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Evasione e attenuante: tornare a casa non basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per evasione dagli arresti domiciliari. Nonostante fosse rientrato spontaneamente a casa, la Corte ha ribadito che per ottenere l’attenuante prevista dalla legge, non è sufficiente tornare al luogo di detenzione, ma è necessario costituirsi presso un istituto carcerario o un’autorità competente. Questa decisione conferma un principio consolidato in materia di evasione e attenuante.

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Pubblicato il 5 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Evasione e Attenuante: La Cassazione chiarisce perché tornare a casa non basta

Il tema dell’evasione e attenuante per il rientro volontario è spesso oggetto di dibattito. Cosa succede se una persona agli arresti domiciliari si allontana e poi, pentita, decide di tornare spontaneamente a casa? Questo gesto è sufficiente per ottenere uno sconto di pena? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito una risposta netta, ribadendo un principio fondamentale del diritto penale: per beneficiare dell’attenuante, non basta tornare sui propri passi, ma è necessario un atto di sottomissione più significativo all’autorità giudiziaria.

I Fatti del Caso: Un Rientro Spontaneo non Sufficiente

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari che si era allontanato senza autorizzazione dalla propria abitazione, commettendo così il reato di evasione. Successivamente, l’uomo aveva fatto rientro presso il domicilio e aveva anche informato le autorità di pubblica sicurezza del suo ritorno. Forte di questo comportamento, la sua difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la mancata applicazione della circostanza attenuante prevista per chi si costituisce volontariamente.

La Questione Giuridica: I Limiti dell’Evasione e dell’Attenuante

Il punto centrale del ricorso era l’interpretazione dell’articolo 385, quarto comma, del codice penale. Questa norma prevede una diminuzione della pena per l’evaso che, prima della condanna, si costituisce. La difesa sosteneva che il rientro spontaneo al proprio domicilio, unito alla comunicazione alle forze dell’ordine, dovesse essere considerato un atto equivalente a “costituirsi”, meritando così il beneficio di legge.

Tuttavia, sia la Corte d’Appello che, in seguito, la Corte di Cassazione hanno respinto questa interpretazione. La decisione dei giudici si è basata su un orientamento ormai consolidato, che distingue nettamente il semplice rientro nel luogo di detenzione domiciliare da un vero e proprio atto di consegna all’autorità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché le argomentazioni della difesa si ponevano in “palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità”. I giudici hanno chiarito che la circostanza attenuante in questione ha una precisa finalità: incentivare il ravvedimento dell’evaso e la sua completa sottomissione alla giustizia. Questo obiettivo, secondo la Corte, non viene raggiunto con il semplice ritorno a casa.

Il ragionamento giuridico è il seguente: la detenzione domiciliare è una misura meno afflittiva del carcere. L’attenuante è pensata per premiare chi, dopo essere evaso, compie un passo decisivo per ripristinare la piena esecuzione della pena. Tale passo non consiste nel tornare alla situazione meno restrittiva precedente, ma nel consegnarsi a un’istituzione che rappresenta la piena potestà punitiva dello Stato. Citando un precedente specifico (Sez. 6, n. 1560 del 2020), la Corte ha ribadito che per l’applicazione dell’attenuante è “indispensabile che la stessa si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un’autorità che abbia l’obbligo di tradurla in carcere”.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

La pronuncia in esame conferma una regola chiara e rigorosa per chiunque si trovi agli arresti domiciliari. In caso di evasione, la speranza di ottenere uno sconto di pena tramite l’attenuante del rientro volontario è legata a un comportamento inequivocabile. Non è sufficiente tornare a casa e avvisare la polizia. È necessario un gesto formale e sostanziale di resa: recarsi in un carcere o consegnarsi ai Carabinieri o alla Polizia, accettando così di essere ricondotti sotto la piena custodia dello Stato. Questa ordinanza serve da monito, sottolineando che la legge premia solo un pentimento che si traduce in una piena e incondizionata sottomissione all’autorità giudiziaria.

Tornare a casa dopo un’evasione dagli arresti domiciliari dà diritto a una riduzione di pena?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il semplice rientro spontaneo nel luogo di esecuzione degli arresti domiciliari non è sufficiente per integrare la circostanza attenuante prevista dall’art. 385, quarto comma, del codice penale.

Cosa deve fare una persona evasa per ottenere l’attenuante del rientro volontario?
Per beneficiare della riduzione di pena, la persona evasa deve presentarsi spontaneamente presso un istituto carcerario oppure consegnarsi a un’autorità (come Polizia o Carabinieri) che abbia l’obbligo legale di condurla in carcere.

Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché la tesi difensiva era manifestamente infondata, ponendosi in netto contrasto con la normativa vigente e con l’orientamento consolidato e costante della giurisprudenza della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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