Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3072 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3072 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 05/07/1993 a Roma avverso la sentenza del 18/01/2024 della Corte d’appello di Roma.
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento in epigrafe, la Corte di appello di Roma, all’esito dell’udienza celebrata in camera di consiglio col rito cartolare, ha confermato la sentenza di primo grado con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di mesi 10 di reclusione per il reato di cui all’art. 385 cod. pen., perché arbitrariamente si allontanava dal luogo della detenzione domiciliare, dandosi inoltre alla fuga alla vista degli operanti per sottrarsi all’identificazione.
La Corte condivideva il giudizio del Tribunale, per il quale, dato atto della condotta non collaborativa e dell’assenza di resipiscenza dopo l’intervento degli operanti, dell’intensità del dolo e dei plurimi precedenti penali, il fatto non poteva qualificarsi di particolare tenuità ex art. 131-bis cod. pen., né, quanto alla dosimetria della pena, l’imputato era meritevole – pur escludendosi la recidiva delle attenuanti generiche o di un trattamento sanzionatorio più favorevole rispetto alla pena applicata con lieve scostamento dal minimo edittale.
2. Il difensore dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, censurandone la violazione di legge e il vizio di motivazione per i seguenti profili: – omessa notificazione del decreto di fissazione dell’udienza di appello presso il domicilio eletto presso la propria abitazione ove era ristretto in regime di detenzione domiciliare; mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. con riguardo allo scarso allarme sociale e alla minima offensività della condotta; – mancata concessione delle attenuanti generiche.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Il difensore dell’imputato ha censurato la sentenza impugnata per il profilo della violazione di legge, denunziando l’omessa notifica dell’avviso per l’udienza di appello.
Rilevata innanzitutto l’aspecificità della censura per l’assenza di qualsiasi riferimento ai dati spazio-temporali necessari per la verifica della stessa da parte della Corte di legittimità, si evince tuttavia dalla lettura degli atti di ca che la notifica della citazione per il giudizio di appello eseguita presso il domicili eletto, benché rinnovata, non è andata a buon fine per non avere rinvenuto nessuno al domicilio, che si è proceduto all’affissione presso la casa comunale, che la cartolina non è stata ritirata dall’interessato e che la notificazione è stata infine eseguita presso il difensore ex art. 161, comma 4 cod. proc. pen.
Occorre peraltro ribadire il principio di diritto per il quale la pretesa nulli derivante dalla esecuzione della notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello presso il difensore di fiducia dell’imputato, anziché nel domicilio dichiarato o eletto dall’imputato, siccome di ordine generale a regime intermedio, deve ritenersi comunque sanata quando risulti che non ha impedito
allo stesso di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto di difesa, è, comunque, priva di effetti se non dedotta tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184, comma primo, alle sanatorie generali di cui all’art. 183, alle regole di deducibilità di cui all’art. 182, oltre che ai term rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. pen. (v., fra le tante, Sez. 2, n. 46638 13/09/2019, COGNOME, Rv. 278002). Pertanto, nella specie, la dedotta nullità deve intendersi comunque sanata in quanto, tenuto conto del rapporto fiduciario tra il difensore e l’imputato, la notificazione non era stata inidonea a determinare la effettiva conoscenza dell’atto da parte di quest’ultimo e il difensore di fiducia nel corso del giudizio di appello nulla ha eccepito al riguardo. L’imputato era peraltro ristretto in detenzione domiciliare per altra causa e non risulta che tale circostanza fosse stata portata a conoscenza della Corte territoriale.
2. Anche il secondo e il terzo motivo di ricorso sono privi di pregio.
La Corte di merito, pur escludendo la recidiva, ha ribadito l’apprezzamento non favorevole alla possibilità di ravvisare la causa di non punibilità per tenuità del fatto sulla base dei seguenti rilievi: “Il contegno tenuto a seguito dell’intervento degli operanti e dunque la fuga e il maldestro tentativo di dissimulare l’evasione appare univocamente interpretabile come mancanza di fattiva collaborazione, assenza di resipiscenza rispetto alla condotta e qualifica una particolare intensità del dolo e la complessiva gravità del fatto, trattandosi di una condotta rivelatrice della mancanza di qualsiasi rispetto per le prescrizioni dell’autorità che suscita in quanto tale notevole allarme sociale”.
Inoltre, circa la dosimetria della pena e la mancata concessione delle attenuanti generiche, si è aggiunto il rilievo, oltre le descritte circostanze de fatto, della “personalità compromessa dell’imputato gravato da plurimi precedenti”.
La Corte territoriale ha dunque ampiamente e logicamente argomentato circa il difetto del requisito dell’occasionalità e della particolare tenuità de condotta, con riferimento a specifici dati di segno negativo, che sono stati considerati ostativi alla configurabilità nel caso in esame sia della speciale causa di non punibilità che delle attenuanti generiche. E la valutazione della Corte, siccome inerente agli indici di gravità oggettiva del fatto e al grado di colpevolezza dell’agente alla stregua dell’art. 133, primo comma, cod. pen., integra un motivato apprezzamento di merito che le invero generiche doglianze difensive non valgono a inficiare e che risulta insindacabile da parte del Giudice di legittimità.
Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, ritenuta equa, di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/11/2024