Evasione e Attenuante: La Cassazione chiarisce perché tornare a casa non basta
Il tema dell’evasione e attenuante per il rientro volontario è spesso oggetto di dibattito. Cosa succede se una persona agli arresti domiciliari si allontana e poi, pentita, decide di tornare spontaneamente a casa? Questo gesto è sufficiente per ottenere uno sconto di pena? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta netta, ribadendo un principio fondamentale del diritto penale: per beneficiare dell’attenuante, non basta tornare sui propri passi, ma è necessario un atto di sottomissione più significativo all’autorità giudiziaria.
I Fatti del Caso: Un Rientro Spontaneo non Sufficiente
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari che si era allontanato senza autorizzazione dalla propria abitazione, commettendo così il reato di evasione. Successivamente, l’uomo aveva fatto rientro presso il domicilio e aveva anche informato le autorità di pubblica sicurezza del suo ritorno. Forte di questo comportamento, la sua difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la mancata applicazione della circostanza attenuante prevista per chi si costituisce volontariamente.
La Questione Giuridica: I Limiti dell’Evasione e dell’Attenuante
Il punto centrale del ricorso era l’interpretazione dell’articolo 385, quarto comma, del codice penale. Questa norma prevede una diminuzione della pena per l’evaso che, prima della condanna, si costituisce. La difesa sosteneva che il rientro spontaneo al proprio domicilio, unito alla comunicazione alle forze dell’ordine, dovesse essere considerato un atto equivalente a “costituirsi”, meritando così il beneficio di legge.
Tuttavia, sia la Corte d’Appello che, in seguito, la Corte di Cassazione hanno respinto questa interpretazione. La decisione dei giudici si è basata su un orientamento ormai consolidato, che distingue nettamente il semplice rientro nel luogo di detenzione domiciliare da un vero e proprio atto di consegna all’autorità.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni della difesa si ponevano in “palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità”. I giudici hanno chiarito che la circostanza attenuante in questione ha una precisa finalità: incentivare il ravvedimento dell’evaso e la sua completa sottomissione alla giustizia. Questo obiettivo, secondo la Corte, non viene raggiunto con il semplice ritorno a casa.
Il ragionamento giuridico è il seguente: la detenzione domiciliare è una misura meno afflittiva del carcere. L’attenuante è pensata per premiare chi, dopo essere evaso, compie un passo decisivo per ripristinare la piena esecuzione della pena. Tale passo non consiste nel tornare alla situazione meno restrittiva precedente, ma nel consegnarsi a un’istituzione che rappresenta la piena potestà punitiva dello Stato. Citando un precedente specifico (Sez. 6, n. 1560 del 2020), la Corte ha ribadito che per l’applicazione dell’attenuante è “indispensabile che la stessa si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un’autorità che abbia l’obbligo di tradurla in carcere”.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
La pronuncia in esame conferma una regola chiara e rigorosa per chiunque si trovi agli arresti domiciliari. In caso di evasione, la speranza di ottenere uno sconto di pena tramite l’attenuante del rientro volontario è legata a un comportamento inequivocabile. Non è sufficiente tornare a casa e avvisare la polizia. È necessario un gesto formale e sostanziale di resa: recarsi in un carcere o consegnarsi ai Carabinieri o alla Polizia, accettando così di essere ricondotti sotto la piena custodia dello Stato. Questa ordinanza serve da monito, sottolineando che la legge premia solo un pentimento che si traduce in una piena e incondizionata sottomissione all’autorità giudiziaria.
Tornare a casa dopo un’evasione dagli arresti domiciliari dà diritto a una riduzione di pena?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il semplice rientro spontaneo nel luogo di esecuzione degli arresti domiciliari non è sufficiente per integrare la circostanza attenuante prevista dall’art. 385, quarto comma, del codice penale.
Cosa deve fare una persona evasa per ottenere l’attenuante del rientro volontario?
Per beneficiare della riduzione di pena, la persona evasa deve presentarsi spontaneamente presso un istituto carcerario oppure consegnarsi a un’autorità (come Polizia o Carabinieri) che abbia l’obbligo legale di condurla in carcere.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la tesi difensiva era manifestamente infondata, ponendosi in netto contrasto con la normativa vigente e con l’orientamento consolidato e costante della giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29761 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29761 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a POLLENA TROCCHIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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NUMERO_DOCUMENTO NOME
OSSERVA
Il motivo dedotto in relazione alla condanna per il reato di evasione è inammissibile perché prospetta enunciati in palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità.
In particolare, con un unico motivo di ricorso, la dil’esa lamenta la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 385, quarto comma, cod. pen. per avere il ricorrente fatto rientro presso il proprio domicilio e per averne contestualmente dato notizia all’autorità di pubblica sicurezza. Sul punto, tuttavia, la sentenza impugnata appare immune da censure, avendo fatto corretta applicazione della consolidata giurisprudenza di legittimità in tema di evasione, secondo la quale “non è configurabile la circostanza attenuante di cui all’art. 385, comma quarto, cod. pen., nel caso in cui la persona evasa dalla detenzione domiciliare rientri spontaneamente nel luogo di esecuzione della misura da cui si era temporaneamente allontanata, essendo indispensabile che la stessa si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un’autorità che abbia l’obbligo di tradurla in carcere” (ex multis, Sez. 6, n. 1560 del 27/10/2020, Rv. 280479).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/06/2024