Evasione Arresti Domiciliari: La Cassazione chiarisce i limiti
L’evasione dagli arresti domiciliari è un reato che presenta contorni applicativi spesso dibattuti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti, dichiarando inammissibile il ricorso di un condannato e ribadendo la linea dura su diversi aspetti cruciali: la natura del reato, l’inapplicabilità di specifiche attenuanti e l’esclusione della particolare tenuità del fatto in presenza di precedenti. Analizziamo questa decisione per comprenderne a fondo le implicazioni.
I Fatti del Caso: L’Allontanamento non Autorizzato
Il caso riguarda una persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari che si era appellata contro una sentenza di condanna per il reato di evasione. Il ricorrente sosteneva che le sue azioni non configurassero una vera e propria evasione, ma una semplice violazione delle prescrizioni. L’accusa si basava sul fatto che l’imputato si era allontanato dalla propria abitazione in orari e giorni diversi da quelli per cui aveva ricevuto un’autorizzazione specifica dal giudice.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile per Evasione Arresti Domiciliari
La Suprema Corte ha respinto tutte le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, i motivi presentati non erano altro che una ripetizione delle doglianze già formulate e respinte in appello, risultando manifestamente infondati. La Corte ha colto l’occasione per consolidare principi giurisprudenziali chiave in materia di evasione arresti domiciliari.
Le Motivazioni della Suprema Corte
La decisione si fonda su una disamina attenta di quattro punti fondamentali sollevati dalla difesa, tutti respinti con argomentazioni precise.
La Differenza tra Evasione e Semplice Trasgressione
La Corte ha ribadito che allontanarsi dal luogo di detenzione domiciliare, in un arco temporale diverso da quello autorizzato, costituisce a tutti gli effetti il reato di evasione previsto dall’art. 385 del codice penale. Non si tratta di una mera trasgressione alle prescrizioni, sanzionabile con un aggravamento della misura cautelare ai sensi dell’art. 276 del codice di procedura penale. La condotta di chi, pur autorizzato a uscire in determinati orari, lo fa in momenti diversi, viola il nucleo centrale della misura restrittiva, integrando pienamente il delitto di evasione.
L’Attenuante del Rientro Spontaneo: Quando non si Applica
Un altro punto cruciale riguardava la richiesta di applicare l’attenuante prevista dal comma 4 dell’art. 385 c.p., che prevede una pena minore per chi rientra volontariamente. La Cassazione ha specificato che questa attenuante non è configurabile nel caso in cui la persona evasa rientri spontaneamente nel luogo degli arresti domiciliari. Per beneficiare dello sconto di pena, è indispensabile che l’evaso si presenti presso un istituto carcerario o si consegni a un’autorità (come Polizia o Carabinieri) che abbia l’obbligo di tradurlo in carcere. Il semplice ritorno a casa non è sufficiente.
La Particolare Tenuità del Fatto e il Comportamento Abituale
La difesa aveva richiesto l’applicazione dell’art. 131 bis c.p., che esclude la punibilità per la particolare tenuità del fatto. Anche questa richiesta è stata rigettata. La motivazione della Corte è stata chiara: l’imputato era gravato da un precedente specifico per lo stesso reato. Tale circostanza rende il suo comportamento “non abituale” un elemento ostativo all’applicazione della causa di non punibilità. La presenza di precedenti specifici dimostra una tendenza a delinquere che è incompatibile con la ratio della norma.
La Dosimetria della Pena: Nessun Abuso di Potere
Infine, è stata respinta anche la censura relativa alla quantificazione della pena. I giudici hanno sottolineato che la pena base era stata fissata al minimo edittale e l’aumento per il secondo episodio di evasione (contestato in continuazione) era di soli due mesi. Un aumento di così esigua entità, secondo la Corte, esclude in radice qualsiasi abuso del potere discrezionale del giudice di merito.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento rigoroso in materia di evasione arresti domiciliari. Le conclusioni che se ne possono trarre sono nette:
1. Qualsiasi allontanamento non autorizzato, anche se temporaneo, è considerato evasione e non una semplice infrazione.
2. L’attenuante del rientro spontaneo richiede un atto formale di consegna alle autorità, non il mero ritorno presso l’abitazione.
3. La presenza di precedenti specifici per lo stesso reato impedisce di qualificare il fatto come di “particolare tenuità”, rendendo inapplicabile l’art. 131 bis c.p.
4. La valutazione del giudice sulla misura della pena è difficilmente censurabile in Cassazione se si attesta su livelli minimi e gli aumenti sono contenuti.
Questa pronuncia rappresenta un monito importante per chi si trova sottoposto a misure restrittive della libertà personale, evidenziando come la legge non tolleri deviazioni dalle prescrizioni imposte.
Uscire di casa durante gli arresti domiciliari in orari non autorizzati è sempre reato di evasione?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che l’allontanamento dal luogo della restrizione domiciliare in orari e giorni diversi da quelli autorizzati costituisce il reato di evasione ai sensi dell’art. 385 del codice penale, e non una semplice trasgressione alle prescrizioni.
Tornare spontaneamente a casa dopo essersi allontanati consente di ottenere uno sconto di pena?
No. Secondo la sentenza, l’attenuante per chi rientra volontariamente non si applica se la persona torna semplicemente nel luogo degli arresti domiciliari. È necessario che l’evaso si presenti presso un istituto carcerario o si consegni a un’autorità che abbia l’obbligo di tradurlo in carcere.
Si può invocare la ‘particolare tenuità del fatto’ se si ha già un precedente per evasione?
No. La Corte ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131 bis c.p.) non è applicabile se l’imputato ha un precedente specifico per lo stesso reato, in quanto tale circostanza rende il suo comportamento ‘non abituale’ e quindi incompatibile con il beneficio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6196 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BIVONGI il 06/01/1962
avverso la sentenza del 11/07/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME Eugenio;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla conferma della condanna in appello per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari – deve essere dichiarato inammissibile in quanto i motivi dedotti, reiterativi delle doglianze formulate in appello, risultano manifestamente infondati. Invero, la Corte di appello ha evidenziato la sussistenza degli elementi costitutivi del delitto contestato, correttamente rilevando come l’allontanamento dal luogo della restrizione domiciliare in orari e giorni diversi da quanto autorizzato costituisce condotta rientrante nel reato di cui all’art. 385 cod. pen. Infatti, integra il reato di evasione e non una trasgressione alle prescrizioni imposte, sanzionabile ex art. 276 cod. proc. pen., la condotta di chi, essendo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con autorizzazione ad assentarsi nel corso della giornata, si allontani dal luogo di detenzione in un arco temporale inconciliabile con la fascia oraria prefissata dall’autorità giudiziaria nel provvedimento cautelare (Sez. 6, n. 35681 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276694 – 01).
Rilevato che anche la doglianza relativa al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 385, comma 4, cod. pen., è manifestamente infondata. Invero, è pacifico che la stessa non è configurabile nel caso in cui la persona evasa dalla detenzione domiciliare rientri spontaneamente nel luogo di esecuzione della misura da cui si era temporaneamente allontanata, essendo indispensabile che questa si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un’autorità che abbia l’obbligo di tradurla in carcere (da ultimo, v. Sez. 6, n. 1560 del 27/10/2020 – dep. 14/01/2021, Monticchio, Rv. 280479 – 01).
Rilevato ancora che immune da censure è anche il rigetto della richiesta di applicare l’art. 131 bis cod. pen., atteso che la motivazione sul punto – nella quale si dà atto che, oltre alle due condotte oggetto del presente giudizio, COGNOME è gravato da un precedente specifico e dunque il suo comportamento non può ritenersi “non abituale” – non è certamente illogica. Infine, inammissibile è la doglianza riferita alla dosimetria della pena, atteso che la pena base è stata individuata nel minimo edittale e l’aumento a titolo di continuazione per il secondo episodio di evasione è stata fissata in due mesi di reclusione: aumento di esigua entità, tale da escludere in radice ogni abuso del potere discrezionale conferito in materia al giudicante (Sez. 6, n. 44428 del 05/10/2022, COGNOME, Rv. 284005 – 01).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025