Evasione e Rientro Spontaneo: Quando Non Basta per l’Attenuante
L’istituto dell’evasione e rientro spontaneo solleva questioni delicate riguardo l’applicazione delle circostanze attenuanti. Può un soggetto che si allontana illegittimamente dal luogo di detenzione beneficiare di uno sconto di pena semplicemente perché decide di tornare? Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione fornisce un chiarimento importante, stabilendo che il solo ritorno volontario non è sufficiente per ottenere l’attenuante prevista dall’articolo 385 del codice penale.
I Fatti del Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di evasione. Il punto centrale del ricorso era il mancato riconoscimento della circostanza attenuante speciale prevista dall’ultimo comma dell’art. 385 c.p., che contempla una riduzione di pena qualora il colpevole, entro breve tempo, si costituisca o venga catturato. L’imputato sosteneva che il suo rientro spontaneo presso l’abitazione da cui si era allontanato dovesse essere valutato positivamente ai fini della concessione di tale beneficio.
La Decisione della Corte di Cassazione sull’evasione e rientro spontaneo
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si ferma a una valutazione preliminare sulla validità dei motivi di ricorso. I giudici hanno ritenuto che le argomentazioni presentate dall’imputato fossero una mera riproposizione di censure già adeguatamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. In sede di legittimità, la Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione delle norme giuridiche. Poiché i motivi del ricorso non introducevano nuovi vizi di legittimità ma si limitavano a contestare una valutazione già effettuata correttamente, il ricorso è stato respinto.
Le Motivazioni: Perché il Rientro Spontaneo Non È Sufficiente?
Il cuore della decisione risiede nella motivazione con cui la Corte giustifica il rigetto. I giudici hanno affermato che la decisione della Corte d’Appello di negare l’attenuante era fondata su “corretti argomenti giuridici”. In particolare, la Cassazione ha richiamato un precedente orientamento giurisprudenziale (Sez. 6, n. 1560 del 2020), secondo cui la circostanza attenuante in questione non è ravvisabile in presenza di un mero “spontaneo” rientro nell’abitazione.
Questo significa che il legislatore, nel prevedere uno sconto di pena, non ha inteso premiare qualsiasi forma di ritorno, ma solo quelle condotte che dimostrano una reale volontà di resipiscenza e collaborazione con la giustizia. Il semplice atto di rientrare, senza ulteriori elementi che ne qualifichino il valore, non integra i requisiti richiesti dalla norma. La valutazione del giudice di merito, che aveva negato il beneficio, è stata quindi ritenuta immune da censure.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale nel diritto penale processuale e sostanziale. Innanzitutto, un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve sollevare questioni di diritto e non limitarsi a riproporre le stesse doglianze già respinte nei gradi di merito. In secondo luogo, e più specificamente per il tema dell’evasione e rientro spontaneo, la pronuncia consolida un’interpretazione restrittiva della circostanza attenuante. Non basta tornare indietro; è necessario che il gesto manifesti un significato più profondo, che sarà valutato discrezionalmente dal giudice. Per gli operatori del diritto, ciò significa che la richiesta di applicazione dell’attenuante deve essere supportata da argomenti solidi che vadano oltre la semplice constatazione del ritorno volontario.
È sufficiente tornare spontaneamente a casa dopo un’evasione per ottenere sempre l’attenuante?
No, secondo l’ordinanza, il semplice ‘spontaneo’ rientro nell’abitazione non è di per sé sufficiente per riconoscere la circostanza attenuante prevista dall’art. 385 del codice penale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché i motivi presentati erano meramente riproduttivi di censure già valutate e respinte dal giudice di merito con argomenti giuridici corretti, senza introdurre nuovi e validi profili di legittimità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1075 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1075 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 22/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 29/12/1967
avverso la sentenza del 02/02/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti nel ricorso in relazione al delitto di cui all’art. 38 cod. pen. non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità, perché meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito in relazione al diniego di applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 385, ult. comma, cod. pen. non ravvisabile in presenza dello “spontaneo” rientro nell’abitazione (Sez. 6, n. 1560 del 27/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280479);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 dicembre 2023 Il Consigliere e tore
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