Evasione Fiscale e Dolo: La Cassazione chiarisce quando l’intento è palese
L’evasione fiscale è un reato che richiede, per la sua configurazione, la presenza del “dolo specifico”, ovvero la chiara intenzione di sottrarsi al pagamento delle imposte. Ma come si dimostra questo intento? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, sottolineando come un comportamento reiterato nel tempo sia una prova schiacciante, anche quando il singolo superamento della soglia di punibilità appare insignificante. Analizziamo il caso per comprendere le implicazioni pratiche di questa decisione.
I Fatti del Caso
Un imprenditore veniva condannato in Corte d’Appello per il reato di omessa dichiarazione, previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 74/2000, con l’aggravante della continuazione (art. 81 c.p.). L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione sul dolo: Sosteneva che l’intento di evadere non fosse stato adeguatamente provato, dato che il superamento della soglia di imposta evasa era minimo e quindi “insignificante”.
2. Vizio di motivazione sulla pena: Lamentava una pena superiore al minimo edittale, nonostante il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso mirava a dimostrare che l’omissione fosse un episodio isolato e non frutto di una precisa volontà criminale, e che la sanzione applicata fosse sproporzionata.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’evasione fiscale
La Suprema Corte ha respinto entrambe le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, i motivi presentati erano palesemente infondati e non idonei a mettere in discussione la solidità della sentenza di condanna. Di conseguenza, l’imprenditore è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha smontato punto per punto le tesi difensive, fornendo una motivazione chiara e basata su elementi fattuali concreti.
Per quanto riguarda il dolo specifico, la Corte ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente ricostruito un quadro di sistematica evasione fiscale. Non si trattava di un singolo episodio, ma di una condotta protratta nel tempo. Gli elementi considerati sono stati:
* Pluriennalità dell’evasione: L’omissione aveva riguardato non solo l’anno 2017 ma anche il 2015.
* Comportamenti pregressi: Già nel 2014 l’imputato aveva evaso le imposte, pur rimanendo sotto la soglia di punibilità penale.
* Omissione di contabilizzazione: Nel 2016 erano state omesse fatture per un importo considerevole (119.118 euro).
* Mancanza di pagamenti successivi: L’imprenditore non aveva mai provveduto a saldare i debiti tributari.
* Stato di crisi non provato: Non era stata fornita alcuna prova di uno “stato di crisi incolpevole”, cioè una difficoltà finanziaria non imputabile a proprie scelte gestionali.
Questi fattori, nel loro complesso, dimostravano una volontà persistente e non occasionale di sottrarsi agli obblighi fiscali, rendendo irrilevante la tesi del superamento “insignificante” della soglia.
Anche il motivo relativo alla pena è stato giudicato infondato. La Corte ha rilevato che la pena finale di dieci mesi di reclusione era inferiore al medio edittale. Inoltre, la Corte d’Appello aveva già dato conto di un errore di calcolo a favore dell’imputato nell’applicazione delle attenuanti. Citando un precedente consolidato (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019), la Cassazione ha ribadito che per una pena inferiore alla media non è necessaria una motivazione ulteriore rispetto al semplice richiamo ai criteri generali dell’art. 133 del codice penale.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale in materia di reati tributari: la valutazione del dolo non si ferma al singolo episodio contestato, ma si estende all’analisi complessiva della condotta del contribuente. Per chi opera nel mondo imprenditoriale, le implicazioni sono chiare:
1. La continuità è prova: Una serie di omissioni, anche se singolarmente di modesta entità, può configurare un quadro di dolo specifico difficilmente contestabile.
2. La crisi va dimostrata: Addurre difficoltà economiche non è una giustificazione sufficiente se non si è in grado di provare che la crisi è stata imprevedibile e non causata da una cattiva gestione.
In conclusione, la sentenza riafferma un approccio rigoroso nella lotta all’evasione fiscale, ricordando che la coerenza del comportamento e la trasparenza gestionale sono elementi essenziali per dimostrare la propria buona fede di fronte alla legge.
Perché il superamento di poco della soglia di punibilità non è stato considerato sufficiente a escludere il dolo di evasione fiscale?
Perché la Corte ha valutato il comportamento complessivo dell’imputato, che includeva evasioni reiterate in più anni (2015 e 2017), omissioni contabili significative in altri periodi (2016) e condotte evasive anche precedenti (2014). Questo quadro complessivo dimostrava un’intenzione persistente e non un errore occasionale.
È sufficiente trovarsi in difficoltà economica per giustificare l’omesso versamento delle imposte?
No. Secondo la decisione, lo stato di crisi finanziaria deve essere non solo provato, ma deve anche risultare “incolpevole”, cioè non derivante da scelte gestionali errate dell’imprenditore. In questo caso, l’imputato non ha fornito alcuna prova a sostegno di tale condizione.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la condanna precedente diventa definitiva. Inoltre, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9539 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9539 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VICO EQUENSE il 09/05/1974
avverso la sentenza del 03/04/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RG 28651/24
Rilevato che NOME COGNOME è stato condannato alle pene di legge per la violazione degli art. cpv cod. pen. e 5 d.lgs. n. 74 del 2000;
Rilevato che l’imputato presenta due motivi di ricorso per cassazione per vizio di motivazione in merito al dolo, perché il superamento della soglia era stato insignificante (primo motivo), e merito alla pena, superiore al minimo edittale, nonostante l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche (secondo motivo);
Rilevato che entrambi i motivi sono inconsistenti: per il dolo specifico la Corte territoria ricordato che l’evasione d’imposta aveva riguardato sia il 2015 che il 2017, che l’imputato non l’aveva contestata neanche in sede amministrativa, che già nel 2014 aveva evaso sia pure rimanendo sotto soglia, che nell’anno 2016 aveva omesso di contabilizzare le fatture per euro 119.118, che non aveva mai effettuato pagamenti successivi, che non aveva provato lo stato di crisi incolpevole; per la pena finale, pari a dieci mesi di reclusione, la Corte territoriale ha conto di un errore nel calcolo delle generiche in misura superiore al terzo in favore dell’imputa e di una pena inferiore al medio edittale per cui non è necessaria una motivazione ulteriore rispetto al riferimento ai criteri dell’art. 133 cod. pen. (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Papa, Rv. 276288 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile e rilevato che all declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 novembre 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente