Evasione Arresti Domiciliari: La Cassazione Conferma la Condanna
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sul reato di evasione arresti domiciliari, delineando con precisione i confini tra una semplice violazione delle prescrizioni e una vera e propria condotta evasiva. La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ribadisce principi consolidati in materia, sottolineando l’importanza di una condotta conforme alle autorizzazioni ricevute e la necessità di un’adeguata motivazione nei ricorsi.
I Fatti del Caso
Il caso riguarda un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, al quale era stata concessa un’autorizzazione per assentarsi al fine di effettuare una visita medica. Tuttavia, una volta terminato l’accertamento sanitario, l’imputato non faceva immediato rientro presso il proprio domicilio. Al contrario, si recava in un’altra città in compagnia di un amico, allontanandosi dal luogo di detenzione per un arco temporale e per una destinazione del tutto incompatibili con il permesso ottenuto.
Condannato in appello per il reato di evasione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge e un vizio di motivazione. I motivi del ricorso, tuttavia, sono stati ritenuti dalla Suprema Corte una mera riproposizione di argomentazioni già respinte nel precedente grado di giudizio.
La Decisione e il Reato di Evasione Arresti Domiciliari
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, considerandolo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che la condotta tenuta dall’imputato integra pienamente il delitto di evasione arresti domiciliari previsto dall’art. 385 del codice penale.
La Differenza tra Evasione e Semplice Trasgressione
Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra il reato di evasione e una semplice trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ai sensi dell’art. 276 del codice di procedura penale. La Corte ha specificato che allontanarsi dal luogo di detenzione per un periodo di tempo “inconciliabile” con la fascia oraria autorizzata e per scopi estranei al permesso concesso non è una mera violazione, ma una vera e propria elusione della misura restrittiva. Questo comportamento manifesta la volontà di sottrarsi al controllo dell’autorità giudiziaria, elemento costitutivo del reato di evasione.
Le Motivazioni della Sentenza: Recidiva e Dosimetria della Pena
La Corte ha ritenuto adeguatamente motivata anche la conferma della recidiva. La sentenza impugnata aveva evidenziato i numerosi e variegati precedenti penali dell’imputato, anche specifici e recenti. Tale quadro delineava, secondo i giudici, una “accentuata colpevolezza” e una “stabile scelta di vita criminale”, giustificando pienamente l’applicazione dell’aggravante.
Allo stesso modo, è stato confermato il rigetto delle attenuanti generiche. La difesa non aveva fornito elementi concreti e valorizzabili in tal senso. Al contrario, la valutazione complessiva della personalità negativa dell’imputato, la gravità del fatto e l’intensità del dolo hanno giustificato non solo il diniego delle attenuanti, ma anche la determinazione di una pena base superiore al minimo edittale.
Le Conclusioni
La decisione della Cassazione riafferma un principio fondamentale: l’autorizzazione ad assentarsi dal luogo degli arresti domiciliari non è una sospensione della misura, ma una deroga specifica e finalizzata. Qualsiasi deviazione ingiustificata dallo scopo, dalla destinazione e dai tempi del permesso configura il grave reato di evasione. Inoltre, l’ordinanza sottolinea come, in sede di legittimità, i ricorsi debbano contenere censure specifiche e critiche puntuali alla motivazione della sentenza impugnata, e non limitarsi a riproporre le medesime argomentazioni già vagliate e respinte nei gradi di merito.
Quando il mancato rientro da un permesso costituisce evasione dagli arresti domiciliari?
Il mancato rientro integra il reato di evasione quando l’allontanamento dal luogo di detenzione avviene per un arco temporale inconciliabile con la fascia oraria autorizzata e per scopi diversi da quelli per cui il permesso era stato concesso, manifestando così la volontà di sottrarsi alla misura.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi proposti erano manifestamente infondati, si limitavano a reiterare argomentazioni già respinte in appello e non si confrontavano criticamente con la motivazione adeguata fornita dalla sentenza impugnata.
Come è stato giustificato il diniego delle attenuanti generiche?
Il diniego è stato giustificato sulla base di una valutazione complessiva di elementi negativi, quali la personalità dell’imputato, la gravità del fatto e l’intensità del dolo, a fronte della mancata allegazione da parte della difesa di elementi positivi da poter valorizzare.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6181 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6181 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a FOGGIA il 31/12/1981
avverso la sentenza del 12/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma della condanna in appello per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari – deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi dedotti, reiterativi di quelli proposti in appello e superati dalla sentenza impugnata con motivazione adeguata rispetto alla quale il ricorrente non si confronta, risultano manifestamente infondati. Invero, per quanto concerne il secondo motivo – attinente alla responsabilità penale del COGNOME – deve rilevarsi che le argomentazioni in esso contemplate sono relative a diverso reato (sembrerebbe, una detenzione illecita di sostanze stupefacenti). In ogni caso, la Corte di appello ha evidenziato la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto contestato, evidenziando che COGNOME dopo avere terminato la visita medica per la quale era stato autorizzato anziché fare rientro nel luogo di restrizione domiciliare si era recato a Foggia in compagnia di un amico, in tal modo ponendo in essere condotta rientrante nel reato di cui all’art. 385 cod. pen. Infatti, integra il reato di evasione e non una trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 cod. proc. pen., la condotta di chi, essendo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con autorizzazione ad assentarsi nel corso della giornata, si allontani dal luogo di detenzione in un arco temporale inconciliabile con la fascia oraria prefissata dall’autorità giudiziaria nel provvedimento cautelare (Sez. 6, n. 35681 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276694 – 01).
Ritenuto che la conferma della ritenuta recidiva è adeguatamente motivata, avendo la sentenza impugnata evidenziato che l’imputato è gravato da numerosi e variegati precedenti penali (anche di natura specifica e recenti) sicchè il reato per il quale si procede appare connotato da accentuata colpevolezza nonché ennesima manifestazione di una stabile scelta di vita criminale. Anche le censure relative alla dosimetria della pena risultano manifestamente infondate. Il rigetto delle invocate attenuanti generiche è congruamente motivato sia con la mancata allegazione di elementi valorizzabili in tal senso che con la valutazione, ai sensi dell’art. 133 cod. pen., della negativa personalità dell’imputato, della gravità del fatto e dell’intensità del dolo; elementi che giustificano anche la determinazione della pena base in misura non coincidente con il minimo edittale.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025