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Evasione e stato di necessità: quando non si applica

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un soggetto condannato per evasione. La difesa basata sullo stato di necessità è stata respinta perché il comportamento dell’imputato, che si è recato prima da un amico e solo in un secondo momento in una clinica, è stato ritenuto incompatibile con l’attualità e l’inevitabilità del pericolo richiesti dalla legge per giustificare il reato. La decisione chiarisce i rigidi requisiti per l’applicazione della scriminante in casi di evasione e stato di necessità.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Evasione e Stato di Necessità: la Cassazione chiarisce i limiti

L’ordinanza n. 6718/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui confini tra il reato di evasione e stato di necessità. La Suprema Corte ha stabilito che, per invocare con successo la scriminante dello stato di necessità, il comportamento di chi si allontana dal luogo di detenzione deve essere perfettamente coerente con l’urgenza e l’inevitabilità del pericolo che si asserisce di voler evitare. Qualsiasi deviazione o ritardo ingiustificato può compromettere irrimediabilmente la validità di tale difesa.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguardava una persona, sottoposta a una misura detentiva presso una struttura, che si era allontanata senza autorizzazione. A seguito di ciò, veniva condannata per il reato di evasione dalla Corte d’Appello. La difesa presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che l’allontanamento fosse stato causato da uno stato di necessità, presumibilmente legato a un’urgenza di natura sanitaria. Secondo la tesi difensiva, il pericolo imminente per la propria salute avrebbe giustificato la violazione della misura restrittiva.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna per evasione. I giudici hanno ritenuto il motivo di ricorso generico e infondato, in quanto si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Secondo la Suprema Corte, la motivazione della sentenza impugnata era logica e congrua nel respingere la tesi dello stato di necessità.

Le Motivazioni: coerenza tra pericolo e azione

Il punto cruciale della decisione risiede nell’analisi del comportamento della ricorrente dopo l’allontanamento. La Corte ha evidenziato una fondamentale incoerenza tra la situazione di pericolo asserita e le azioni concretamente compiute. La persona, infatti, dopo essersi allontanata dalla struttura durante la notte, non si era recata immediatamente presso una clinica o un pronto soccorso. Al contrario, si era prima diretta presso l’abitazione di un amico e solo nel pomeriggio successivo si era presentata presso una struttura sanitaria.

Incompatibilità con l’attualità del pericolo

Questo comportamento, secondo i giudici, è in netto contrasto con i requisiti richiesti per l’applicazione della scriminante dello stato di necessità. Tale giustificazione, infatti, presuppone un pericolo ‘attuale’ e ‘inevitabile’. L’attualità del pericolo implica che la minaccia sia imminente e richieda un intervento immediato. Il fatto di aver ritardato la ricerca di cure mediche, anteponendo una visita a un amico, ha fatto venir meno il presupposto dell’urgenza, dimostrando che la situazione non era così grave e indifferibile da giustificare la violazione della misura detentiva.

Conclusioni: implicazioni pratiche

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: chi invoca lo stato di necessità deve dimostrare con i fatti che la propria condotta è stata l’unica e immediata risposta possibile a un pericolo grave e imminente. La valutazione del giudice non si ferma alla semplice affermazione di un’emergenza, ma si estende alla coerenza logica e temporale delle azioni intraprese. In materia di evasione e stato di necessità, questa decisione serve da monito: non è sufficiente addurre una ragione valida per l’allontanamento, ma è indispensabile che ogni azione successiva sia finalizzata, senza deviazioni o ritardi, a fronteggiare quel pericolo. In caso contrario, la difesa risulterà inefficace e la condanna per evasione inevitabile, con conseguente obbligo di pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Perché il ricorso per il reato di evasione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché considerato generico, manifestamente infondato e meramente reiterativo di censure già esaminate e respinte in modo congruo dalla corte precedente.

Quale elemento ha reso inapplicabile la scriminante dello stato di necessità nel caso specifico?
L’elemento decisivo è stato il comportamento della ricorrente dopo l’allontanamento: non si è recata immediatamente in clinica per l’asserita urgenza, ma prima presso un amico, presentandosi in clinica solo il pomeriggio successivo. Questo ha fatto venir meno il requisito dell’attualità del pericolo.

Cosa deve dimostrare chi invoca lo stato di necessità per giustificare un’evasione?
Chi invoca lo stato di necessità deve dimostrare che il proprio comportamento sia stato una risposta diretta e immediata a un pericolo attuale e inevitabile, e che le proprie azioni successive all’allontanamento siano state coerenti con l’urgenza della situazione da affrontare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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