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Evasione: quando non si applica l’attenuante

Un soggetto condannato per evasione ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo di aver diritto all’attenuante per essersi costituito volontariamente. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, specificando che recarsi in carcere al solo scopo di ritirare effetti personali non equivale a una volontaria sottomissione alla detenzione, elemento necessario per l’applicazione del beneficio.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Evasione: La Semplice Presenza in Carcere non Basta per l’Attenuante

L’ordinanza in esame affronta un caso di evasione e chiarisce i presupposti per l’applicazione di una specifica circostanza attenuante: la volontaria costituzione in carcere. La Suprema Corte di Cassazione ha stabilito che non ogni presentazione presso un istituto penitenziario può essere considerata valida ai fini della riduzione di pena, essendo necessaria una precisa intenzione di sottomettersi alla restrizione della libertà personale.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un individuo condannato per il delitto di evasione ai sensi dell’art. 385 del codice penale. La difesa dell’imputato aveva presentato ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva confermato la condanna senza riconoscere l’attenuante prevista dal quarto comma dello stesso articolo. Tale norma prevede una diminuzione della pena se il colpevole “prima della condanna, si costituisce in carcere”. La tesi difensiva si basava sul fatto che l’imputato si fosse recato presso la casa circondariale.

L’Analisi della Cassazione sull’Evasione e l’Attenuante

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza. Il punto centrale dell’analisi giuridica si è concentrato sull’interpretazione del concetto di “costituzione in carcere”. Secondo gli Ermellini, affinché l’attenuante possa operare, non è sufficiente una mera presenza fisica dell’evaso presso l’istituto di pena. È invece indispensabile l’elemento soggettivo, ovvero l’intenzione inequivocabile di consegnarsi all’autorità per espiare la propria pena o sottostare a una misura cautelare.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è netta e rigorosa. Nel caso di specie, è emerso che l’imputato si era presentato presso il carcere non con l’intento di costituirsi, ma unicamente per ritirare i propri effetti personali che si trovavano ancora lì in giacenza. Questa finalità, del tutto estranea alla volontà di sottomettersi volontariamente alla restrizione, esclude categoricamente l’applicabilità dell’attenuante. La norma, secondo l’interpretazione della Corte, premia il ravvedimento e la volontà del reo di rientrare nella legalità, non un’azione dettata da esigenze personali e materiali. L’atto di “costituirsi” implica una sottomissione spontanea all’autorità statale, un elemento che nel comportamento dell’imputato è risultato del tutto assente.

Le Conclusioni

Con questa ordinanza, la Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di evasione: l’attenuante della costituzione volontaria richiede un quid pluris rispetto alla semplice presenza in un luogo di detenzione. È necessaria una manifestazione di volontà chiara e diretta a porre fine allo stato di illegalità. La decisione comporta, per il ricorrente, non solo la conferma della condanna ma anche il pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa dell’evidente infondatezza del suo ricorso. Questo provvedimento serve da monito, chiarendo che le norme premiali devono essere interpretate restrittivamente e applicate solo quando il comportamento del reo dimostri un effettivo e sincero ravvedimento.

Cosa si intende per ‘costituzione in carcere’ ai fini dell’attenuante per il reato di evasione?
Per ‘costituzione in carcere’ si intende l’atto volontario di presentarsi in un istituto penitenziario con la specifica intenzione di sottomettersi alla detenzione, e non per altre finalità come il ritiro di effetti personali.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché l’imputato si era recato in carcere solo per ritirare i suoi beni e non con l’intenzione di consegnarsi, mancando così il presupposto soggettivo richiesto dalla norma per concedere l’attenuante.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione della Cassazione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, oltre alla conferma della condanna per evasione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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