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Evasione: il rientro a casa non è resa spontanea

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per il reato di evasione. L’imputato si era allontanato per due giorni dagli arresti domiciliari. La Suprema Corte ha confermato che il semplice rientro presso la propria abitazione non costituisce la circostanza attenuante della consegna spontanea all’autorità, rigettando le doglianze del ricorrente e condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Evasione: il Rientro a Casa non Basta per l’Attenuante della Resa Spontanea

Con l’ordinanza n. 23472 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di evasione, fornendo chiarimenti cruciali sulla non applicabilità di alcune circostanze attenuanti. La Suprema Corte ha stabilito che il semplice rientro presso la propria abitazione, dopo essersi allontanati dagli arresti domiciliari, non integra la “consegna spontanea” all’autorità, confermando l’orientamento rigoroso in materia.

I Fatti del Caso

Un individuo, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, si allontanava dalla propria abitazione per due giorni. A seguito di ciò, veniva condannato per il reato di evasione ai sensi dell’art. 385 del codice penale. L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, sollevando tre distinti motivi di doglianza.

In primo luogo, lamentava la mancata applicazione dell’attenuante prevista dal quarto comma dell’art. 385 c.p., che prevede una pena minore per chi si costituisce prima della condanna. In secondo luogo, chiedeva il riconoscimento della particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), basandosi sulla minima distanza dal luogo di detenzione al momento del rintraccio e sul comportamento collaborativo tenuto all’atto dell’arresto. Infine, contestava il bilanciamento tra le attenuanti generiche e l’aggravante della recidiva, ritenuto meramente equivalente dai giudici di merito.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Evasione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, ritenendo i motivi proposti generici e manifestamente infondati. La decisione si basa su argomentazioni precise che rafforzano l’interpretazione restrittiva delle norme invocate dalla difesa.

Il Primo Motivo: La Mancata Applicazione dell’Attenuante

I giudici di legittimità hanno ribadito che, ai fini della configurabilità del reato di evasione, è sufficiente la sottrazione al controllo dell’autorità. Il fatto che l’imputato fosse rientrato presso la propria abitazione non assume alcuna rilevanza per l’applicazione dell’attenuante. La Corte ha specificato che il “rientro” non è in alcun modo equiparabile alla “consegna spontanea” all’autorità. Anzi, è stato sottolineato come fosse stato necessario predisporre un servizio specifico per rintracciare l’imputato, dimostrando la sua volontà di sottrarsi alla misura cautelare.

Il Secondo e Terzo Motivo: Tenuità del Fatto e Bilanciamento delle Circostanze

Anche il secondo motivo è stato respinto. La richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stata considerata un tentativo di sollecitare una rivalutazione del merito, non consentita in sede di Cassazione. I giudici hanno evidenziato che la decisione della Corte d’Appello era correttamente motivata, avendo tenuto conto delle modalità della condotta e dell’intensità del dolo. Infine, l’ultimo motivo sul bilanciamento tra attenuanti e aggravanti è stato giudicato inammissibile per genericità, poiché la sentenza impugnata aveva ampiamente giustificato la scelta di considerare le circostanze equivalenti.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione di inammissibilità sulla base della natura reiterativa e infondata dei motivi di ricorso. Il primo motivo riproponeva una censura già correttamente respinta in appello. Il secondo mirava a una rivalutazione dei fatti, estranea al giudizio di legittimità. Il terzo era vago e non specificava le ragioni per cui il bilanciamento delle circostanze operato dai giudici di merito sarebbe stato errato. La condotta dell’imputato, allontanatosi per due giorni e rintracciato solo grazie a un apposito servizio, è stata considerata un elemento decisivo per escludere qualsiasi attenuante e la particolare tenuità del fatto.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza sull’Evasione

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di evasione: per beneficiare dell’attenuante della resa spontanea, non è sufficiente tornare nel luogo di detenzione, ma è necessario un atto attivo di consegna all’autorità giudiziaria o di polizia. La decisione sottolinea l’irrilevanza della distanza percorsa o del tempo trascorso, focalizzandosi sulla volontà di sottrarsi al controllo. Per i soggetti sottoposti a misure restrittive, ciò significa che qualsiasi allontanamento non autorizzato integra il reato e che solo una collaborazione attiva e tempestiva con le forze dell’ordine può, eventualmente, mitigare le conseguenze sanzionatorie.

Tornare a casa dopo essersi allontanati dagli arresti domiciliari costituisce resa spontanea?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il semplice rientro presso l’abitazione non è equiparabile alla consegna spontanea all’autorità di controllo, necessaria per integrare l’attenuante prevista per il reato di evasione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza, poiché i motivi proposti reiteravano censure già respinte, sollecitavano una nuova valutazione dei fatti non permessa in Cassazione e contestavano in modo vago il bilanciamento delle circostanze.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della decisione?
Con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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