che la Corte d’Appello non si è limitata a una semplice rilettura degli elementi, ma ha fornito una “motivazione rafforzata”. Questo è un principio fondamentale: quando un giudice d’appello riforma una sentenza di assoluzione, deve offrire una motivazione con una forza persuasiva superiore, capace di superare ogni ragionevole dubbio. Nel caso specifico, il ragionamento del primo giudice era stato giudicato troppo generico e assertivo, mentre la Corte d’Appello ha evidenziato circostanze non considerate, come l’inverosimiglianza delle giustificazioni e il fatto che la misura cautelare fosse stata imposta da soli dieci giorni, un elemento che dimostra una scarsa adesione alle prescrizioni.

La Valutazione sulla Tenuità del Fatto

Il punto centrale della sentenza riguarda proprio l’inapplicabilità dell’ evasione per tenuità del fatto. La Cassazione ribadisce che questa causa di non punibilità può essere applicata al reato di evasione, ma solo a seguito di una valutazione complessiva che tenga conto della condotta, del danno e della colpevolezza. La Corte d’Appello ha correttamente considerato non solo la distanza minima, ma anche la recidiva dell’imputato e la recente imposizione della misura, elementi che, nel loro insieme, delineavano un’offensività non minima e una riprovevolezza della condotta.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano sul principio che la valutazione della tenuità del fatto non può essere atomistica, cioè basata su un singolo elemento come la distanza. È necessario un giudizio globale che tenga conto del contesto e della personalità dell’autore del reato. La Corte ha ritenuto che la decisione d’appello fosse ben argomentata, poiché aveva valorizzato elementi concreti (i precedenti, la tempistica della violazione) per escludere la lievità del comportamento. La reiterazione di illeciti, secondo i giudici, era un sintomo effettivo della pericolosità dell’imputato e della riprovevolezza della sua condotta, rendendo la condanna una conseguenza logica e giuridicamente corretta.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

La sentenza in esame è un monito importante: nel valutare l’evasione per tenuità del fatto, il giudice non può fermarsi alla superficie. La breve distanza dall’abitazione è solo uno dei tanti indicatori. La storia penale del soggetto e il suo atteggiamento rispetto alle prescrizioni giudiziarie (in questo caso, violare i domiciliari dopo soli dieci giorni) sono fattori determinanti che possono trasformare un’infrazione apparentemente minima in un reato punibile a tutti gli effetti. La decisione consolida un orientamento giurisprudenziale che richiede un’analisi rigorosa e completa prima di poter escludere la punibilità per la particolare tenuità del fatto.

Uscire di casa per pochi metri durante gli arresti domiciliari è sempre un reato di lieve entità?
No. La sentenza chiarisce che la minima distanza dall’abitazione non è di per sé sufficiente per qualificare il fatto come tenue. È necessaria una valutazione complessiva che consideri anche altri indicatori, come i precedenti penali e il tempo trascorso dall’inizio della misura cautelare.

Perché la Corte d’Appello ha potuto ribaltare una sentenza di assoluzione?
La Corte d’Appello ha potuto riformare la sentenza assolutoria perché ha fornito una “motivazione rafforzata”, cioè un’argomentazione più approfondita e persuasiva che ha messo in luce le carenze del ragionamento del primo giudice, il quale aveva basato la sua decisione su una valutazione generica e assertiva degli elementi.

È possibile lamentare in Cassazione la mancata concessione delle attenuanti generiche non richieste in appello?
No. La sentenza conferma il principio secondo cui l’imputato non può dolersi in sede di legittimità della mancata concessione delle attenuanti generiche se la difesa non ne ha fatto espressa richiesta nei precedenti gradi di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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