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Evasione e principio di correlazione: la sentenza

Un soggetto agli arresti domiciliari, con diverse autorizzazioni ad allontanarsi, veniva trovato fuori casa in un orario non consentito. In Cassazione, lamentava la violazione del principio di correlazione, poiché l’imputazione menzionava solo una delle autorizzazioni. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il fatto contestato è l’assenza ingiustificata in sé, e l’imputato ha avuto piena facoltà di difendersi su ogni possibile giustificazione.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Principio di Correlazione nel Reato di Evasione: Un’Analisi Pratica

Il principio di correlazione tra accusa e sentenza rappresenta una delle colonne portanti del giusto processo penale, garantendo che nessuno possa essere condannato per un fatto diverso da quello per cui è stato chiamato a difendersi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre un’interessante applicazione di tale principio nell’ambito del reato di evasione dagli arresti domiciliari, chiarendo i confini del ‘fatto contestato’ quando l’imputato beneficia di più autorizzazioni ad allontanarsi.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari. A questa persona erano state concesse due distinte autorizzazioni per allontanarsi dalla propria abitazione: una per svolgere attività lavorativa in una determinata fascia oraria (dalle 16:00 alle 20:00 in alcuni giorni) e un’altra per recarsi presso un servizio di assistenza (SERD) in orari diversi (dalle 10:30 alle 12:30 in altri giorni).
L’imputato veniva sorpreso dalle forze dell’ordine fuori dalla sua abitazione, lungo una strada statale, in un orario non coperto da alcuna delle autorizzazioni a sua disposizione. La condanna per il reato di evasione ex art. 385 c.p. veniva confermata sia in primo grado che in appello.

Il Motivo del Ricorso: una presunta violazione del principio di correlazione

L’imputato proponeva ricorso per Cassazione basandosi su un unico motivo: la violazione del principio di correlazione. La difesa sosteneva che l’atto di accusa (l’imputazione) faceva riferimento esclusivamente alla violazione dell’autorizzazione lavorativa (quella dalle 16:00 alle 20:00). Di conseguenza, l’imputato si era difeso solo rispetto a quella specifica circostanza.
La condanna, invece, si era fondata sulla constatazione che l’imputato si trovasse fuori casa in un orario non giustificato nemmeno dall’altra autorizzazione, quella per recarsi al SERD. Secondo la tesi difensiva, si trattava di un ‘fatto diverso’ rispetto a quello contestato, che avrebbe leso il diritto di difesa.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che non vi è stata alcuna violazione del principio di correlazione. Il ‘fatto’ al centro del processo per evasione non è la violazione di una specifica prescrizione, ma l’essersi allontanato senza autorizzazione dal luogo di detenzione domiciliare.

La Corte ha osservato che la contestazione era stata formulata correttamente, poiché accusava l’imputato di essere assente dalla sua abitazione in un orario non consentito. Il riferimento nell’imputazione a una sola delle autorizzazioni non limita l’oggetto del processo a quella singola circostanza. Anzi, è stata proprio la difesa a introdurre nel processo l’esistenza della seconda autorizzazione, nel tentativo di giustificare l’allontanamento.

I giudici di merito, quindi, si sono legittimamente confrontati con questa argomentazione difensiva, accertando che nemmeno quella seconda autorizzazione poteva coprire la presenza dell’imputato fuori casa in quel momento e in quel luogo. La garanzia difensiva è stata pienamente rispettata, poiché l’imputato ha avuto modo di articolare ogni possibile giustificazione per la sua assenza, la quale è stata poi ritenuta infondata nel merito.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un’interpretazione sostanziale e non meramente formalistica del principio di correlazione. Per il reato di evasione, il nucleo della condotta penalmente rilevante è l’allontanamento ingiustificato. Spetta all’accusa provare l’assenza; spetta poi all’imputato, se del caso, dimostrare che tale assenza era legittimata da un provvedimento autorizzativo. L’eventuale incompletezza nell’elencazione di tutte le autorizzazioni nell’atto di accusa non vizia il processo, a condizione che l’imputato abbia avuto concreta possibilità di difendersi, come è avvenuto nel caso di specie. La decisione, quindi, ribadisce che il diritto di difesa è garantito quando l’imputato è posto nelle condizioni di comprendere l’accusa nella sua essenza e di contrapporre ad essa tutte le sue ragioni.

Cosa significa ‘principio di correlazione tra imputazione e sentenza’?
Significa che una persona può essere condannata solo per il fatto specifico che le è stato contestato nell’atto di accusa. Questo garantisce il diritto di difesa, impedendo che l’imputato venga sorpreso da accuse nuove o diverse emerse solo durante il processo.

Perché la Corte ha ritenuto che il principio di correlazione non fosse stato violato in questo caso di evasione?
La Corte ha stabilito che il ‘fatto’ contestato era l’essersi allontanato senza autorizzazione dalla propria abitazione. Il riferimento a una specifica autorizzazione nell’imputazione non cambia la natura del fatto. Poiché l’imputato ha avuto piena possibilità di difendersi provando l’esistenza di altre autorizzazioni (che comunque non coprivano l’orario dell’accertamento), il suo diritto di difesa non è stato leso.

Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. La sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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