LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Evasione arresti domiciliari: no stato di necessità

Una persona agli arresti domiciliari si allontanava ripetutamente dall’abitazione, adducendo come giustificazione dei litigi con gli altri occupanti. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna per evasione. I giudici hanno stabilito che i conflitti domestici non integrano né lo stato di necessità né la forza maggiore, poiché esistevano alternative legali come contattare le forze dell’ordine. È stata inoltre respinta la richiesta di applicazione della particolare tenuità del fatto a causa della recidiva e della serialità delle condotte dell’imputata.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Evasione dagli Arresti Domiciliari: Quando i Litigi in Casa non Giustificano la Fuga

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i rigidi confini delle cause di giustificazione nel reato di evasione dagli arresti domiciliari. Il caso analizzato offre spunti cruciali per comprendere quando un allontanamento dal luogo di detenzione può essere scusato e quando, invece, integra pienamente il reato, anche di fronte a situazioni di disagio personale.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda una persona condannata in Corte d’Appello per il reato di evasione. Trovandosi agli arresti domiciliari, si era più volte allontanata dalla propria abitazione. A sua discolpa, aveva sostenuto che tali allontanamenti erano resi necessari dai continui litigi e contrasti con le altre persone che vivevano con lei nello stesso alloggio. La difesa ha quindi tentato di far valere le scriminanti dello stato di necessità o, in subordine, della forza maggiore, chiedendo inoltre il riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione dei giudici di merito. I motivi presentati dalla difesa sono stati ritenuti ‘manifestamente infondati’. La decisione si basa su due pilastri argomentativi principali: l’assenza dei presupposti per le cause di giustificazione invocate e l’impossibilità di qualificare il fatto come di particolare tenuità.

Le Motivazioni

L’Insussistenza dello Stato di Necessità e della Forza Maggiore

La Corte ha chiarito che, per invocare lo stato di necessità, è indispensabile la presenza di una ‘situazione di grave pericolo alla persona con caratteristiche di indilazionabilità e cogenza’. In altre parole, il pericolo deve essere immediato, grave e non altrimenti evitabile se non violando la legge. I semplici contrasti o litigi con i conviventi non raggiungono questa soglia di gravità.

Inoltre, i giudici hanno escluso la sussistenza della forza maggiore, poiché l’imputata aveva a disposizione alternative lecite per risolvere la situazione di conflitto. Avrebbe potuto, infatti, ‘richiedere l’intervento della polizia giudiziaria o rivolgersi all’autorità giudiziaria’ per segnalare il problema e trovare una soluzione compatibile con la misura restrittiva. La scelta di allontanarsi autonomamente è stata quindi vista non come un’azione inevitabile, ma come una violazione volontaria della legge.

Il Diniego della Particolare Tenuità del Fatto nell’Evasione dagli Arresti Domiciliari

Anche la richiesta di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta con fermezza. La Corte ha evidenziato diversi elementi ostativi. In primo luogo, l’imputata era già stata dichiarata recidiva e aveva due precedenti condanne, sempre per il reato di evasione. Questa circostanza, unita ai tre episodi oggetto del presente giudizio, delineava un quadro di serialità della condotta.

Secondo i giudici, queste cinque evasioni complessive sono ‘sintomatici di una propensione a delinquere’ che rende impossibile sostenere l’occasionalità della condotta, requisito fondamentale per l’applicazione della causa di non punibilità. Il comportamento reiterato, avvenuto in un breve arco di tempo, ha inoltre dimostrato un’elevata intensità del dolo, incompatibile con la tenuità del fatto.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale molto rigoroso in materia di evasione dagli arresti domiciliari. Emerge con chiarezza che disagi personali o conflitti ambientali, seppur reali, non possono essere usati come pretesto per violare le misure cautelari. La legge richiede che il soggetto in stato di detenzione utilizzi prima tutti gli strumenti legali a sua disposizione per risolvere eventuali problemi. Solo in presenza di un pericolo grave, attuale e inevitabile per la propria incolumità fisica si può ipotizzare una causa di giustificazione. Infine, la decisione sottolinea come la valutazione sulla tenuità del fatto non possa prescindere dall’analisi della condotta complessiva del reo e della sua storia criminale, escludendo ogni automatismo.

I litigi con i conviventi possono giustificare un’evasione dagli arresti domiciliari?
No. Secondo la Corte, i semplici contrasti e litigi domestici non integrano la causa di giustificazione dello stato di necessità, poiché non rappresentano un pericolo grave e imminente alla persona. Esistono alternative legali, come contattare le forze dell’ordine, che devono essere percorse prima di violare la misura restrittiva.

Quando un’evasione può essere considerata un reato di ‘particolare tenuità’?
Un’evasione non può essere considerata di particolare tenuità se la condotta non è occasionale. Nel caso specifico, la presenza di precedenti condanne per lo stesso reato e la reiterazione degli allontanamenti hanno dimostrato una ‘propensione a delinquere’ e un’intensità del dolo che escludono l’applicabilità di tale causa di non punibilità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione, ritenendo che manchino i presupposti legali per l’esame. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati