Evasione per Stato di Necessità: Quando il Timore Non Basta a Giustificare la Fuga
L’ordinanza in esame affronta un caso di evasione stato di necessità, chiarendo i rigidi presupposti per l’applicazione di questa causa di giustificazione. La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che il semplice timore per minacce ricevute non è sufficiente a legittimare la violazione degli arresti domiciliari, soprattutto quando esistono alternative lecite, come contattare le Forze dell’Ordine. Questa pronuncia offre importanti spunti sulla valutazione del pericolo e sulla configurabilità del reato continuato.
I Fatti del Caso: Fuga dagli Arresti Domiciliari
Il caso riguarda un individuo, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, che si allontanava dalla propria abitazione. A seguito di ciò, veniva condannato per il reato di evasione, condanna confermata anche dalla Corte d’Appello. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due principali argomenti: la sussistenza di uno stato di necessità e la richiesta di applicazione della continuazione con altri reati commessi in passato.
La Tesi Difensiva: Paura e Minacce
La difesa sosteneva che l’allontanamento fosse stato causato dal timore generato da minacce ricevute da due soggetti, i quali gli avevano intimato di recarsi in Tunisia. Secondo l’imputato, questa situazione configurava uno evasione stato di necessità, ovvero una condizione di grave e imminente pericolo che lo avrebbe costretto a violare la legge per salvarsi. Inoltre, chiedeva che il reato di evasione fosse considerato in continuazione con precedenti condanne irrevocabili per reati di peculato, falsità e impiego di denaro di illecita provenienza, al fine di ottenere un trattamento sanzionatorio più mite.
La Decisione della Corte: Perché lo Stato di Necessità Non Sussiste
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo le argomentazioni manifestamente infondate. I giudici hanno sottolineato che, per poter invocare lo stato di necessità, il pericolo per la persona deve essere non solo grave, ma anche caratterizzato da ‘indilazionabilità e cogenza’, tali da non lasciare altra alternativa se non quella di commettere il reato. Nel caso di specie, questa condizione non era presente.
La Valutazione sull’Evasione e lo Stato di Necessità
La Corte ha specificato che, di fronte alle minacce prospettate, l’imputato avrebbe avuto un’alternativa chiara e lecita: chiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine. La possibilità di ricorrere alla tutela pubblica esclude la configurabilità dello stato di necessità, che presuppone l’impossibilità di agire diversamente. La scelta di evadere, quindi, non è stata l’unica via percorribile per far fronte al presunto pericolo.
Il Rigetto della Continuazione
Anche la richiesta di applicare la continuazione è stata respinta. La Corte ha evidenziato l’assenza di un ‘medesimo disegno criminoso’ tra l’evasione e i reati precedenti. L’evasione è apparsa come un fatto ‘estemporaneo’, una decisione presa in conseguenza dell’applicazione della misura domiciliare, e non come parte di un programma criminale unitario ideato anni prima. La totale diversità di natura e tipologia tra i reati (l’evasione da un lato, reati contro la pubblica amministrazione e il patrimonio dall’altro) ha reso impossibile collegarli sotto un’unica matrice criminosa.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su consolidati principi giurisprudenziali. Per quanto riguarda lo stato di necessità, si ribadisce che la sua applicazione richiede una situazione di pericolo imminente e inevitabile, dove l’azione illecita rappresenta l’unica ancora di salvezza. La semplice percezione di un rischio o la presenza di minacce non concretamente attuali non sono sufficienti a giustificare la violazione di un provvedimento restrittivo della libertà personale. Per la continuazione, la Corte ha motivato evidenziando che l’evasione era un atto impulsivo e contingente, slegato da qualsiasi programmazione precedente. I reati commessi anni prima appartenevano a un contesto fattuale e temporale completamente diverso, rendendo implausibile l’esistenza di un disegno criminoso comune.
Le Conclusioni
In conclusione, l’ordinanza riafferma due principi fondamentali del diritto penale. Primo: lo stato di necessità è una causa di giustificazione eccezionale, applicabile solo in circostanze di pericolo estremo e non altrimenti fronteggiabile. La disponibilità di alternative legali, come la richiesta di aiuto alle autorità, ne esclude l’operatività. Secondo: l’istituto della continuazione richiede una prova rigorosa dell’esistenza di un unico disegno criminoso che leghi i diversi reati. La mera successione cronologica o la commissione di più illeciti da parte della stessa persona non sono sufficienti a integrarlo. La decisione, quindi, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, confermando la solidità dei principi applicati dai giudici di merito.
 
Quando il timore di una minaccia può giustificare un’evasione dagli arresti domiciliari?
Secondo la Corte, solo quando la minaccia crea una situazione di grave e imminente pericolo per la persona, con caratteristiche di indilazionabilità e cogenza tali da non lasciare altra alternativa che violare la legge. Se è possibile chiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine, lo stato di necessità non sussiste.
È possibile ottenere la continuazione tra il reato di evasione e reati di natura completamente diversa commessi in passato?
No, la Corte ha escluso questa possibilità perché manca un ‘medesimo disegno criminoso’. L’evasione è stata considerata un fatto estemporaneo e conseguente alla misura cautelare, mentre gli altri reati (peculato, falsità, ecc.) erano stati commessi anni prima e avevano una natura e tipologia totalmente diverse.
Cosa avrebbe dovuto fare l’imputato invece di evadere secondo la Corte?
A fronte delle minacce prospettate, l’imputato avrebbe potuto e dovuto chiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine. Questa alternativa lecita e disponibile escludeva la necessità di commettere il reato di evasione.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6193 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6193  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BERGAMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma della condanna in appello per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari – deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi dedotti risultano manifestamente infondati. Invero, la Corte di appello ha evidenziato la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto contestato, correttamente rilevando come non vi fossero i presupposti per applicare la causa di giustificazione dello stato di necessità, atteso che l’imputato si era limitato a sostenere che l’allontanamento dal luogo di restrizione domiciliare era dovuto al timore per le minacce ricevute da due soggetti che gli avevano intimato di recarsi in Tunisia. In tal modo, la sentenza impugnata si è conformata all’orientamento di legittimità in base al quale la configurabilità dell’esimente dello stato di necessità, idonea ad escludere la sussistenza del reato di evasione, richiede l’immanenza di una situazione di grave pericolo alla persona con caratteristiche di indilazionabilità e cogenza tale da non lascia s re altra alternativa che quella di violare la legge (Sez. 6, n. 33076 del 10/06/2003, Pierri, Rv. 226524 – 01), mentre nella specie l’imputato a fronte delle prospettate minacce ben avrebbe potuto chiedere l’intervento delle Forze dell’ordine.
Rilevato che anche la doglianza relativa al rigetto della richiesta di applicare la continuazione tra il reato di evasione e i fatti (plurimi reati di peculat continuato, falsità ideologica e materiale commessa da pubblico ufficiale, impiego di denaro di illecita provenienza) oggetto di condanna irrevocabile. Sul punto la Corte territoriale ha – con motivazione adeguata e dunque insindacabile in sede di legittimità (Sez. 1, n. 12936 del 03/12/2018 – dep. 25/03/2019, D’Andrea, Rv. 275222 – 01) – evidenziato l’insussistenza al riguardo di un medesimo disegno criminoso, atteso che l’evasione appare del tutto estemporanea e frutto di una decisione conseguente all’applicazione della misura domiciliare e considerata la totale diversità di natura e tipologia dei reati giudicati con la precedente sentenza, peraltro commessi anni addietro, e l’evasione.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 10/01/2025