Evasione arresti domiciliari: Basta Non Rispondere al Citofono?
Il reato di evasione arresti domiciliari rappresenta una violazione seria degli obblighi imposti dall’autorità giudiziaria. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la mancata risposta al citofono durante i controlli delle forze dell’ordine può essere sufficiente a integrare la prova del reato. Analizziamo questa importante decisione per capire come la giurisprudenza interpreta il silenzio di chi è sottoposto a una misura restrittiva.
I Fatti del Caso: Un Silenzio Sospetto
Un uomo, sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, veniva condannato per evasione. La condanna si basava sul fatto che, durante un controllo notturno, le forze dell’ordine avevano suonato ripetutamente al campanello della sua abitazione per circa dieci minuti, senza ricevere alcuna risposta.
L’imputato si era difeso sostenendo che sia lui che la moglie, presenti in casa, non avevano sentito il campanello perché dormivano profondamente. A loro dire, il sonno era stato indotto dall’assunzione di tranquillanti a seguito di una grave tragedia familiare. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva già respinto questa versione, sottolineando la mancanza di prove sull’assunzione dei farmaci e notando che una luce accesa nell’appartamento poteva essere interpretata come un espediente per simulare la propria presenza.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. I giudici hanno ritenuto i motivi del ricorso generici e una mera riproposizione di argomentazioni già valutate e respinte correttamente nei gradi di giudizio precedenti. La Cassazione ha validato il ragionamento della Corte territoriale, ritenendolo in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza.
Prova dell’evasione arresti domiciliari
Il punto centrale della decisione riguarda la prova del reato di evasione arresti domiciliari. La Corte ha affermato che l’allontanamento dal luogo di detenzione può essere legittimamente desunto dalla mancata risposta al suono del citofono, specialmente quando questo viene attivato in modo insistente e per un lasso di tempo consistente, come nel caso di specie.
La difesa dell’imputato, basata su un’ipotesi puramente congetturale e non supportata da alcuna prova concreta (come una prescrizione medica o una testimonianza), non è stata ritenuta idonea a ingenerare un ragionevole dubbio ai sensi dell’art. 533 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano su un principio di logica e di esperienza. Il controllo delle forze dell’ordine è uno degli elementi essenziali della misura degli arresti domiciliari. Sottrarsi a tale controllo, non rendendosi reperibili, equivale a violare le prescrizioni imposte. La Corte ha chiarito che, sebbene plausibile, una giustificazione deve essere supportata da elementi oggettivi per poter essere presa in considerazione. In assenza di prove, la tesi del sonno profondo rimane una mera ipotesi, insufficiente a scalfire la ricostruzione accusatoria basata sul fatto oggettivo della mancata risposta a ripetuti e insistenti richiami.
Le Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un importante principio: chi si trova agli arresti domiciliari ha il dovere di essere reperibile e di rispondere ai controlli delle autorità. L’incapacità di fornire una prova concreta per giustificare la propria irreperibilità può portare a una condanna per evasione. La decisione serve da monito: non basta avanzare una scusa plausibile; è necessario poterla dimostrare. La giustizia non può fondarsi su congetture, ma richiede elementi certi e verificabili. Di conseguenza, il silenzio di fronte al campanello della polizia, di notte, può costare molto caro.
La mancata risposta al citofono durante un controllo della polizia è sufficiente per essere condannati per evasione dagli arresti domiciliari?
Sì, secondo l’ordinanza, l’allontanamento dell’imputato può essere legittimamente desunto dalla sua mancata risposta al suono del citofono, attivato dalla polizia nel corso di un controllo notturno per un consistente lasso temporale e con modalità insistenti.
Addurre di aver assunto tranquillanti e di non aver sentito il campanello è una giustificazione valida?
No, non è una giustificazione valida se non è supportata da prove concrete. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto questa versione un’ipotesi del tutto congetturale, poiché non vi era alcuna prova che l’imputato e sua moglie avessero effettivamente assunto tali medicine.
Cosa significa che un’ipotesi difensiva è “congetturale” e perché non è sufficiente per evitare una condanna?
Significa che l’ipotesi si basa su supposizioni o congetture non provate. Secondo la Corte, il dubbio che può portare a un’assoluzione (ex art. 533 c.p.p.) non può fondarsi su una spiegazione puramente ipotetica, anche se plausibile, ma deve basarsi su elementi concreti che mettano in discussione la ricostruzione accusatoria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23332 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23332 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che i motivi dedotti avverso la sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 385 cod. pen. (evasione dagli arresti domiciliari) non risultano ammissibili in sede di legittimità, perché generici e riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici nella sentenza impugnata che ha ritenuto sussistente il fatto di reato. In particolare, la versione alternativa proposta dall’imputato – secondo il quale lui e la moglie, presenti nell’abitazione, non avevano sentito il campanello di casa azionato dagli operanti in quanto dormivano pesantemente dopo avere assunto dei tranquillanti dopo una tragedia familiare (la morte di un figlio, ucciso per errore da un Carabiniere) – è stata, con motivazione congrua, disattesa dalla Corte territoriale. La sentenza impugnata ha rilevato che gli agenti hanno ripetuto il controllo, “avvenuto in piena notte, per due/tre volte nell’arco temporale di dieci minuti”, che non vi è prova che l’imputato e la moglie avessero assunto tali medicine e che la circostanza che la luce dell’appartamento fosse accesa non è dirimente “potendosi interpretare come un espediente utilizzato dall’imputato … per simulare la sua presenza a casa”. La motivazione è dunque conforme all’indirizzo di questa Corte (ex multis, Sez. 6, n. 1071 del 08/01/2016, Martellotti, Rv. 267726 – 01) secondo il quale in tema di evasione; l’allontanamento dell’imputato dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione può essere legittimamente desunto dalla sua mancata risposta al suono del citofono, attivato dalla PRAGIONE_SOCIALEG. nel corso di un controllo notturno per un consistente lasso temporale e con modalità insistenti e tali da richiamare l’attenzione, e non potendo il dubbio, rilevante ex art. 533 cod. proc. pen., fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, P., Rv. 281647 – 04). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato che all’inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che si ritiene conforme a giustizia liquidare come in dispositivo.
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P. O. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 31 maggio 2024
Consigliere relatore
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