Evasione domiciliare: anche l’assenza breve è reato
L’evasione domiciliare rappresenta una questione delicata nel panorama del diritto penale, con implicazioni significative per chi sconta una pena al di fuori del carcere. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 10774 del 2024, ha fornito un chiarimento cruciale su quando un allontanamento dall’abitazione si trasforma in reato, confermando un orientamento giuridico consolidato e severo. La Suprema Corte ha stabilito che, per una specifica forma di esecuzione della pena a casa, qualsiasi violazione delle prescrizioni, a prescindere dalla durata, integra il delitto di evasione.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato dalla Corte riguarda un individuo condannato per il reato di evasione. La persona si trovava in regime di esecuzione domiciliare della pena, una misura prevista dalla legge n. 199 del 2010. Dopo essere stato condannato anche dalla Corte d’Appello di Bologna, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali. In primo luogo, sosteneva che il suo breve allontanamento non avrebbe dovuto essere considerato reato, invocando una norma (l’art. 47-sexies della legge sull’ordinamento penitenziario) che limita la punibilità ai soli allontanamenti che superano le dodici ore. In secondo luogo, lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte sull’evasione domiciliare
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si è articolata nell’analisi separata dei due motivi proposti dal ricorrente, giungendo a conclusioni nette per entrambi.
Il Primo Motivo: Durata dell’Allontanamento e Reato di Evasione
La Corte ha definito il primo motivo ‘manifestamente infondato’. Ha chiarito che l’orientamento giurisprudenziale è solido nel considerare reato qualsiasi allontanamento non autorizzato dall’abitazione per chi è sottoposto alla misura dell’esecuzione domiciliare della pena detentiva ai sensi della legge n. 199/2010. La norma invocata dalla difesa, che introduce una soglia di dodici ore, si applica a una diversa misura (la detenzione domiciliare prevista dalla legge sull’ordinamento penitenziario) e non a quella specifica in questione. Pertanto, la durata dell’assenza è irrilevante: anche un allontanamento di pochi minuti è sufficiente per configurare il reato di evasione domiciliare.
Il Secondo Motivo: La Particolare Tenuità del Fatto
Per quanto riguarda la richiesta di applicare l’art. 131-bis c.p., la Corte ha dichiarato il motivo ‘inammissibile’. La ragione è puramente processuale: la questione della particolare tenuità del fatto non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio, ossia davanti alla Corte d’Appello. È un principio fondamentale del nostro sistema giudiziario che non si possano introdurre per la prima volta in Cassazione questioni che non sono state precedentemente sottoposte al giudice del merito.
Le Motivazioni della Decisione
La motivazione della Corte si fonda su una distinzione netta tra le diverse forme di detenzione presso il domicilio previste dall’ordinamento. La misura applicata al ricorrente (ex L. 199/2010) ha natura e finalità diverse da quella regolata dall’art. 47-sexies L. 354/1975. Di conseguenza, le relative discipline non sono intercambiabili. Per la prima, il legislatore ha previsto un regime più rigoroso, dove il legame con il luogo di detenzione è assoluto e ogni violazione è sanzionata penalmente. La logica è quella di assicurare che la pena, sebbene scontata fuori dal carcere, mantenga la sua effettiva funzione restrittiva.
La decisione sull’inammissibilità del secondo motivo, invece, riafferma un principio cardine del processo penale: il divieto di ‘nova’ in Cassazione. La Suprema Corte è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi inferiori, sulla base delle questioni che sono state loro devolute. Introdurre un nuovo tema in sede di legittimità significherebbe alterare la natura stessa del giudizio.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un importante principio in materia di evasione domiciliare. Chi beneficia dell’esecuzione della pena presso il proprio domicilio deve essere consapevole che qualsiasi allontanamento non autorizzato, anche di minima durata, costituisce reato. Non è possibile invocare la soglia di non punibilità delle dodici ore prevista per altre misure. Inoltre, la pronuncia sottolinea l’importanza di una corretta strategia processuale: tutte le questioni, inclusa l’eventuale tenuità del fatto, devono essere sollevate tempestivamente nei gradi di merito, pena l’impossibilità di farle valere davanti alla Corte di Cassazione.
Chi è in esecuzione domiciliare della pena commette reato di evasione se si allontana per pochi minuti?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, per la specifica misura dell’esecuzione domiciliare prevista dalla legge n. 199/2010, qualsiasi allontanamento dall’abitazione, a prescindere dalla sua durata, integra il reato di evasione.
La regola che punisce l’allontanamento solo se superiore a dodici ore si applica sempre alla detenzione domiciliare?
No. La sentenza chiarisce che la previsione dell’art. 47-sexies, comma 2, della legge n. 354/1975, che limita la punibilità ai soli allontanamenti superiori alle dodici ore, non si applica all’esecuzione domiciliare della pena detentiva regolata dalla legge n. 199/2010.
È possibile chiedere per la prima volta in Cassazione l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
No. La Corte ha dichiarato inammissibile tale richiesta perché la questione non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio (appello). È un principio processuale che non si possano presentare motivi di ricorso ‘nuovi’ in Cassazione, i quali non siano stati oggetto del precedente dibattito processuale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10774 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10774 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PAVIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza in epigrafe indicata;
rilevato che il primo motivo è manifestamente infondato, dovendosi confermare il consolidato orientamento secondo cui lallontanamento dall’abitazione da parte del condannato ammesso all’esecuzione domiciliare della pena detentiva ex art. 1, legge 26 novembre 2010, n. 199, è punito a titolo di evasione quale ne sia la durata, non trovando applicazione la previsione di cui all’art. 47-sexies, comma 2, legge 26 luglio 1975, n. 354, che limita punibilità ai sensi dell’art. 385 cod. pen. al solo allontanamento che si protragga per più di dodici ore (Sez.4, n. 16182 del 13/12/2018, Rv. 275579);
ritenuto che il secondo motivo, volto a censurare l’omessa applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., è inammissibile, non essendo stata devoluta tal questione al giudice di appello;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 febbraio 2024
Il Consigliere estenso
Presidente