Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19462 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19462 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Catanzaro il 07/07/1979
avverso la sentenza del 10/07/2024 della Corte di appello di Catanzaro visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni del difensore di COGNOME NOME, Avvocato NOME COGNOME che insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Catanzaro con cui NOME COGNOME era stato dichiarato responsabile in ordine al delitto di evasione dall’abitazione dove era sottoposto al regime degli arresti domiciliari (in Marcellinara il 7 febbraio 2018) e condannato alla pena di mesi otto di reclusione.
(4u)
La Corte di appello aveva ritenuta dimostrata la responsabilità del ricorrente in quanto visto rientrare in casa dopo qualche minuto rispetto al momento del controllo da parte della polizia giudiziaria, escludendo la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
NOME COGNOME per il tramite del difensore, deduce tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo si deduce la nullità della sentenza per lesione del diritto di difesa, là dove la Corte di appello ha ritenuto di non concedere il rinvio dell’udienza cartolare nonostante fosse stata inviata una nnail (“PEC”) con cui era stata rappresentata la volontà del difensore di aderire all’astensione dall’udienza proclamata dall’Unione Camere Penali Italiane.
2.2. Con il secondo motivo si deducono vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., omessa valutazione di prove e mancata assunzione di prova decisiva in ordine alla ritenuta responsabilità per il delitto di cui all’art. 385, primo e terzo comma, cod. pen.
Nonostante il ricorrente avesse fatto presente di non essersi allontanato dall’abitazione in quanto proveniente dall’officina di famiglia pertinente alla stessa, la Corte di appello ha omesso di fornire adeguata risposta, se del caso, attraverso idoneo approfondimento istruttorio, limitandosi a rilevare come il ricorrente fosse stato visto fare rientro in casa.
Nessun controllo è stato svolto in merito allo stato dei luoghi affinché fosse accertata la presenza di una pertinente officina che, qualora sussistente, avrebbe escluso la rilevanza delle dichiarazioni dei genitori del ricorrente lche avevano riferito di non sapere dove fosse andato il figlio. Egualmente irrilevante è la valorizzata circostanza secondo cui NOME COGNOME non avesse con sé gli attrezzi che avrebbero spinto RAGIONE_SOCIALE a recarsi in detta officina, non potendosi escludere che gli attrezzi non fossero stati rinvenuti ovvero fossero stati lasciati in altro luogo.
2.3. Con il terzo motivo di deducono vizi cumulativi di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. e al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo (con cui si deduce la nullità della decisione per aver la Corte di appello omesso di concedere il rinvio per l’adesione del difensore all’astensione di categoria ,è manifestamente infondato.
Questa Corte ha da tempo statuito che nel procedimento di appello, nel vigore della disciplina emergenziale pandemica che prevede la trattazione del processo in udienza camerale non partecipata, in mancanza di richiesta di discussione orale, l’adesione del difensore all’astensione dalle udienze proclamata dai competenti organismi di categoria non implica l’obbligo per il giudicante di rinviare il procedimento al fine di garantire il diritto di difesa (Sez 4, n. 42081 del 28/09/2021, Fiorentino, Rv. 282067 – 01) / non avendo l’istante diritto di partecipare all’udienza camerale (Sez. 5, n.26746 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 284786).
Dall’esame degli atti cui questa Corte ha accesso in ragione della questione processuale dedotta (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 01), come anche evidenziato nel ricorso e nella stessa sentenza impugnata, dopo plurimi rinvii delle udienze camerali avvenuti per rinnovare la notifica della citazione in appello (due rinvii, rispettivamente disposti il 19 giugno 2023 ed il 27 novembre 2023) e per l’assenza di un componente del Collegio (udienza del 6 marzo 2024), la causa veniva decisa il 10 luglio 2024, secondo il regime ennergenziale, senza una previa e tempestiva istanza della difesa di trattare il procedimento in presenza.
Nessuna violazione è stata pertanto posta in essere dalla Corte di appello, là dove non ha concesso il rinvio richiesto dalla difesa con cui, a mizzo di “PEC”, manifestava l’intenzione di astenersi dall’udienza alla quale non era prevista alcuna partecipazione.
Infondato risulta il secondo motivo di ricorso / con cui si deducono vizi di motivazione e difetti nella valutazione della prova in ordine alla ritenuta responsabilità per il delitto di evasione.
Occorre preliminarmente ribadire, sul piano generale ed al fine della verifica della consistenza dei rilievi mossi alla sentenza della Corte d’appello, che, secondo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte, siffatta decisione non può essere isolatamente valutata, ma deve essere esaminata in stretta correlazione con la sentenza di primo grado, quando l’iter motivazionale di entrambe si dispiega secondo l’articolazione di sequenze logicogiuridiche pienamente convergenti (ex multis, Sez. 6, n. 1307 del 14/1/2003, COGNOME, Rv. 223061). Siffatta integrazione tra le due motivazioni si verifica non solo allorché i giudici di secondo grado abbiano esaminato le censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice e con
frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, ma anche, e a maggior ragione, quando i motivi di appello non abbiano riguardato elementi nuovi, ma si siano limitati a prospettare circostanze già esaminate ed ampiamente chiarite nella decisione di primo grado (da ultimo, per tutte, Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615).
Ciò premesso si osserva come il Tribunale avesse rilevato, all’esito del giudizio abbreviato e sulla base degli atti di indagini utilizzati per la decisione, che a seguito di controlli effettuati dalla polizia giudiziaria lo stesso giorno in cu era stata eseguita la misura cautelare, NOME COGNOME non fosse in casa, ciò confermato nell’immediatezza agli operanti da parte dei genitori / che non sapevano indicare ove fosse andato il figlio che comunque sopraggiungeva solo in seguito, proveniente dall’esterno; il COGNOME adduceva di essersi recato presso un “limitrofo” magazzino per prendere degli attrezzi, dichiarazione confermata nel corso dell’interrogatorio nell’ambito del procedimento di convalida seguito all’arresto da parte dei militari.
Dalla lettura del primo motivo di appello emerge come la difesa avesse inteso rappresentare, onde confutare la responsabilità dell’imputato, di essere stato trovato all’interno di una pertinenza della sua abitazione ove avrebbe realizzato dei lavoretti (evenienza in detti esatti termini ipotizzata al foglio secondo, secondo capoverso dei motivi di appello, mai prospettata dal COGNOME in sede di interrogatorio in cui aveva invece dichiarato di essersi recato in una officina “limitrofa” e non in una “pertinente”), salvo poi, al fine di smentire la sussistenza del dolo del reato, rilevare come tale condotta fosse stata commessa senza alcuna intenzione di violare le prescrizioni.
Alla luce delle censure di appello rivolte alla decisione del Tribunale, corretta risulta la sentenza impugnata che, proprio per smentire tale evenienza e cioè che il ricorrente fosse stato controllato all’interno di una pertinenza, ha evidenziato come ciò non corrispondesse a verità, avendo invece il medesimo fatto rientro presso l’abitazione nel corso del controllo e, in detta occasione, visto dagli operanti: risposta coerente ed in linea con il motivo di gravame che intendeva smentire l’avvenuta evasione sul presupposto che il ricorrente fosse stato trovato presso una pertinenza della stessa.
Evidente, pertanto, come il ricorrente tenti di rappresentare, in sede di legittimità, una differente ricostruzione della vicenda che risulta – essa sì eccentrica rispetto a quanto frutto delle dirette osservazioni degli operanti / che hanno rilevato come il ricorrente fosse sopraggiunto in casa solo nel corso del controllo, adducendo giustificazioni non supportate da alcun dato.
Infondata pertanto si rivela la censura secondo cui la Corte di appello non avrebbe fornito una logica risposta fondata sugli elementi probatori a
disposizione ( che smentisse che il ricorrente provenisse da una “pertinenza”. La deduzione non è affatto sovrapponibile al contenuto delta primo motivo di gravameche partiva dall’indimostrato e confutato presupposto secondo cui il ricorrente fosse stato “trovato” all’interno di una “pertinenza”, ipotesi correttamente smentita dalla decisione impugnata che, sulla base dagli atti utilizzabili in ragione del rito abbreviato prescelto, ha escluso l’esistenza di una officina pertinente, ma esterna prospetto all’abitazione che, sulla base delle stesse dichiarazioni rese dallo stesso ricorrente, era semmai “adiacente” e “limitrofa” (in tal senso la sentenza di primo grado, inizio pag. 3, ove si legge “limitrofo magazzino”), ma non anche “pertinente” (quanto a cosa debba intendersi per pertinenza della abitazione cfr. Sez. 2, n. 13825 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269744 – 01, che ha escluso potesse costituire pertinenza un capannone attiguo alla casa, costituente un corpo autonomo e separato dall’abitazione in senso stretto, non raggiungibile, senza soluzione di continuità, dalla stessa). (4i
Riproduttivo di censure adeguatamente confutate risulta il terzo motivo con cui si deducono vizi di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. e al diniego delle richieste circostanze attenuanti generiche.
Quanto al primo aspetto, corretta risulta la giudicata non scarsa offensività del reato sul valorizzato dato a mente del quale la violazione della misura cautelare domiciliare era intervenuta lo stesso giorno in cui la stessa era stata eseguita; detta condotta, con motivazione in fatto non sindacabile in sede di legittimità, è stata ritenuta idonea a dimostrare l’indifferenza verso il rispetto agli obblighi impostigli.
Adeguata risulta, altresì, la motivazione resa in punto di omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche, là dove la Corte di appello ha fatto riferimento all’assenza di elementi favorevoli da valorizzare e alla complessiva congruità della pena individuata sul minimo edittale i in tal modo dimostrando di ritenere non determinanti le ragioni allegate dalla difesa che, invero, fanno riferimento ad una non dimostrata correttezza assunta dall’imputato e alla irrilevante scelta per il rito.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali.
Così deciso il 09/04/2025.