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Evasione arresti domiciliari: quando è reato

Un soggetto agli arresti domiciliari, autorizzato a recarsi presso un ufficio pubblico, veniva trovato oltre due ore dopo l’orario consentito in un’auto con terzi, lontano dal percorso di rientro. La Corte di Cassazione ha confermato che tale condotta integra il reato di evasione arresti domiciliari e non una semplice violazione delle prescrizioni, dichiarando il ricorso inammissibile in quanto la valutazione dei fatti spetta esclusivamente ai giudici di merito.

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Pubblicato il 14 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Evasione Arresti Domiciliari: La Cassazione Chiarisce i Limiti dei Permessi

Quando una persona soggetta agli arresti domiciliari ottiene un permesso di allontanamento, quali sono i confini tra un comportamento lecito e il reato di evasione arresti domiciliari? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla questione, sottolineando come un ritardo significativo e circostanze sospette possano trasformare un permesso in un reato.

I Fatti di Causa

Il caso esaminato riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, al quale era stata concessa un’autorizzazione per recarsi presso il Centro per l’Impiego. Tuttavia, l’uomo veniva rintracciato dalle forze dell’ordine oltre due ore dopo aver lasciato l’ufficio, a bordo di un’autovettura in compagnia di altre persone, alcune delle quali con precedenti penali. La sua posizione, al momento del controllo, non era compatibile con il tragitto di rientro verso il domicilio.

Condannato in primo e secondo grado per evasione, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il suo comportamento non configurasse il reato contestato, ma al massimo una semplice violazione delle prescrizioni imposte.

La Decisione della Corte: Quando si Configura l’Evasione Arresti Domiciliari

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo il motivo presentato come manifestamente infondato. Secondo i giudici supremi, la Corte d’Appello ha correttamente qualificato i fatti come reato di evasione ai sensi dell’art. 385 del codice penale.

La decisione si basa su elementi chiari e inequivocabili che dimostrano la volontà del soggetto di sottrarsi al controllo dell’autorità giudiziaria, andando ben oltre i limiti del permesso concesso.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della motivazione risiede nella distinzione tra una mera trasgressione, sanzionabile ai sensi dell’art. 276 del codice di procedura penale, e il vero e proprio reato di evasione. La Corte ha evidenziato due fattori determinanti:

1. L’arco temporale: Un ritardo di oltre due ore è stato considerato ‘inconciliabile’ con la fascia oraria prefissata dall’autorità giudiziaria. Non si è trattato di un breve ritardo, ma di un lasso di tempo sufficientemente ampio da indicare un allontanamento volontario e non giustificato dal luogo di detenzione.
2. Le circostanze dell’allontanamento: Il fatto di trovarsi a bordo di un’auto con soggetti estranei, per di più con precedenti, in una zona non coerente con il percorso di rientro, è stato interpretato come un chiaro segnale della violazione dei limiti dell’autorizzazione. Questa non prevedeva deviazioni o interazioni non necessarie, ma esclusivamente il tragitto di andata e ritorno.

Inoltre, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: il giudice di legittimità non può operare una diversa lettura degli elementi di fatto. La valutazione delle prove e la ricostruzione della vicenda sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ricorso in Cassazione può contestare solo vizi di legge o di motivazione (se illogica o contraddittoria), non proporre una propria versione dei fatti ritenuta più ‘plausibile’.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: l’autorizzazione a lasciare il domicilio durante gli arresti domiciliari non è una ‘zona franca’. Deve essere interpretata e rispettata con la massima rigidità. Ogni deviazione dal percorso, ogni ritardo non giustificabile e ogni attività non strettamente legata allo scopo del permesso possono essere letti come un’intenzione di sottrarsi al controllo e, di conseguenza, integrare il grave reato di evasione. Per chi si trova in questa condizione, è essenziale attenersi scrupolosamente alle prescrizioni del giudice per evitare conseguenze penali ben più severe di una semplice sanzione disciplinare.

Quando un allontanamento autorizzato dagli arresti domiciliari diventa evasione?
Diventa evasione quando la persona si allontana dal luogo di detenzione per un arco temporale ‘inconciliabile’ con la fascia oraria autorizzata e le circostanze (come trovarsi in un luogo non previsto o con persone estranee) dimostrano una chiara violazione dei limiti imposti.

La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti del caso, come il tempo trascorso o il percorso seguito?
No, la Corte di Cassazione non può riesaminare nel merito i fatti. Il suo compito è valutare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella dei giudici dei gradi precedenti.

Qual è la differenza tra una semplice trasgressione delle prescrizioni e il reato di evasione?
La semplice trasgressione è una violazione minore delle regole imposte (es. un lievissimo ritardo), sanzionabile con un aggravamento della misura cautelare. Il reato di evasione, invece, è un comportamento che manifesta la volontà di sottrarsi al controllo dell’autorità, come un allontanamento prolungato e ingiustificato, e costituisce un reato autonomo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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