Evasione Arresti Domiciliari: La Cassazione Conferma la Condanna
L’evasione dagli arresti domiciliari è un reato che solleva questioni complesse riguardo l’intenzionalità della condotta e la valutazione della pericolosità del soggetto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e confermando la decisione della Corte d’Appello. Analizziamo i punti salienti di questa pronuncia per comprendere i criteri seguiti dai giudici.
I Fatti: Il Contesto del Ricorso per Evasione
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari che, violando le prescrizioni, si trovava fuori dalla propria abitazione in una fascia oraria non autorizzata. Al sopraggiungere delle forze dell’ordine, l’uomo aveva cercato di nascondersi per non essere visto. La Corte d’Appello di Bologna lo aveva condannato per il reato di evasione, previsto dall’art. 385 del Codice Penale. L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali: l’assenza di dolo, l’errata applicazione della recidiva e l’eccessività della pena.
I Motivi dell’Appello e l’analisi sull’Evasione Arresti Domiciliari
L’imputato ha contestato la sua responsabilità penale sostenendo la mancanza dell’elemento psicologico del reato (il dolo), ha criticato il riconoscimento dell’aggravante della recidiva e ha lamentato una sanzione sproporzionata. La Corte di Cassazione ha esaminato ciascun motivo, ritenendoli tutti infondati e, in parte, una mera riproposizione di argomenti già adeguatamente respinti nel giudizio di secondo grado.
La Consapevolezza della Violazione (Dolo)
Il primo motivo di ricorso si concentrava sulla presunta assenza di dolo. La Corte ha rapidamente liquidato questa censura, definendola “riproduttiva” di una doglianza già confutata. I giudici di merito avevano infatti sottolineato un elemento fattuale decisivo: il tentativo dell’imputato di nascondersi alla vista della polizia. Questo comportamento, secondo la Corte, è una chiara manifestazione della “consapevole violazione” dell’ordinanza che gli imponeva di rimanere a casa. In altre parole, chi tenta di eludere un controllo dimostra di sapere perfettamente di essere in torto, confermando così la piena intenzionalità della propria condotta.
La Corretta Valutazione della Recidiva
Anche il secondo motivo, relativo alla recidiva, è stato giudicato infondato. La Corte territoriale aveva motivato in modo adeguato la conferma di tale aggravante. La recidiva era già stata riconosciuta nella sentenza definitiva che aveva originato la misura degli arresti domiciliari poi violata. Inoltre, i giudici hanno correttamente valutato l'”aumentata pericolosità” del soggetto, desunta dalle sue numerose condanne precedenti, anche per reati della stessa natura. Questo dimostra come la storia criminale di un imputato sia un fattore rilevante nella valutazione complessiva del suo comportamento.
La Congruità della Pena nel reato di Evasione Arresti Domiciliari
Infine, la Cassazione ha bollato come “manifestamente infondato e generico” il terzo motivo, con cui si lamentava un trattamento sanzionatorio eccessivo. La motivazione della Corte d’Appello era stata corretta: il bilanciamento tra la recidiva e le circostanze attenuanti generiche non poteva essere diverso. Soprattutto, la pena era stata determinata nel “minimo edittale”, ovvero il livello più basso consentito dalla legge per quel reato. Di conseguenza, non era legalmente possibile un’ulteriore riduzione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso inammissibile perché i motivi proposti non presentavano elementi di novità o di reale critica giuridica rispetto a quanto già stabilito dalla Corte d’Appello. Le argomentazioni sono state considerate ripetitive e prive di fondamento. Il tentativo di nascondersi è stato valutato come una prova inequivocabile del dolo; la recidiva era correttamente applicata sulla base dei precedenti penali; la pena, essendo già al minimo legale, non poteva essere ridotta. La decisione si fonda su un’applicazione rigorosa dei principi che regolano il dolo nel reato di evasione e la valutazione degli elementi soggettivi e oggettivi del caso.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce alcuni principi fondamentali in materia di evasione dagli arresti domiciliari. In primo luogo, la condotta successiva all’allontanamento, come il tentativo di fuga o di nascondimento, assume un valore probatorio cruciale per dimostrare l’intenzionalità del reato. In secondo luogo, la valutazione della recidiva non è un automatismo, ma si basa su un giudizio ponderato della pericolosità sociale del reo, supportato dai suoi precedenti penali. Infine, la richiesta di una riduzione della pena perde di fondamento quando la sanzione è già stata fissata al livello minimo previsto dalla norma, rendendo ogni ulteriore doglianza sul punto manifestamente infondata. Il ricorso è stato quindi dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Tentare di nascondersi alla vista della polizia può dimostrare l’intenzione di commettere evasione dagli arresti domiciliari?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il tentativo di nascondersi alle forze dell’ordine è una chiara conferma della consapevole violazione dell’ordine restrittivo e, di conseguenza, dimostra la sussistenza del dolo, ovvero l’intenzione di commettere il reato.
Quando viene confermata la recidiva in un caso di evasione?
La recidiva viene confermata quando era già stata riconosciuta in una precedente sentenza definitiva (quella che ha portato all’applicazione degli arresti domiciliari) e quando la pericolosità del soggetto è accentuata da numerose altre condanne, specialmente se per reati analoghi.
È possibile ottenere una riduzione della pena per evasione se questa è già fissata al minimo previsto dalla legge?
No, la Corte ha chiarito che se la pena è stata determinata nel suo minimo edittale, ovvero il livello più basso consentito dalla legge per quel reato, non può essere ulteriormente ridotta, rendendo infondata qualsiasi richiesta in tal senso.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6929 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6929 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 25/12/1963
avverso la sentenza del 18/06/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminato il ricorso di NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo con cui si censura la ritenuta responsabilità per il delitto di all’art. 385 cod. pen. con riferimento alla sussistenza del dolo è riproduttivo di identica cen adeguatamente confutata dalla Corte.di appello che ha messo in evidenza come il .ricorrente, a conferma della consapevole violazione dell’ordinanza che gli imponeva di non uscire da casa se non nella fascia oraria autorizzata, avesse tentato di nascondersi alla vista delle forze di pol rilevato che analogo limite presenta il secondo motivo in merito alla ritenuta recidiva confermata con adeguata motivazione, avendo la Corte territoriale dato atto che la recidiva ex art. 99, comma 4, cod. pen., era già stata riconosciuta nell’ambito della sentenza definitiva cui misura domiciliare applicata era stata violata ed apprezzato l’aumentata pericolosità desunt dalle numerose condanne anche per reati analoghi;
ritenuto che il terzo motivo con cui si censura il trattamento sanzionatorio ritenuto eccessivo è manifestamente infondato e generico, vista la corretta motivazione secondo cui il giudizio d equivalenza tra recidiva e circostanze attenuanti generiche non potesse essere differentemente calibrato ex art. 69, quarto comma, cod. pen. e che la pena, determinata nel minimo edittale, non potesse essere ulteriormente ridotta;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/01/2025.