Evasione: Quando il Luogo di Detenzione è Concordato
Il delitto di evasione si configura quando una persona si sottrae a una misura di restrizione della libertà personale. Ma cosa succede se il luogo di detenzione viene concordato e poi la persona si assenta? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la responsabilità penale sussiste pienamente, respingendo le argomentazioni difensive basate su presunte discrepanze formali.
Il Contesto del Ricorso per Evasione
Il caso analizzato riguarda una persona condannata in secondo grado dalla Corte d’Appello per il reato di evasione. La ricorrente aveva presentato ricorso in Cassazione sostenendo che il luogo dove era stata accertata la sua assenza non corrispondeva a quello formalmente indicato nel provvedimento del Tribunale di Sorveglianza. Secondo la difesa, questa discrepanza avrebbe dovuto escludere la sua responsabilità.
Tuttavia, la ricostruzione dei fatti operata dalla Corte d’Appello aveva già smentito questa tesi. Era emerso che il luogo di detenzione era stato, di fatto, concordato e individuato dalla stessa ricorrente con l’assistenza del suo difensore. La persona era pienamente consapevole di dover scontare la pena in quel preciso domicilio ed era stata più volte richiamata al rispetto delle prescrizioni.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che il motivo del ricorso fosse una semplice riproposizione di una questione già correttamente analizzata e respinta dalla Corte d’Appello. La Corte ha confermato che non vi era alcun dubbio sul fatto che il luogo dell’assenza fosse proprio quello scelto e indicato dalla ricorrente come luogo di detenzione.
Le motivazioni
La motivazione della Corte Suprema si fonda su un principio di concretezza e sostanza. I giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse già compiuto un’analisi accurata dei provvedimenti, accertando che il luogo in cui la ricorrente era assente al momento del controllo era esattamente quello da lei stessa indicato. La piena consapevolezza della ricorrente, dimostrata anche dai precedenti richiami al rispetto delle regole, rendeva la sua argomentazione puramente pretestuosa.
La Cassazione ha quindi ritenuto che il ricorso non presentasse elementi di novità o critiche fondate alla sentenza impugnata, ma si limitasse a riproporre una tesi già smentita con validi argomenti in fatto e in diritto. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le conclusioni
Questa decisione rafforza un principio fondamentale in materia di evasione: ciò che conta è la consapevole violazione della misura restrittiva. Se il luogo di detenzione è chiaramente identificato e noto al soggetto, anche a seguito di un accordo, eventuali cavilli formali non possono essere usati per eludere la responsabilità penale. La sentenza sottolinea l’importanza della collaborazione e della buona fede del condannato nell’esecuzione della pena, sanzionando i tentativi di sottrarsi agli obblighi imposti dalla legge attraverso argomentazioni infondate.
Cosa succede se una persona in detenzione domiciliare si allontana dal luogo concordato?
Commette il delitto di evasione, come stabilito dall’art. 385 del codice penale. La Corte ha chiarito che l’assenza ingiustificata è punibile anche se il luogo è stato semplicemente concordato con le autorità.
È valida la difesa basata sul fatto che il luogo del controllo non era quello del provvedimento originario?
No, se emerge che il luogo di detenzione è stato successivamente individuato e concordato con la persona interessata e il suo difensore. In tal caso, la persona è pienamente consapevole del luogo in cui deve rimanere e la sua assenza costituisce evasione.
Quali sono le conseguenze di un ricorso giudicato inammissibile in questo caso?
La persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, un ente che finanzia progetti di reinserimento per i detenuti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47482 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47482 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORINO il 19/10/1978
avverso la sentenza del 11/03/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di COGNOME NOME;
OSSERVA
Ritenuto che il motivo di ricorso attraverso cui si censura la ritenuta responsabilità in ordi al delitto di cui all’art. 385 cod. proc. pen. sul presupposto che il luogo di detenzione ove venne effettuati i controlli non coincidesse con quello del provvedimento del Tribunale di Sorveglianza è riproduttivo di analoga questione smentita con corretti argomenti in fatto e diritto dalla Co di appello che, previa analisi dei provvedimenti che avevano interessato la ricorrente, ha potuto in concreto accertare come il luogo in cui era assente al momento del controllo fosse proprio quello individuato dalla stessa 41Ge.F~te ed indicato quale luogo di detenzione, tanto ben noto alla COGNOME che dagli atti emergeva fosse stata più volte richiamata al rispetto delle prescrizio imposte così che, mediante il proprio difensore di fiducia, si conveniva di individuare il luogo cui scontare la pena detentiva in quello dell’accertata evasione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18/11/2024.