Evasione Arresti Domiciliari: La Cassazione Chiarisce i Limiti dei Permessi
Quando una persona soggetta agli arresti domiciliari ottiene un permesso di allontanamento, quali sono i confini tra un comportamento lecito e il reato di evasione arresti domiciliari? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla questione, sottolineando come un ritardo significativo e circostanze sospette possano trasformare un permesso in un reato.
I Fatti di Causa
Il caso esaminato riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, al quale era stata concessa un’autorizzazione per recarsi presso il Centro per l’Impiego. Tuttavia, l’uomo veniva rintracciato dalle forze dell’ordine oltre due ore dopo aver lasciato l’ufficio, a bordo di un’autovettura in compagnia di altre persone, alcune delle quali con precedenti penali. La sua posizione, al momento del controllo, non era compatibile con il tragitto di rientro verso il domicilio.
Condannato in primo e secondo grado per evasione, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il suo comportamento non configurasse il reato contestato, ma al massimo una semplice violazione delle prescrizioni imposte.
La Decisione della Corte: Quando si Configura l’Evasione Arresti Domiciliari
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo presentato come manifestamente infondato. Secondo i giudici supremi, la Corte d’Appello ha correttamente qualificato i fatti come reato di evasione ai sensi dell’art. 385 del codice penale.
La decisione si basa su elementi chiari e inequivocabili che dimostrano la volontà del soggetto di sottrarsi al controllo dell’autorità giudiziaria, andando ben oltre i limiti del permesso concesso.
Le Motivazioni della Corte
Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra una mera trasgressione, sanzionabile ai sensi dell’art. 276 del codice di procedura penale, e il vero e proprio reato di evasione. La Corte ha evidenziato due fattori determinanti:
1. L’arco temporale: Un ritardo di oltre due ore è stato considerato ‘inconciliabile’ con la fascia oraria prefissata dall’autorità giudiziaria. Non si è trattato di un breve ritardo, ma di un lasso di tempo sufficientemente ampio da indicare un allontanamento volontario e non giustificato dal luogo di detenzione.
2. Le circostanze dell’allontanamento: Il fatto di trovarsi a bordo di un’auto con soggetti estranei, per di più con precedenti, in una zona non coerente con il percorso di rientro, è stato interpretato come un chiaro segnale della violazione dei limiti dell’autorizzazione. Questa non prevedeva deviazioni o interazioni non necessarie, ma esclusivamente il tragitto di andata e ritorno.
Inoltre, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il giudice di legittimità non può operare una diversa lettura degli elementi di fatto. La valutazione delle prove e la ricostruzione della vicenda sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso in Cassazione può contestare solo vizi di legge o di motivazione (se illogica o contraddittoria), non proporre una propria versione dei fatti ritenuta più ‘plausibile’.
Le Conclusioni
Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: l’autorizzazione a lasciare il domicilio durante gli arresti domiciliari non è una ‘zona franca’. Deve essere interpretata e rispettata con la massima rigidità. Ogni deviazione dal percorso, ogni ritardo non giustificabile e ogni attività non strettamente legata allo scopo del permesso possono essere letti come un’intenzione di sottrarsi al controllo e, di conseguenza, integrare il grave reato di evasione. Per chi si trova in questa condizione, è essenziale attenersi scrupolosamente alle prescrizioni del giudice per evitare conseguenze penali ben più severe di una semplice sanzione disciplinare.
Quando un allontanamento autorizzato dagli arresti domiciliari diventa evasione?
Diventa evasione quando la persona si allontana dal luogo di detenzione per un arco temporale ‘inconciliabile’ con la fascia oraria autorizzata e le circostanze (come trovarsi in un luogo non previsto o con persone estranee) dimostrano una chiara violazione dei limiti imposti.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti del caso, come il tempo trascorso o il percorso seguito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito i fatti. Il suo compito è valutare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti.
Qual è la differenza tra una semplice trasgressione delle prescrizioni e il reato di evasione?
La semplice trasgressione è una violazione minore delle regole imposte (es. un lievissimo ritardo), sanzionabile con un aggravamento della misura cautelare. Il reato di evasione, invece, è un comportamento che manifesta la volontà di sottrarsi al controllo dell’autorità, come un allontanamento prolungato e ingiustificato, e costituisce un reato autonomo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7557 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7557 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 14/06/1986
avverso la sentenza del 25/06/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma in appello della condanna per evasione dagli arresti domiciliari – deve essere dichiarato inammissibile in quanto il motivo dedotto è manifestamente infondato. Invero, la Corte di appello ha respinto il motivo di gravame in ordine alla configurabilità della fattispecie di cui all’art. 385 cod. pen. – ora reiterato nel ricorso – atteso che l’imputato è stato trovato dopo oltre due ore dal momento in cui aveva lasciato il Centro per l’impiego di Moncalieri, presso il quale era stato autorizzato a recarsi, in zona poco distante da esso, avendo così violato i limiti dell’autorizzazione che prevedeva esclusivamente i percorsi di andata e ritorno della struttura ove si trovava domiciliarmente ristretto al Centro per l’impiego; né – ha congruamente osservato la Corte territoriale rileva che l’imputato si trovasse sul percorso per il rientro al domicilio, considerato che il lasso di tempo intercorso e la circostanza che egli è stato sorpreso a bordo di autovettura con soggetti estranei, anche pregiudicati, evidenzia la chiara violazione dei limiti dell’autorizzazione;
Rilevato che detta motivazione non è illogica e risulta conforme al principio in base al quale integra il reato di evasione e non una mera trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 cod. proc. pen., la condotta di chi, essendo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con autorizzazione ad assentarsi nel corso della giornata, si allontani dal luogo di detenzione in un arco temporale inconciliabile con la fascia oraria prefissata dall’autorità giudiziaria nel provvedimento cautelare (tra le altre, v. Sez. 6, n. 35681 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276694 – 01);
Rilevato altresì che è principio pacifico che esula dai poteri di questa Corte di legittimità operare, come vorrebbe il ricorrente, una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Sez. U, n. 6402 del 2/07/1997, COGNOME, Rv. 207944), essendo precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a
AV
quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020 – dep. 2021, F., Rv. 280601);
Ritenuto dunque che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/01/2025