Evasione arresti domiciliari: la prova del reato
L’evasione dagli arresti domiciliari è un reato che si configura quando la persona sottoposta alla misura si allontana dal luogo di detenzione senza autorizzazione. Ma come si prova l’assenza, specialmente se l’interessato sostiene semplicemente di non aver sentito il citofono? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali, confermando che la mancata risposta reiterata e insistente ai controlli della polizia può costituire una prova sufficiente del reato.
Il caso: mancata risposta al controllo della Polizia
Un individuo sottoposto alla misura degli arresti domiciliari veniva condannato per evasione. La condanna si basava sul fatto che, durante un controllo pomeridiano (ore 19:30), il personale di Polizia Penitenziaria aveva ripetutamente suonato il campanello e bussato alla porta senza ricevere alcuna risposta. L’imputato, nel suo ricorso, sosteneva di non aver sentito i richiami e che, pertanto, non vi fosse prova della sua assenza.
I motivi del ricorso e la questione della prova nell’evasione arresti domiciliari
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:
1. Insussistenza del delitto: A suo dire, la sola mancata risposta al citofono non poteva costituire prova certa e inconfutabile del suo allontanamento dal domicilio.
2. Particolare tenuità del fatto: In subordine, chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo la scarsa offensività della condotta, presumibilmente legata a sue condizioni di salute.
La decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Le motivazioni
La Corte ha smontato entrambi i motivi di ricorso. Per quanto riguarda la prova dell’evasione dagli arresti domiciliari, i giudici hanno ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: l’allontanamento può essere legittimamente desunto dalla mancata risposta al citofono quando i controlli sono effettuati con modalità insistenti (suonate ripetute, bussate alla porta) e per un lasso di tempo significativo. Tali circostanze, specialmente in orario diurno, rendono altamente improbabile che una persona presente in casa non si accorga del controllo. La condotta della Polizia, descritta come una ‘reiterazione ed efficacia del controllo’, è stata quindi ritenuta un elemento più che sufficiente a fondare la presunzione di assenza e, dunque, di evasione.
Sul secondo punto, relativo alla particolare tenuità del fatto, la Corte ha confermato la valutazione del giudice di merito. La Corte d’Appello aveva già escluso la scarsa offensività, sottolineando che l’imputato si era allontanato ‘proprio a causa delle sue condizioni di salute’, un elemento che però non giustificava la violazione delle prescrizioni né ne attenuava la gravità. Non sono emersi, infatti, altri elementi che potessero far propendere per la tenuità del fatto.
Le conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale in materia di controlli per chi si trova agli arresti domiciliari: ignorare deliberatamente o non essere in grado di rispondere ai controlli insistenti delle forze dell’ordine è un comportamento che può costare una condanna per evasione. La prova del reato non richiede necessariamente che l’imputato venga colto in flagrante fuori casa; può essere desunta logicamente da un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti, come la prolungata e inspiegabile assenza di risposta. La decisione serve da monito sull’importanza di rispettare scrupolosamente le prescrizioni della detenzione domiciliare, evidenziando come le giustificazioni addotte, se non adeguatamente provate e autorizzate, non siano sufficienti a escludere la responsabilità penale.
La mancata risposta al citofono durante i controlli è sufficiente per provare il reato di evasione dagli arresti domiciliari?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, la mancata risposta può costituire prova del reato se il controllo delle forze dell’ordine è stato effettuato con modalità insistenti e ripetute (ad esempio, suonando il campanello e bussando alla porta) per un lasso di tempo rilevante, tali da richiamare l’attenzione di una persona presente nell’abitazione.
Perché la Corte non ha considerato l’allontanamento un fatto di ‘particolare tenuità’ non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p.?
La Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per qualificare la condotta come di particolare tenuità. La motivazione dell’allontanamento, addotta dall’imputato come legata a ‘condizioni di salute’, non è stata considerata sufficiente a diminuire la gravità della violazione degli obblighi imposti dalla misura cautelare.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la Corte di Cassazione non entra nel merito della questione. La conseguenza diretta per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. La sentenza impugnata diventa così definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 33125 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 33125 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a FOGGIA il 11/05/1967
avverso la sentenza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; visto il ricorso di COGNOME NOME COGNOME
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo con cui si deduce l’insussistenza del delitto di evasione sul presupposto che il ricorrente non avrebbe sentito il suono del citofono e comunque il controllo effettuato dal personale di Polizia Penitenziaria è manifestamente infondato e riproduttivo di analoga censura adeguatamente confutata dalla Corte di appello che ha fatto espresso riferimento alla durata, reiterazione ed efficacia del controllo (i verbalizzanti aveva ripetutamente suonato e poi bussato con le mani sulla porta in orario diurno (alle ore 19,30), senza ricevere alcuna risposta; che in tal senso depone pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di evasione, l’allontanamento dell’imputato dal luogo degli arresti domiciliari senza autorizzazione può essere legittimamente desunto dalla sua mancata risposta al suono del citofono, attivato dalla P.G. per un rilevante lasso temporale, nonché con modalità insistenti e tali da richiamare l’attenzione (Sez. 6, n. 1071 del 08/01/2016, COGNOME, Rv. 267726);
ritenuto che analoghi limiti incontra il secondo motivo, avendo la Corte di appello escluso la scarsa offensività della condotta ex art. 131-bis cod. pen. visto che gli elementi valorizza portavano a ritenere che il ricorrente si fosse allontanato dal luogo ove era sottoposto a detenzione domiciliare proprio “a causa delle sue condizioni di salute”, senza che si potessero in alcun modo valorizzare elementi che ne evidenziassero la tenuità;
rilevato che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/09/2025.